Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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TotusTuus
view post Posted on 16/3/2006, 11:31     +1   -1




LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Dottrina sociale della Chiesa è il complesso delle nozioni della filosofia sociale e della teologia sulla natura e sull'ordinamento dell'umana società, nonché sulle norme e sui compiti che ne risultano che vanno attuati nelle concrete situazioni storiche (J. HOEFFNER).
Si desume che vi é un complesso di norme che devono ispirare linee di azione concreta a singoli governi.
E' necessaria un'opera di adattabilità di queste norme alle situazioni storiche concrete.
La stessa definizione di dottrina sociale e la sua opportunità ad usarla ha creato ampi dibattiti che hanno fatto emergere con più chiarezza la complessità dei problemi sociali.
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica si legge:" L'insegnamento sociale della Chiesa costituisce un corpo dottrinale che si articola man mano che la Chiesa, alla luce della parola rivelata da Gesù Cristo, con l'assistenza dello Spirito Santo, interpreta gli avvenimenti nel corso della storia".
La dottrina sociale riguarda il comportamento di singoli ed istituzioni in tutti campi del vivere sociale (politica, economia, ecc..)
Nelle società feudali, preindustriali la Chiesa essenzialmente si rivolgeva all'individuo per indicargli qual era la via della salvezza da perseguire attraverso un comportamento personalmente in linea con i principi della dottrina cristiana. Gli eventi negativi dal punto di vista sociale come carestie, pestilenze non erano attribuibili all'uomo. Altri eventi come guerre e distruzioni anche se attribuibili a colpe umane o erano da ritenersi colpe di singoli individui o ripartibili tra i vari contendenti per cui gli ammonimenti diretti ai singoli erano ritenuti sufficienti anche perché la società era impregnata fondamentalmente di principi cristiani. L'uomo era ed é peccatore e per questo commetteva peccati ma era pur sempre a conoscenza del bene e del male.
Inoltre, nella società del passato, i mezzi di produzione erano arretrati rispetto a quelli attuali e quindi non si realizzavano situazioni di potere economico dominanti a tal punto da condizionare in maniera totalizzante il comportamento umano. Fino al secolo scorso la produzione di beni era solo in certi casi sufficiente, raramente abbondante e più frequentemente scarsa. Con i mezzi tecnologici attuali anche se vi sono zone del pianeta che vivono con grande difficoltà, nei paesi progrediti si hanno mezzi tali da realizzare produzioni sovrabbondanti e con un minimo impiego di forza lavoro. Attualmente 1 'uomo può dominare la natura mentre fino a pochi decenni fa questo non era possibile. I problemi dei nostri avi erano ben diversi da quelli nostri. La scarsità dei prodotti costituiva un problema, per noi i nuovi processi produttivi che possono dare abbondanza di prodotti ne creano altri ancora più complicati. Se l'introduzione di macchine, tanto per fare un esempio, riducono il numero degli occupati si hanno disoccupati da una parte sempre più poveri a fronte di occupati meglio retribuiti.
Nel secolo scorso quando si ebbe un grande sviluppo produttivo si insieme agli enormi vantaggi si crearono situazioni sociali difficili anche per l'affermarsi di ideologie liberiste e socialiste che pretendevano di risolvere i problemi sociali i primi col semplice libero mercato ed i secondi con la lotta di classe.
La Chiesa preoccupata del bene comune interviene per affermare in maniera precisa il suo insegnamento. Così, con l'Enciclica RERUM NOVARUM (1891) del Papa LEONE XIII inizia l'insegnamento economico sociale della Chiesa.
Nell'arco di un secolo sono apparsi numerosi documenti che hanno dato alla materia un'impostazione sempre più chiara che permette di vederne l'insieme dei quesiti sviluppati come parte di un tutto organico. Nello stesso tempo le diverse situazioni hanno trovato di volta in volta una risposta. Poiché l'evoluzione sociale ed economica nel tempo si prospetta sempre diversa così si hanno altri quesiti che hanno bisogno di altre risposte.
La Dottrina Sociale della Chiesa non é una "terza via" tra capitalismo liberista e collettivismo marxista e neppure una possibile alternativa, per altre soluzioni meno radicali; Non è un'ideologia , ma l'accurata formulazione dei risultati di un'attenta riflessione sulle complesse realtà dell'esistenza dell'uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Il suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o la difformità con le linee dell'insegnamento del vangelo.... Non appartiene al campo dell'ideologia ma della teologia e specialmente della teologia morale. (SOLLICITUDO REI SOCIALIS)
Quindi non é la realizzazione della "terza via" che sarebbe una soluzione di tipo ideologico e finirebbe per chiudere tutto in un munito fortino con troppi vincoli, ma é soltanto un insegnamento dato a uomini responsabili a cui spetta dare concretezza.
Tutti i documenti sociali della Chiesa paiono derivare da alcuni capisaldi destinati a durare nel tempo.
Da un lato l'insegnamento del Vangelo che si propone la salvezza dell'umanità, dall'altro, l'irrinunciabile necessità di promuovere l'attività umana verso il conseguimento del bene comune.
Il bene comune é in astratto sempre lo stesso mentre, nel concreto, è cosa continuamente mutevole.
Nell'insegnamento economico sociale si rileva un'evidente continuità tra i testi delle varie encicliche - quelle più recenti danno ulteriore chiarimento e spiegazione dei quesiti delle precedenti. Il desiderio di continuità non sempre si concretizza senza un notevole sforzo.
La Scienza Economica é quella scienza che studia la condotta umana come relazione tra finì determinati e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi.
La scienza economica indica dei fini ed il modo per realizzarli a volte nell'astrazione si indicano obiettivi che non sempre corrispondono alla realtà anche perché l'uomo viene visto in termini solamente economici. Con l'econometria si cerca di dedurre dati economici da comportamenti rilevati statisticamente. Il legame tra mezzi e fini nell'economia sono indiscutibili per questo l'economia é una scienza che studia l'uomo com'é. La Dottrina sociale della Chiesa insegna come deve essere. Ignorare la scienza economica vuol dire andare incontro a disastri ma cocepire i rapporti umani solo come rapporti economici che si sanano da soli porta a dei risultati ugualmente negativi.
La Chiesa rispetto alla moderna scienza economica rifiuta il fondamento economicistico e la concezione materialistica MATER ET MAGISTRA (M.M.)
Non arriva a negare che possano esistere leggi economiche le quali, essendo tratte dalla natura stessa delle cose e dall'indole dell'anima e del corpo umano hanno fondamenti di natura che non sì possono che accettare. La conoscenza di queste leggi deve rappresentare un vincolo utile a stabilire quali limiti si possa o non si possa raggiungere QUADRAGESIMO ANNO (Q.A.).
Si fa una distinzione fra economia politica ed economia borghese; La scienza economica come analisi e ricerca delle leggi economiche. Economia borghese invece, come schema logico-razionale volto a realizzare il massimo profitto. La concorrenza diventa una semplice giustificazione della legge del più forte. Alla libertà di mercato subentra l'egemonia di mercato, la dispotica padronanza dell'economia in mano a pochi individui. Il frutto naturale della sfrenata libertà di concorrenza lascia sopravvivere i più forti, i più violenti e che hanno poco cura della coscienza.
Per il cristiano il mondo in cui viviamo non é un mondo perfetto perché tutti siamo portatori del peccato originale.
Così non esistono regole economiche che semplicemente applicate possano realizzare un mondo perfetto.
La Chiesa conscia di tutto questo non nega la veridicità dì certe affermazioni né si impegna a ricreare una dottrina economica di stampo cristiano in termini scientifici (valori e quantità), ma facendo ricadere sul comportamento umano la luce di principi morali vuole dare quelle indicazioni che realizzano la finalità del bene comune.
Se il guadagno può essere un motivo per impiegare energie e fatiche, tale fine non potrà mai essere alla luce di una visione cristiana, l'unico ed assoluto scopo del nostro agire. Nelle Encicliche precedenti la Il guerra mondiale si evidenziano in maniera chiara i limiti dell'individualismo economico.
Sono contenuti i principi di una vera e propria filosofia della storia. Il processo storico non é necessariamente un passaggio continuo e certo da una condizione di minore a quella di maggiore progresso. La visione ottimistica del pensiero liberale era smentita dalle periodiche crisi che colpiscono i vari stati.
Si riteneva che il capitalismo, in quanto ridotto a categoria universale definita una volta per tutte, comportasse la subordinazione del lavoratore dipendente rispetto all'imprenditore capitalista che é subordinato al profitto. Il profitto per essere difeso spingeva le aziende a far deviare i processi produttivi verso forme oligopolistiche creando squilibri sia sul piano nazionale che mondiale con gravi pericoli per l'occupazione e gli equilibri sociali, crisi economiche, guerre. Gli stessi processi tecnologici migliorando la produttività, non necessariamente si traducono in diminuzione dei prezzi ma finiscono per aprire un vuoto tra domanda globale e offerta globale. In questo senso se gli automatismi del mercato non permettono il raggiungimento di equilibri soddisfacenti volendo salvare il bene comune si propongono aggiustamenti Così lo Stato attraverso opportune normative può intervenire non tanto a dirigere ma a correggere gli squilibri che si creano nel mercato.

