Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Storia di una vocazione. Da atea a monaca del Monastero delle carmelitane scalze di Venezia

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Angeloflove85
view post Posted on 17/10/2010, 12:10     +1   -1





Chi scrive, dopo avere letto opere di filosofia, senza trovarvi quasi nulla, s'imbatte nei Vangeli. Ben presto si innamora di Gesù. L'autobiografia di santa Teresina le apre poi la strada al Carmelo, dove ora vive felice e pienamente realizzata.


Premetto che ho vissuto parecchio tempo nell'ateismo prima di farmi monaca carmelitana. Avevo pensato molto a Dio, ma ero giunta alla convinzione che non avrei mai potuto sapere se egli esisteva veramente e tanto meno arrivare a conoscerlo. Allora dissi a me stessa: "Non penserò più a lui".

Il modo di vivere degli uomini però mi deludeva a mi rattristava profondamente: per la superficialità, il vizio di superbia e di dominio che si dava sempre da fare per emergere sugli altri, sottomettendo uomini che avevano invece pari dignità e diritto a rispetto; la mai sazia avidità che ammassava di continuo ricchezze solo per se stessi, con abusi, ingiustizie e falsità, lasciando con indifferenza tanti fratelli e famiglie nella miseria e in mille difficoltà della vita.

Dicevo a me stessa: "Non può essere questo il fine e l'ordine per cui esistiamo: non va d'accordo con l'armonia e la bellezza di tutto il creato. Ci deve essere una rottura nell'uomo. Ma ci deve essere anche un rimedio".

Di fronte a quel dilagante egoismo mi sentivo impotente.

Alcuni anni dopo mi si ripropose il problema di Dio. Ricominciai a pensare, con molta fatica e lacrime. Mi dicevo: "Penso. Ho un pensiero capace di varcare in confini di questo mondo, sconfinato ma materiale. Perché ho ricevuto nella nascita questa capacità di pensare che mi fa solo soffrire, se non esiste un altro mondo a cui esso possa, prima o poi, approdare? Eppure non lo vedo, non lo conosco, non ne sono certa. Lo raggiungo solo con il pensiero, pur nella tenebra. Non tutto in me può morire, quando sarà la mia ora. Non posso morire come un animale da cortile, di cui rimangono solo ossa. Ho un pensiero che è di altra natura: non è carne e materia.

Se Dio esiste deve essere Verità. E la verità per sua natura è luce, brilla, si fa conoscere. Essa deve essere anche onestà. Perciò, se la Verità c'è, la vedrò".

Allora mi sorgeva una preghiera: "Dio, se esisti, fa che io lo sappia prima di morire". Per me, se Dio esisteva, la vita avrebbe preso tutta una connotazione diversa: di speranza, di sollievo, di paziente, instancabile attesa di un mondo migliore e più giusto, di gioia insomma.

La scoperta dei Vangeli

Lessi opere di vari filosofi. Qualche barlume, ma niente di più.

Un'amica un giorno mi disse: "Hai letto i Vangeli?" "No — risposi — perché ho idea che siano un insieme di contraddizioni che non mi sento di affrontare". "No — disse — provaci ancora. Hai letto opere che non sono confrontabili con i Vangeli. In fondo sei cristiana, hai ricevuto il battesimo".

Mi dette lei stessa un libricino con i quattro vangeli. Cominciai da Matteo. Rimasi assai colpita dalla figura di Gesù, dalle sue parole, dal modo di incontrare gli uomini e da come accettò il sacrificio di sé. Nessuno aveva mai parlato così.

"Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi esercitano su di esse il potere. Ma tra voi non deve essere così; chi vuole diventare grande tra voi, sia vostro servitore, a chi tra voi vuole essere il primo, sia vostro schiavo" (Mt 20,25ss).

"A chi ti toglie la tunica, tu dagli anche il mantello... Amate i vostri nemici, e pregate per quelli che vi perseguitano... Se amate quelli che vi amano, che merito ne avete? Non fanno così anche i pagani? Siate figli del Padre vostro che è nei cieli: egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e gli ingiusti" (Mt 5,40).

Cose inaudite! Alla fine dovetti costatare: "Nessuna contraddizione!".