SALARIO

- Importante é il concetto di salario che deve essere giusta mercede; L'aspirazione sarebbe che il salario sia adeguata ricompensa per il dipendente per il suo mantenimento e quello dei familiari oltre a rendere possibile risparmio. L'aspirazione sarebbe quella di avvicinare dì più le classi sociali e ridurne il grado di conflittualità. Il concetto di bene comune non può prescindere dal riconoscimento della utilità, dalla collaborazione delle varie classi sociali. La pace sociale e l'ordine sono alla base del bene comune. In una società come la nostra dove il lavoratore dipendente a causa di disposizioni di legge molte provvidenze sono garantite (pensioni e sanità) dallo stato si crea un differenziale tra il costo del lavoro e il salario che viene periodicamente percepito dal dipendente. Inoltre, in una società come quella presente dove si è costretti ad utilizzare molti servizi la congruità del salario per famiglia riesce sempre più difficile commisurarlo ad una sola retribuzione. Per vivere occorre spesse volte più d'un salario a differenza di quanto era possibile all'inizio del secolo.

DIRITTO DI PROPRIETA'

- Nella Rerum novarum e nella Quadragesimo anno si parte dalla naturalità del diritto di proprietà sia ciò che l'uomo consuma che anche la proprietà dei mezzi di produzione anche se assoggettata ad eventuali funzioni sociali. In ogni caso la cessione di beni alla collettività devono trovare compenso adeguato e non essere mai una confisca. La proprietà non deve essere svuotata del suo contenuto ma deve essere temperata (Q.A.)
La posizione negativa della Chiesa sul socialismo o, come spesso viene chiamato, il comunismo non deriva solo dal mancato riconoscimento del diritto di proprietà ma dalla natura atea, il suo essere inevitabilmente un sistema ingiusto, ed intrinsecamente perverso DIVINI REDEMPTORIS (D.R.) Anche in (Q.A.) era detto che il socialismo precipitando nel comunismo persegue con metodi violenti la lotta di classe più accanita e l'abolizione assoluta della proprietà privata.



CENTESIMUS ANNUS (C.A.)

Enciclica promulgata nel centenario della Rerum Novarum.
Vi é all'inizio una rilettura della R.N. come documento di base della CHIESA. Questa Enciclica contiene in maniera sintetica quello che è il cuore della dottrina sociale della Chiesa sottoponendo nel contempo a severa critica sia il Liberismo che il Socialismo. Nella C.A si rilevano due dati fondamentali:

1) La LIBERTA' dev'essere subordinata alla VERITA' - l'uomo é libero quando sceglie il BENE, il GIUSTO e il VERO (l'uomo é libero per qualcosa). Mentre per la concezione NATURALISTA LA libertà é vista come ASSENZA di REGOLE (l'uomo é libero da qualcosa);

2) la PACE deve essere SUBORDINATA alla GIUSTIZIA per essere DURATURA.


CRITICA FONDAMENTALE DEL SOCIALISMO

L'errore fondamentale del SOCIALISMO é di carattere ANTROPOLOGICO. Vi é L'INCOMPRENSIONE DELLA VERA NATURA dell'uomo. Nella Società socialista il bene dell'uomo é subordinato al funzionamento della società. La possibilità di scegliere il BENE e la LIBERTA' individuale e collettiva è di costituire comunità intermedie autonome dallo STATO nel Socialismo é negata.
La SOGGETTIVITA' dell'individuo e della società é annullata nel SOCIALISMO REALE. Il SOCIALISMO avrebbe commesso un "peccato originale" professando un ATEISMO RAZIONALISTA che disconosce la contraddizione strutturale dell'uomo, in cui coesistono desideri infiniti e una natura umana finita - Viene spezzato il legame tra VERITA' e LIBERTA' riguardo l'esistenza stessa di una VERITA' ultraterrena. Dall'incomprensione della reale natura umana nasce la dottrina della LOTTA DI CLASSE vista non come ricerca del BENE COMUNE ma affermazione dei diritti di una classe sull'altra.
L'incomprensione della natura umana avrebbe portato i REGIMI COMUNISTI a violare e poi negare i fondamentali diritti della persona. La conclusione é che senza LIBERTA' la società decade perché la vita sociale progressivamente si disorganizza.
La LIBERTA' muore con l'UTOPIA. Quando gli uomini pensano di possedere il segreto di una SOCIETA' PERFETTA che rende impossibile il MALE, ritengono di poter usare tutti i MEZZI anche la VIOLENZA e la MENZOGNA per realizzarla. La politica diventa una RELIGIONE SECOLARE che si illude di poter costituire PARADISI in questo MONDO.


CRITICA ALLA SOCIETA' OCCIDENTALE

La critica riguarda le due istituzioni, il CAPITALISMO e la DEMOCRAZIA. L'Enciclica fa riferimento alle carenze umane del CAPITALISMO e al senso di ALIENAZIONE che affligge il lavoratore nella moderna SOCIETA' OCCIDENTALE. L'ALIENAZIONE non deriva dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, ma, dal dominio di un meccanismo IMPERSONALE come il MERCATO su tutti gli uomini CAPITALISTI e LAVORATORI compresi. L'Enciclica non mette in discussione il CAPITALISMO come istituzione, ma lo Spirito con cui viene interpretato - CRISI MORALE e CULTURALE - Perdita dell'AUTENTICO senso dell'ESISTENZA.
L'Occidente avrebbe commesso l'errore di cedere ad una concezione MATERIALISTICA della LIBERTA'. Il MERCATO é considerato come un meccanismo SPONTANEO AUTOREGOLANTESI non modificabile negli ESITI finali. Nella realtà deve essere INTEGRATO perché non é in grado di Produrre e distribuire autonomamente i BENI necessari all'appagamento dei BISOGNI UMANI dei molti CHE NON HANNO ACCESSO AL MERCATO.
La MODERNA SCIENZA ECONOMICA ha sancito il fallimento del MERCATO. Lo STATO deve provvedere alla difesa ed alla tutela di BENI COLLETTIVI come l'AMBIENTE NATURALE e l'AMBIENTE UMANO che non possono essere assicurati dal MERCATO. La C.A. formula per lo STATO tre compiti fondamentali:

1) garantire i DIRITTI individuali di LIBERTA' e PROPRIETA';

2) sorvegliare e guidare l'esercizio dei DIRITTI primari come il LAVORO;

3) Intervenire contro situazioni di MONOPOLIO svolgendo funzione di SUPPLENZA.


Lo Stato deve intervenire solo in via SUSSIDIARIA. La SOGGETTIVITA' della società e i DIRITTI dell'uomo sono due elementi essenziali sulla base dei quali viene giudicata la DEMOCRAZIA.
Per la prima volta viene manifestata preferenza per il regime DEMOCRATICO ma non INCONDIZIONATAMENTE.
L'Enciclica critica la FILOSOFIA CONTRATTUALISTICA che considera il popolo depositano e fonte della SOVRANITA' e che affida ad esso il compito di stabilire ciò che é GIUSTO e LECITO fare (definire la VERITA').
La Chiesa si rifà alla visione GIUSNATURALISTICA della società che fonda il DIRITTO POSITIVO sul DIRITTO NATURALE e riconduce quest'ultimo al DIRITTO DIVINO.
La DEMOCRAZIA é autentica quando tutela i DIRITTI NATURALI inviolabili ed inalienabili dell'uomo. In conclusione : CAPITALISMO e DEMOCRAZIA sono accettati nel metodo che é quello della LIBERTA' e della soluzione PACIFICA dei conflitti sociali. Critica la filosofia CONTRATTUALISTICA che spesso li ispira. La LIBERTA' deve essere subordinata alla VERITA' e la PACE alla GIUSTIZIA.
 
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TotusTuus
view post Posted on 16/3/2006, 11:43     +1   -1




INDICE DEI PRINCIPALI ARGOMENTI TRATTATI NELLE ENCICLICHE E NEI DOCUMENTI SOCIALI DELLA CHIESA

RERUM NOVARUM 1891 - LEONE XIII

- Chiesa di fronte al capitalismo
- Rimedio nella collaborazione delle classi sociali
- Propone la carta dei diritti e dei doveri (salario minimo orario)
- Legittima la funzione dei sindacati
- Lo Stato deve intervenire nella vita sociale per concorrere con
- Le leggi al bene comune (sussidiarietà)
- La pace e' subordinata alla giustizia
- Vi e' una critica al capitalismo troppo individualista
- La proprietà privata e' un diritto naturale
- Il lavoro non e' una merce qualsiasi
- Il mercato ha bisogno di correttivi
- Accettazione critica del capitalismo

QUADRAGESIMO ANNO 1931 - PIO XI

- Giustizia sociale nell'economia di mercato
- La ricchezza e risultato di collaborazione sociale
- Il salario deve permettere vita dignitosa e anche piccolo risparmio
- Proposta di partecipazione alla conduzione dell'impresa e partecipazione agli utili
- L'autorità ha funzione di sorveglianza e controllo (sussidiarietà)
- Vi e' anche collegato al principio precedente l'intendimento di favorire il passaggio di poteri dallo stato a comunità intermedie (corporativismo cattolico) modello per superare la riforma del capitalismo senza distruggerlo.

DIVINI REDEMPTORIS 1937 - PIO XI

1) Confutazione del comunismo intrinsecamente perverso perché si rifà ad una errata filosofia della storia: evoluzionismo e materialismo, pretesa di una umanità senza Dio
la società sarebbe senza altra gerarchia che quella dettata dal potere economico
2) Proposta - idea di equità distributiva - tentativo di coniugare efficienza ed equità - diritto individuale e bene comune.

RADIOMESSAGGIO DI PENTECOSTE 1941 - PIO XII

- La guerra come esito finale di un processo di progressiva violazione del diritto naturale internazionale
- Il positivismo giuridico ha portato alla rottura del rapporto tra diritto divino, diritto naturale e diritto positivo
- Guerra come scontro tra nazionalismi
- Primato del diritto naturale (proprietà famiglia lavoro concetto di ordine - quello che assicura il maggior numero di diritti fondamentali della persona compatibili col bene comune

RADIOMESSAGGIO NATALIZIO 1941 - PIO XII

- L'Argomento e l'ordine mondiale
- La crisi della civiltà e dovuta all'affermarsi di principi utilitaristici e del nazionalismo propone un federalismo che rispetti gli stati nazionali - concetto di sussidiarietà.
- Cinque principi
1 Tutela della libertà e sicurezza degli Stati
2 Tutela culturale delle minoranze
3 Equa distribuzione delle riserve e cooperazione
4 Riduzione degli armamenti
5 Riconoscimento della liberta' religiosa

MATER ET MAGISTRA 1961 - GIOVANNI XXIII

- Articolata in varie parti
1 Insegnamenti della Rerum Novarum
2 Aggiornamenti
3 Nuovi aspetti della questione sociale
- Si propone la collaborazione tra pubblico e privato per il bene comune
- Ritorna il discorso sul salario, proprietà
- Principio di collaborazione tra stato e mercato
- I problemi economici sono visti in un'ottica mondiale - Sostegno delle aree arretrate
- Politica di aiuto ai poveri
- Problema demografico