Aprii Marco con trepidazione: "Troverò qui le incoerenze?" Dopo Marco e Luca la stessa, pacificante ammissione: "Tutto meraviglioso, coerente, straordinario!"

Avevo scoperto anche il vero e solo modo di vivere bene, con pace, gioia e armonia.

La lettura di Giovanni mi fulminò. Fu una luce abbagliante. Mi trovai innamorata di Gesù Cristo. Fui presa da una 'cotta' formidabile che non mi lasciò più, e da allora non mi permise di scorgere più altre bellezze o appaganti alternative.

Chiudendo il libricino dei Vangeli, con viva commozione, pregai: "Gesù, credo che sei il Figlio di Dio. Credo che Dio è il Padre di cui ci hai parlato. Ti prego di farmelo conoscere ancora. Credo la Chiesa che hai voluto fondare"

Chiesi subito se esisteva qualche scritto che parlasse ancora di Gesù. Mi furono indicate le Lettere di Giovanni e di Paolo. Lessi san Paolo. Su quelle pagine compresi e sentii che Gesù è veramente il Vivente. Non lo vedo fisicamente, è vero, ma so che è risorto, con il suo corpo: spirituale sì, come è proprio del mondo di Dio e dei santi, ma vero.

Non potevo ignorare o dimenticare Cristo, solo per questo. Se ognuno di noi è unico, egli è il Solo, l'imparagonabile, la persona più sublime, eccelsa che esiste, l'uomo che porta in sé Dio: "È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità", ci conferma san Paolo. E prosegue: "E voi partecipate della pienezza di lui che è il capo" (Col 2,9-10). Ed è qui, sempre in mezzo a noi, come e più di come lo fu per gli apostoli e le molte donne che ebbero la fortuna di seguirlo duemila anni fa. "Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Non posso comportarmi come se egli non ci sia. È qui non per darci una pia consolazione, ma per portare a salvezza completa tutti gli uomini e la storia: con un'attività universale, cosmica, forte, coinvolgente, e insieme dolce e rispettosa della lentezza e pesantezza di ogni singola libertà: con la sapienza e potenza di Dio. Perché il Padre ha messo tutto nelle sue mani (cf. Gv 13,3) e gli ha dato "ogni potere in cielo e in terra" (Mt 28,18). Ci è vicino e presente ogni momento: guida, amico e compagno di cammino di ognuno di noi, traboccante amore, potenza, sapienza e divinità, a nostro servizio.

E' fantastico scoprire come Dio e i più grandi e potenti esseri del suo mondo, sono sempre pronti al servizio dei più poveri e deboli uomini.

Se alla lettura dei Vangeli invidiai gli apostoli, i discepoli e le donne che poterono seguirlo, ora, con Paolo, compresi che anche a me era offerta questa possibilità di camminare sempre con Cristo, dietro a lui, assieme ad atri santi del cielo e discepoli viventi, miei contemporanei. Potevo, ogni volta che volevo, per qualsiasi cosa, rivolgermi a lui, come alla persona più amica, autorevole, sapiente, onnipotente e cara. Più nessuno, per me, poteva competere con lui.

Assurdo non tenerne conto. Dimenticarlo, anche solo per un momento, non prestargli attenzione: era sempre con me.

Un'avventura più bella

Anche oggi egli rivolge a moltissimi di noi l'invito più dolce e appagante: "Seguimi". È l'avventura più bella che ci sia dato di poter vivere. Se gli diciamo di sì, non abbiamo che da seguirlo, per prestargli le nostre mani e le nostre parole, la nostra corporeità con la quale raggiungere tutti a realizzare, in lui e con lui, quella umanità nuova, fondata sull'amore, la fraternità, il rispetto, l'aiuto reciproco fra tutti gli uomini e popoli, per cui è venuto. Egli ha bisogno di me. Aspetta la risposta più importante a determinante della mia vita e della mia libertà.

Avrei voluto gridare tutto questo a ogni uomo, al mondo intero. Ma mi resi conto di quanto era difficile entrare senza offesa o danno nelle coscienze e nelle libertà altrui. Avevo orrore di mancare in questo. Compresi che solo Dio poteva, da di dentro, far sorgere nel cuore degli uomini pensieri e sentimenti sani, nuovi, giusti e buoni.