PACEM IN TERRIS 1963 - GIOVANNI XXIII

- L'ordine sociale è un ordine naturale non spontaneo
- Singole comunità sono chiamate a concorrere al bene comune
- Cooperazione tra gli stati
- Occorrono organismi sovranazionali
- Pericolo che stati potenti condizionino gli organismi internazionali
- Potenziare l'autogoverno dei singoli stati (universalismo cristiano) i cattolici come costruttori di pace

1965 CONCILIO VATICANO II - GAUDIUM ET SPES

varie parti:
- La Chiesa e la vocazione dell'uomo
- Alcuni problemi urgenti ( matrimonio famiglia vita economica)
- La socialità vista come elemento costitutivo dell'uomo
- Autonomia e subordinazione dell'economia dall'etica
- Etica definisce i finì - l'economia indica i mezzi per raggiungerli - bisogna porre un sistema di vincoli che permetta lo sviluppo che non sia spontaneo ma orientato

POPOLORUM PROGRESSIO 1967 - PAOLO VI

- Il liberismo internazionale come causa dello sviluppo diseguale
- Consapevolezza della mondializzazione - pericoli dell'economia abbandonata a se stessa
- Politica di pianificazione degli aiuti
- Ripropone la politica di cooperazione
- La pace dipende dallo sviluppo

OCTAGESIMA ADVENIENS 1971 -PAOLO VI

- Cooperazione
- Creazione di ampi spazi di partecipazione per contrastare il potere tecnocratico

REDEMTOR HOMINIS 1979 - GIOVANNI PAOLO II

L'uomo è dominato dalle cose deve, invece, recuperare il dominio del mondo visibile

LABOREM EXCERSENS 1981 - GIOVANNI PAOLO II

- Il lavoro e la chiave essenziale di tutta la questione sociale lavoro come dovere come bene dell'uomo
- Diritto di proprietà e ancora più limitato per la sua funzione sociale
- Critica i due modelli ma non propone una terza via

SOLLICITUDO REI SOCIALIS 1987 - GIOVANNI PAOLO II

- Speranze deluse
- Non basta lo sviluppo per migliorare le condizioni dei diritti civili e democratici
- Cause del sotto sviluppo
- Brama di profitto
- Sete di potere
- Proposta solidarietà come via di sviluppo e di pace

CENTESIMUS ANNUS 1991 - GIOVANNI PAOLO II

- La Rerum Novarum è definita: "paradigma permanente della chiesa cattolica"
- Libertà subordinata alla verità
- Pace subordinata alla giustizia
- Condanna del socialismo
- critica alla società occidentale

Approfondimenti:

A. Albani-M. Astrua, La dottrina sociale della Chiesa, Mimep-Docete
AA.VV., Dizionario di dottrina sociale della Chiesa, LAS
S. Scalabrella, la dottrina sociale della Chiesa, Nuove Idee

 
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Raimundus
view post Posted on 17/4/2006, 19:30     +1   -1




La dottrina sociale della Chiesa: natura e storia
di Giovanni Cantoni



1. "Creazione, peccato, Redenzione"

La Chiesa cattolica si vuole società sui generis, in quanto fondata direttamente da Dio nella persona di Gesù Cristo e con caratteri simili a quelli di ogni società fondata indirettamente da Dio stesso attraverso la naturale socialità umana, cioè come ogni società appunto umana, istituita però direttamente dagli uomini. La visione del mondo cattolica è ritmata da una sequenza, che rende ragione di tutto l’operare della Chiesa e dei "mondi" costituiti da cattolici come risultato di una conversione e di una inculturazione, cioè come esito di una implantatio non solo religiosa, ma anche socio-culturale. La sequenza in questione è "Creazione, peccato, Redenzione", esprimibile anche, con particolare attenzione all’uomo, attraverso tre aggettivi atti a descrivere tre diverse condizioni dell’uomo stesso: formatus, deformatus, reformatus, "formato", "deformato", "riformato". Tale sequenza suppone Dio creatore di una realtà con una ratio, una "ragion d’essere", che l’uomo, parte di questa realtà, intuisce con il senso comune attraverso la rilevazione che "res sunt" — secondo la felice formula dello storico della filosofia e filosofo Étienne Gilson (1884-1978) —, che "vi sono le cose", fra le quali ne vengono poi apprezzate di particolari: "homines sunt", "vi sono gli uomini". Segue l’approfondimento di questa rilevazione attraverso l’operare umano, principalmente grazie a quello contemplativo che si esprime nella filosofia e coglie un diritto naturale, e attraverso la catalogazione dell’operare umano stesso e dei suoi frutti, cioè grazie all’esperienza storica, che svela l’essere dell’operatore: infatti "operari sequitur esse", "l’agire consegue all’essere". Un atto umano compiuto in illo tempore, in principio, il "peccato originale", il rifiuto da parte dell’uomo della propria condizione di creatura, ha ferito l’operare umano, sia com’è posto dalla volontà che com’è espresso dall’intelligenza.

Così s’impone una restaurazione della realtà ferita, un’integrazione dei doni collegati alla creazione, alla natura, cioè l’integrazione soprannaturale della grazia, che si manifesta attraverso la Rivelazione, con la costituzione della Chiesa, che annuncia la Buona Novella, conferma i caratteri della natura anteriori alla deformazione prodotta dal peccato originale e amministra i sacramenti, veicoli ordinari della grazia, cioè dell’aiuto straordinario da parte di Dio. Dell’annuncio fa parte la conferma di una regola di comportamento — la morale e lo sforzo, l’ascesi che l’accompagna, risposta dell’uomo al misterioso, "mistico", aiuto di Dio —, il cui rispetto garantisce il ritorno all’origine, al punto di partenza: da Dio, come fonte, tutto viene, e a Dio, come fine, tutto va. I due itinerari vengono indicati nel linguaggio della teologia scolastica in genere, e in quello di san Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274) in specie, come exitus e reditus, rispettivamente "uscita" e "ritorno".

2. Morale individuale e sociale, morale naturale e rivelata

La morale individuale è l’indicazione dei valori di riferimento ai quali l’uomo come singolo deve guardare nel suo agire perché, nato ferito dalla caduta originale, possa essere redento e tornare a Dio.

La dottrina sociale della Chiesa è l’indicazione comportamentale, cioè morale, intesa a contrastare le difficoltà costituite per l’agire dell’uomo dalla cosiddetta "questione sociale", cioè dall’insieme delle difficoltà, derivanti dal peccato originale, dell’operare degli uomini nelle loro relazioni con Dio come gruppi sociali, nella vita di convivenza fra loro e fra gruppi sociali, e nei rapporti suscitati dalle relazioni con i beni sia dei singoli, che — di nuovo — dei gruppi umani.

Una dottrina morale sociale esiste ed è sempre esistita fra gli uomini, quale ne sia o ne sia stata l’espressione, "mitica", cioè esemplare, o filosofica, cioè riflessa e astratta; ed essa ha trovato nella Sacra Scrittura un’espressione privilegiata, in quanto rivelata, quindi garantita dal Rivelatore. Inoltre la sua esplicitazione è passata dall’intervento episodico all’insegnamento sociale: dalla terapia sociale, dalla denuncia e dall’indicazione nel caso concreto all’educazione sociale integrale. Così, alle indicazioni sociali veterotestamentarie seguono quelle neotestamentarie; quindi, il Magistero ecclesiastico accompagna la vita delle società alle quali annuncia, alla luce della regalità di Cristo, e nelle quali testimonia nel tempo le verità della Creazione, del peccato e della Redenzione con indicazioni sollecitate dalle necessità di tali società.

3. Dalla terapia sociale all’educazione sociale integrale

Tutti i giudizi su temi sociali, necessitati dai fatti, emessi da autorità spirituali e gerarchiche dopo la fondazione della Chiesa costituiscono espressioni della dottrina sociale della Chiesa, che è sollecitata a formulazioni sempre più organizzate dallo svolgimento della vita nella società in cui si trova storicamente a vivere; prima la società romana, che continua nella Pars Orientis dell’impero nella società romano-orientale o bizantina, poi la società romano-germanica. Se l’intervento morale è suggerito dallo svolgimento sociale, è letteralmente incalzato dal tralignamento dell’ultima società in questione — conseguenza sub specie societatis del peccato originale — a partire dal Rinascimento, quindi dalle premesse — l’accumulazione originaria — della Rivoluzione industriale, poi dalle modifiche delle strutture organizzative della società, con particolare rilievo per quelle politiche. Perciò, nel tempo che si stende dall’emanazione di una delle prime lettere encicliche, la Vix pervenit del 1745, di Papa Benedetto XIV (1740-1758), fino al 1961, data di pubblicazione dell’enciclica Mater et Magistra da parte di Papa Giovanni XXIII (1958-1963), cresce un corpo dottrinale di cui — nella parte IV dell’ultimo documento citato — viene data una denominazione ormai determinata, "dottrina sociale della Chiesa", e del quale è anche indicata la portata, "parte integrante della concezione cristiana della vita". Punto nodale di questo itinerario è costituito dal 1891, anno di pubblicazione dell’enciclica Rerum novarum a opera di Papa Leone XIII (1878-1903), alla quale non solo nella vulgata è ormai consuetamente collegata la nozione di dottrina sociale della Chiesa come magna charta di essa. Si tratta di un legame che necessita almeno di una precisazione: l’attenzione alla societas testimoniata dal documento di Papa Leone XIII non dev’essere ridotta alla sola dimensione socio-economica del reale sociale.

L’itinerario indicato prosegue — ed è destinato a proseguire fino alla fine dei tempi — fino alla determinazione dello statuto della dottrina stessa al n. 46 dell’enciclica Sollicitudo rei socialis, pubblicata da Papa Giovanni Paolo II nel 1987, dov’è qualificata come "teologia morale", e oltre, fino a un’esposizione compendiosa nel Catechismo della Chiesa Cattolica, del 1992, nella forma di commento sub specie societatis, cioè per l’uomo in quanto essere sociale, al decalogo. Il che conferma che la dottrina sociale naturale e cristiana è appunto riproposizione e commento al decalogo, espressione privilegiata della legge naturale e i cui dieci comandamenti appartengono alla Rivelazione di Dio: infatti, benché accessibili alla sola ragione, i precetti del decalogo sono stati rivelati perché "una completa esposizione dei comandamenti del Decalogo — nota san Bonaventura da Bagnoregio (1217 ca.-1274) (In libros sententiarum 4, 37, 1, 3) — si rese necessaria nella condizione di peccato, perché la luce della ragione si era ottenebrata e la volontà si era sviata". Com’è nella natura della vita culturale delle società umane, la continua riesposizione della morale sociale nel caso concreto porta con sé anche un’altrettanto continua rielaborazione, quindi produce una maggior comprensione del deposito da parte della Chiesa, gerarchia e fedeli. Si tratta di una maggior comprensione che non comporta assolutamente una mutazione né del contenuto né, tanto meno, della natura del deposito. Sollecitazioni che inducono a un costante approfondimento, quindi allo svolgersi del magistero sociale, sono prodotte anche dalle difficoltà del mondo non solo contemporaneo alla Chiesa, ma con cui essa concretamente convive. A queste complicazioni, che costituiscono altrettanti fattori di complessità, s’affiancano le problematiche presentate dal processo di secolarizzazione, cioè di maliziosa espunzione delle motivazioni e delle finalità religiose dalla vita delle società umane, nonché il recepimento, talora oggettivamente secolarizzante, delle acquisizioni scientifiche e le dimensioni sociologiche delle mutazioni tecnologiche, soprattutto di quelle relative agli strumenti di comunicazione sociale. Così si spiegano — fra l’altro — le prese di posizione del Magistero della Chiesa, autentici presidi, sulle nuove frontiere della bioetica e dell’ecologia.

4. La formazione della coscienza sociale

La natura di morale sociale della dottrina sociale della Chiesa ne fa alimento indispensabile per la formazione della coscienza sociale, in quanto tale dottrina contiene i princìpi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttive di azione per la coscienza del singolo fedele. Poiché la creazione, la conservazione e la rettificazione della società deformata passano attraverso l’intervento dell’uomo come essere vivente sociale, la morale sociale non è programma né legge positiva, ma costellazione di valori d’orientamento per ogni operare sociale storicamente determinato.

L’esplicitazione della dottrina sociale della Chiesa, derivata dalle necessità storiche evidenziate, il suo passaggio da messaggio implicito a messaggio esplicito, hanno talora prodotto un certo temporaneo disorientamento, una ricezione impropria di essa. Tale ricezione impropria si potrebbe indicare come una "ricezione ideologica", analoga a quella che trasforma l’orientamento proprio di una direzione spirituale in una legge positiva, facendo sì che il direttore surroghi il diretto subentrando in qualche modo nella di lui responsabilità.

Tale ricezione ideologica ha fatto sì che nella dottrina sociale si cercassero — talora, nella coscienza soggettiva degli stessi uomini di Chiesa, si proponessero — programmi politico-sociali anziché indicazioni di massima, anche se aggiornate alle problematiche proposte sia dal positivo che dal negativo che si presentano con caratteri di novità, di res novae, nel corso della storia.