Bisognava inginocchiarsi. Chiedere senza sosta al Signore di concedere questi beni, della luce della Verità, e di un cuore buono, a tutti gli uomini: perché ogni vero bene e ogni grazia vengono da lui. Egli stesso ci disse: 'Chiedete e vi sarà dato' (Lc 11,9), "Qualunque cosa chiederete in nome mio, la farò" (Gv 14,13); "Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve la concederà" (Gv 15,16).

Non potevo essere più sicura. Decisi di prendere in affitto una casetta in campagna e chiedere a qualche amica se avesse voluto associarsi. Per il lavoro, che avrebbe dovuto mantenerci, ci rimaneva assai poco tempo. Pensai che avremmo chiesto in carità un tozzo di pane, come fanno tanti poveri, e ci sarebbe bastato.

Ma in quel tempo mi fu messa in mano l'autobiografia di santa Teresa del bambino Gesù e vi scoprii, là, tutto quello che volevo e dovevo vivere. Non occorreva che bussare a un Carmelo.

Venni a Venezia, in questo luogo di preghiera: dove non si occupa tutto, o la maggior parte del tempo, nell'insegnare o nell'attendere a opere di bene, cose che molti altri fanno volentieri, senza però poter comunicare il vero bene e la verità più importante — a causa di tante paure e pregiudizi, solo perché connotate come cose 'religiose' — ma dove si poteva senza sosta pregare Dio di concedere molte grazie e la vera felicità a tutti i fratelli. 'Pregate senza interruzione', ci raccomanda san Paolo (Col 4,2).

A Venezia fui accettata. Dopo pochi mesi ero carmelitana. La clausura non era proprio il deserto, senza confini, che sognavo. Ma pregai: "Gesù, hai fatto per noi ben di più che accettare un sacrificio così. Hai versato tutto il tuo sangue fino a morire per amore nostro. Accetterò con amore questa cosa per 'compiere in me ciò che manca ai tuoi patimenti, a favore del tuo corpo, che è la Chiesa' (cf. Col 1,24). Tu hai fondato la tua e nostra Chiesa. Essa mi propone questa condizione. L'accetto come ho accettato la Chiesa: essa mi dice oggi quello che tu vuoi oggi da me".

Non ho mai inteso estraniarmi dal mondo o dalla comunione con gli uomini. Anzi, ho voluto fare per loro la cosa più utile. Anche al Carmelo non mi sento estranea alle vicende e alla storia degli uomini e dei popoli. Mi sento pienamente in essa inserita, al mio posto, nel cuore della Chiesa, e nello stesso tempo, in ogni luogo, sì: effetti della clausura e della preghiera! … coinvolta, corresponsabile (magari con la mia ancora non piena conversione), e per questo più che mai orante: avendo sempre presente tutti voi a tutti i fratelli.

Avevo bisogno di pregare anche per continuare a conoscere Dio: per amarlo, ringraziarlo e adorarlo come è conveniente e doveroso: per me e per tutti gli uomini. La clausura contribuisce a fare quel deserto dove si cerca e si trova Dio.

Sono carmelitana scalza, felice, da molti anni. Non potevo sognare una vita più intensa e seria, più libera e impegnata di questa. Rendo grazie a Dio per sempre e per tutti.

Nota

* Questa testimonianza viene da una monaca del Monastero delle carmelitane scalze di Venezia (Cannaregio 3145 - 30121 Venezia, tel. e fax 041.717.404) che ha preferito non rivelare il nome. Fa parte di una riflessione più articolata ed è stata scritta su invito del responsabile del settore vocazionale della diocesi in occasione di una riunione di giovani, per rispondere ad alcune domande che questi normalmente pongono alle claustrali, per esempio: "Che senso ha la vostra vita, con tutte le necessità che ci sono nel mondo?"

Ref.: Testimoni (quindicinale di informazione, spiritualità e vita consacrata), n. 15, settembre 2003, pp. 15-17.


Fonte: www.sedos.org/italiano/carmelitana.htm
 
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