Accanto alla ricezione ideologica si situa, negli anni 1960 e 1970, cioè negli anni immediatamente seguenti il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), un tentativo intraecclesiale teso a ridurre la rilevanza della dottrina sociale attraverso artifici lessicali quale la sua definizione come "insegnamento", nella prospettiva della sua negazione, cioè della sua trasformazione in una "morale sociale della situazione", quindi tanto condizionata dalla situazione storica da perdere quasi ogni significativa portata normativa. A partire dal 1979 si è realizzata, da parte delle massime autorità della Chiesa, una rivalutazione della dottrina stessa — non per questo adeguatamente compresa, studiata e, soprattutto, tenuta nella dovuta considerazione — attraverso la pubblicazione di numerosi documenti da parte di Papa Giovanni Paolo II, soprattutto dell’enciclica Centesimus annus, del 1991, ricca di indicazioni sulla natura e sulla storia della dottrina sociale.



Per approfondire: vedi Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, del 30-12-1988; card. Joachim Meisner, Teologia, antropologia ed economia, trad. it., in Cristianità, anno XVIII, n. 178, febbraio 1990, pp. 9-10; Jean-Yves Calvez S.J. e Jacques Perrin S.J., Chiesa e società economica. L’insegnamento sociale dei Papi da Leone XIII a Giovanni XXIII (1878-1963), trad. it., Centro Studi Sociali, Milano 1965, pp. 7-117; Hervé Carrier S.J., Dottrina sociale. Nuovo approccio all’insegnamento sociale della Chiesa, trad. it., 2a ed., San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1996; e i miei Dottrina sociale e lavoro umano nel messaggio della "Laborem exercens", in Cristianità, anno IX, n. 78-79, ottobre-novembre 1981, pp. 1-20, soprattutto pp. 3-5; La buona battaglia di Alleanza Cattolica per la maggiore gloria di Dio anche sociale, ibid., anno XI, n. 100, agosto-settembre-ottobre 1983, pp. 3-5; La "rivalutazione" della dottrina sociale della Chiesa, ibid., anno XIV, n. 133, maggio 1986, pp. 3-5; Dottrina sociale, teologia morale e coscienza, ibid., anno XVII, n. 165, gennaio 1989, pp. 5-7; e L’"Anno della Dottrina sociale della Chiesa", ibid., anno XIX, n. 189, gennaio 1991, pp. 3-6.



La dottrina sociale della Chiesa: princìpi, criteri e direttive
di Giovanni Cantoni



1. La morale sociale nel "Catechismo della Chiesa Cattolica"

La dottrina sociale della Chiesa — il corpo dottrinale in progress, "fabbrica" destinata a chiudersi alla fine dei tempi, di cui sono note le grandi linee e le fondamenta, che si viene costituendo nel corso della storia a opera della Gerarchia e sulla base dell’elaborazione delle scienze umane soprattutto in risposta alle sollecitazioni delle diverse società umane — comporta tre aree: princìpi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione. Essa ha trovato una ricostruzione e un’esposizione compendiose di particolare rilevanza magisteriale nel Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato da Papa Giovanni Paolo II nel 1992, come strumento valido e legittimo della comunione ecclesiale e come norma sicura per l’insegnamento della fede, per la catechesi, cioè per l’attività attraverso la quale la Chiesa, in tutte le sue articolazioni, fa eco alla Sacra Scrittura, alla Tradizione apostolica, al Magistero ecclesiastico proclamando i "diritti dell’uomo" senza anteporli ai "diritti di Dio", dei quali si deve riconoscere e rispettare il primato, non solo come fonti di precisi doveri corrispondenti, ma anche come fondamenta e garanzie dei primi.

2. Princìpi di riflessione

I princìpi di riflessione della dottrina sociale naturale e cristiana sono costituiti dal primato della persona umana, dal principio di sussidiarietà e da quello di solidarietà.

Quanto all’uomo, se ne afferma la naturale socialità e si indica il fondamento della sua grandezza nell’esser stato creato a immagine e somiglianza di Dio, sì che la dimensione stessa di tale grandezza è la gloria di Dio: "La gloria di Dio — scrive sant’Ireneo di Lione, un Padre della Chiesa, di lingua greca, del secolo II — è l’uomo vivente, ma la vita dell’uomo è la contemplazione di Dio" (Adversus haereses 4, 20, 7); l’uomo è posto al centro del mondo delle creature visibili e invisibili, tutte ricolme della gloria del Creatore e che ne proclamano la gloria, sì che, attraverso la storia del cosmo visibile e invisibile, s’innalza, come un Tempio immenso, un abbozzo del Regno eterno di Dio.

Nell’esecuzione di quest’opera, in base al principio di sussidiarietà, l’uomo deve esser messo in condizioni di realizzare e all’uomo si deve domandare che realizzi tutte le proprie potenzialità prima di auspicare e di richiedere l’intervento di altri uomini a soddisfare le sue esigenze naturali — cioè derivanti dalla sua natura sociale, che lo rende strutturalmente bisognoso dell’aiuto di altri —, sia a integrare le deficienze dovute alle conseguenze del peccato originale. Questo rapporto fra il singolo e la società come insieme di altri uomini è modello anche per le relazioni fra i diversi corpi sociali intermedi, a partire dalla società matrimoniale, da quella familiare e oltre, fino alla comunità delle nazioni.

Ancora: nell’esecuzione di quest’opera il vantaggio spirituale e materiale del singolo uomo dev’essere perseguito in armonia con il vantaggio dell’umanità come insieme di tutti gli uomini — è il principio di solidarietà —, cioè nella prospettiva del bene comune di ogni società e della società universale inteso come insieme delle condizioni che, ai diversi livelli e nelle diverse situazioni, garantiscono e favoriscono le migliori situazioni di vita di ogni singolo, quindi la realizzazione sociale della gloria di Dio.

I princìpi evocati trovano la loro codificazione nella regolamentazione dei rapporti con Dio dell’uomo e della società che forma e di cui vive, implicito commento alla prima tavola del decalogo che appunto li prevede nei primi tre comandamenti; quindi nell’implicito commento alla seconda tavola della stessa legge, che riguarda le relazioni fra gli uomini e degli uomini con i beni.

3. Criteri di giudizio

Quanto ai rapporti con Dio delle società — con particolare riguardo alle società politiche, cioè agli Stati —, l’orizzonte costituito dal primo comandamento, "Non avrai altro Dio fuori di me", comporta un’accoglienza della verità della religione cristiana da parte della società in un modo quanto più possibile integrale, per cui anche la confessionalità dello Stato — cioè del profilo organizzativo della società —, con il riconoscimento della missione unica della Chiesa cattolica, è obiettivo da perseguire, naturalmente sulla base inamovibile della libertà religiosa, che esclude ogni e qualsiasi coercizione sociale e civile in materia religiosa. Le esigenze sociali insite nel secondo comandamento, "Non nominare il nome di Dio invano", comportano che i diritti alla libertà di coscienza, d’opinione e d’espressione non esonerino dal dovere di trattare con deferente considerazione l’esperienza spirituale di quanti credono in Dio e che, offendendo pubblicamente Dio, non si commetta soltanto una grave colpa morale, ma si violi pure un preciso diritto della persona al rispetto delle proprie convinzioni religiose. Circa il terzo comandamento, "Ricordati di santificare le feste", l’osservanza di un giorno settimanale di preghiera e di riposo, con effetto rigeneratore e tonificante sull’esistenza umana, dev’essere garantito contro l’asservimento al lavoro e il culto del denaro.

Il quarto comandamento, "Onora il padre e la madre", espresso nella forma di un dovere da compiere, è uno dei fondamenti della dottrina sociale naturale e cristiana. Infatti riguarda la famiglia, fondata sul matrimonio eterosessuale, monogamico e indissolubile, offeso in radice dalla permissione del divorzio, che — con l’adulterio, l’incesto, l’omosessualità e ogni abuso sessuale — contrasta con il sesto comandamento, "Non commettere atti impuri". Cellula originaria della vita sociale, la famiglia — alla quale spetta il diritto primario all’educazione dei figli e alla libera scelta della scuola — esercita a tale vita, educando implicitamente all’organicità sociale, quindi sia all’uguaglianza che alla diversità fra gli uomini, sia alla gerarchia che alla fraternità sulla base della comune paternità nonché all’identificazione dei propri diritti e dei corrispondenti doveri. Inoltre della vita sociale, in ogni suo grado, è nello stesso tempo modello e modulo, sulla cui base realizzare la partecipazione alla vita politica — contrapponendo democrazia a totalitarismo, ma guardandosi dal totalitarismo democratico, cioè da una democrazia che voglia imporre i valori a maggioranza — ed esercitare l’autorità come servizio.

Il quinto comandamento, "Non uccidere", rifiuta l’omicidio diretto e volontario, l’aborto e l’eutanasia, nonché il suicidio e quei generi di suicidi promossi fisicamente dall’assunzione di droghe, con tutta l’attività criminale che la circonda, e moralmente dagli scandali provocati, di volta in volta, da leggi o da istituzioni, dalla moda o dall’opinione pubblica. A tali scandali si affiancano la permissività dei costumi e l’intossicazione pornografica, dai quali mette in guardia il nono comandamento, "Non desiderare la donna d’altri". Sempre al quinto comandamento rimandano il rispetto dell’integrità corporea e psichica e il divieto di ogni sperimentazione scientifica sugli esseri umani che li esponga a rischi sproporzionati o evitabili — neppure con il consenso esplicito del soggetto o dei suoi aventi diritto — nonché la condanna di rapimenti, di presa di ostaggi e di terrorismo. Nel quadro del rispetto della vita si situano lecitamente sia la legittima difesa, la cui versione macroscopica è la guerra, che la pena di morte, pratiche da scongiurare con ogni sforzo ragionevole e possibile — soprattutto a fronte delle moderne tecniche di guerra e del moderno disprezzo per la vita — ricorrendo a modalità quali la trattativa diplomatica, l’arbitrato internazionale e la carcerazione.

Il settimo e il decimo comandamento, "Non rubare" e "Non desiderare la roba d’altri", fondano la liceità del diritto di proprietà privata, acquisita con il lavoro o ricevuta in eredità oppure in dono; non eliminano però l’universale destinazione dei beni, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto a essa e del suo esercizio, e condannano ogni forma di esproprio surrettizio, quale quello fiscale. Al diritto di proprietà s’affianca quello d’iniziativa economica, nonché il rispetto dell’integrità della creazione. Comunque la vita economica dev’essere garantita dallo Stato, che deve sorvegliare e guidare l’esercizio dell’attività e dei diritti nel settore, quindi dare un solido inquadramento giuridico pure al mondo finanziario.

Infine l’ottavo comandamento, "Non dire falsa testimonianza", non riguarda solo la veridicità nella testimonianza in sede giuridica e contrattuale, ma l’informazione attraverso i mezzi di comunicazione sociale, nel suo contenuto sempre vera e — salve la giustizia e la carità — integra, e nel modo onesta e rispettosa delle leggi morali, dei legittimi diritti e della dignità dell’uomo.

4. Direttive di azione

I princìpi enunciati e le determinazioni della legge naturale e cristiana costituiscono la premessa di ogni ascesi sociale, cioè di ogni opera sociale e di ogni sforzo politico teso alla realizzazione delle condizioni massimali e ottimali della convivenza a ogni livello, da quello fra famiglie a quello internazionale, a partire dalla messa in atto di ogni gesto utile allo svolgimento di tale attività, quindi alla preventiva conquista — ove necessario — e alla conservazione di una condizione di libertà, che per il cristiano coincide con la libertas Ecclesiae, ma che si rivela anche libertas hominis, grazie appunto alla relazione fra il decalogo e la "legge naturale", per cui "fin dalle origini — come afferma sempre sant’Ireneo —, Dio aveva radicato nel cuore degli uomini i precetti della legge naturale. Poi si limitò a richiamarli alla loro mente. Fu il Decalogo" (op. cit. 4, 15, 1); quindi — con altra formulazione — grazie all’interdipendenza fra i "diritti di Dio" e i "diritti dell’uomo", che non solo non si escludono, ma vanno di pari passo. Perciò s’impone quella che Papa Giovanni Paolo II chiama — al n. 26 dell’esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, del 1984 — la "quadruplice riconciliazione" dell’uomo "con Dio, con se stesso, con i fratelli, con tutto il creato", nella cui prospettiva di ritorno ai princìpi si situano lo studio, la diffusione e l’applicazione della dottrina sociale della Chiesa, "[...] un ampio e solido corpo di dottrina riguardante le molteplici esigenze inerenti alla vita della comunità umana, ai rapporti tra individui, famiglie, gruppi nei suoi diversi àmbiti, e alla stessa costituzione di una società che voglia esser coerente con la legge morale, che è fondamento della civiltà.

"Alla base di questo insegnamento sociale della Chiesa si trova, ovviamente, la visione che essa trae dalla parola di Dio circa i diritti e i doveri degli individui, della famiglia e della comunità; circa il valore della libertà e le dimensioni della giustizia; circa il primato della carità; circa la dignità della persona umana e le esigenze del bene comune, al quale devono mirare la politica e la stessa economia. Su questi fondamentali princìpi del magistero sociale, che confermano e ripropongono i dettami universali della ragione e della coscienza dei popoli, poggia in gran parte la speranza di una pacifica soluzione di tanti conflitti sociali e, in definitiva, della riconciliazione universale"; cioè — secondo lo stesso Pontefice nella conclusione dell’esortazione apostolica postsinodale Christifideles laici, del 1988 — "[...] contribuire a stabilire sulla terra la civiltà della verità e dell’amore, secondo il desiderio di Dio e per la sua gloria".



Per approfondire: vedi Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, del 30-12-1988; don José Miguel Ibáñez Langlois, La dottrina sociale della Chiesa. Itinerario testuale dalla "Rerum novarum" alla "Sollicitudo rei socialis", trad. it., Ares, Milano 1989; e i miei Dottrina sociale e lavoro umano nel messaggio della "Laborem exercens", in Cristianità, anno IX, n. 78-79, ottobre-novembre 1981, pp. 1-20; La buona battaglia di Alleanza Cattolica per la maggiore gloria di Dio anche sociale, ibid., anno XI, n. 100, agosto-settembre-ottobre 1983, pp. 3-5; Cattolici, politica e dottrina sociale della Chiesa, in Quaderni di "Cristianità", anno II, n. 4, primavera 1986, pp. 68-76; La Contro-Rivoluzione e le libertà, in Cristianità, anno XIX, n. 199, novembre 1991, pp. 6-12; La democrazia nell’enciclica sociale "Evangelium vitae", ibid., anno XXIII, n. 241-242, maggio-giugno 1995, pp. 3-8. Vedi pure I documenti sociali della Chiesa. Da Pio IX a Giovanni Paolo II, a cura di Raimondo Spiazzi O.P., vol. I, dal 1864 al 1965, e vol. II, dal 1967 al 1987, 2a ed. aggiornata, Massimo, Milano 1988; e Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, a cura di Ugo Bellocchi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, dal 1993, 6 voll., testi dal 1740 al 1903.



Fonte: http://www.totustuus.biz/users/pvalori/soc_dot.html
 
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LDCaterina63
view post Posted on 18/5/2006, 18:23     +1   -1




Amici....dal momento che si parla spesso della Dottrina Sociale della Chiesa, proviamo a capire che cosa è e da dove parte..... :)

Il sindicalismo cattolico nasce nell'Ottocento.....e si sviluppa con la Dottrina Sociale della Chiesa la quale subisce una spaccatura DOPO IL CONCILIO Vaticano II......con quella INFLUENZA PROGRESSISTA derivante dal Marxismo......

Da quando esiste, la Chiesa ha sempre avuto ed ha LA DOTTRINA SOCIALE.

Questa Verità le deriva dal Vangelo il quale ha sempre impegnato la Chiesa non solo all'opera della salvezza ultraterrena dell'uomo, ma anche alla missione di ILLUMINARE GLI UOMINI perchè la giustizia regni sulla terra....o quanto meno, per chi crede in Dio, RESISTERE IN ATTESA DEL RITORNO GLORIOSO DI CRISTO.

Il periodo più forte nel quale questa esigenza si fece dirrompente.... fu con l'avvento della "Rivoluzione Industriale"... qui la Chiesa avvertì IMMEDIATAMENTE la necessità di non isolare dal Vangelo e dall'evangelizzazione stessa la cosiddetta QUESTIONE SOCIALE, la quale nasce dalle due nuove classi sociali: [COLOR="Red"]quella dei DATORI DI LAVORO (i padroni) e quella dei PRESTATORI D'OPERA (gli operai)[/COLOR] ......

Da qui la storia dell'ultimo secolo è stata tramandata, diciamolo onestamente.......presentando la Chiesa come una sorta di "matrigna" che tutto vietava....[COLOR="Red"]in verità Essa fu la prima ad emanare Documenti di grande spessore e di grande livello sociale, tanto da non essere, ancora oggi, superati da nessun altro testo legislativo[/COLOR]... ...

Ma vediamo un pò di fatti......abbiate la pazienza di leggere fino in fondo:D

Sul finire del XVIII secolo, l'invenzione della macchina a vapore portò al declino del sistema di produzione ARTIGIANALE ed all'avvento stesso di quello industriale...
Questo avvenne soprattutto in Inghilterra e toccò in modo speciale il settore tessile.
Gli artigiani inglesi, che da secoli filavano e tessevano in casa su telai di legno mossi dalla forza delle propria braccia...si trovarono all'improvviso a non poter più competere con la nascente industria che filava e tesseva con veloci macchine metalliche, mosse dalla forza a vapore...e che dunque produceva il doppio della merce con un prezzo minore...
Gli artigiani dovettero abbandonare i loro telai e trasferirsi, cercando lavoro, nelle fabbriche, come salariati....
[COLOR="Red"]Nasce così la Classe imprenditoriale e la Classe operaia![/COLOR]

A causa della debolezza umana, spinta sempre a cercare uno sfruttamento con un maggior guadagno, iniziarono anche i problemi relativi ai rapporti fra le due classi, aumentando uno squilibrio sociale riguardante appunto l'ingiustizia di una Classe contro la Classe più debole, in questo caso, contro la Classe Operaia.....

Per farla breve nascono due fronti:

1) da una parte i "socialisti scientifici" o meglio conosciuto come "comunisti" che, col Manifesto del Partito del 1848, dichiararono lotta aperta tra operai e imprenditori;

2) dall'altra parte la vasta schiera di coloro che - senza necessariamente contrapporsi contro un altra Classe - si schierarono al fianco degli operai si, ma senza dichiarare nessuna lotta, [COLOR="Red"]quanto piuttosto formando organizzazioni sindacali[/COLOR], alimentando Leggi per aiutare a realizzare i propri diritti. Questi sono più conosciuti come "Cattolici" e "Socialisti moderati" i quali riconobbero l'utilità sia della Classe imprenditoriale, sia l'utilità della Classe operaia.

Essi si batterono su tutti i fronti per conquistare alla Classe operaia quei diritti elementari, pur non umiliando o schiacciando la Classe imprenditoriale dalla quale, in fin dei conti, dipendeva il salario degli operai.

Vediamo ora alcuni personaggi storici che hanno contraddistinto l'opera della Chiesa in questi anni, spesse volte....raccontati malamente....

In Inghilterra ricordiamo il " CARTISMO" del 1835 e le "TRADE UNIONS" (che sono gli attuali sindacati inglesi), [COLOR="Red"]con la figura del Cardinale MANNING[/COLOR], chiamato affettuosamente dagli operai del suo tempo: "Il cardinale dei poveri".....

In Germania spicca la grande e paterna figura dell'Arcivescovo di Magonza Mons. Kettler (1811-1877). Egli fu il primo a reclamare (ed ottenne) l'approvazione di leggi che ancora oggi recano il suo nome: "leggi Kettler" le quali sono impostate [COLOR="Red"]sul "giusto salario, sulla riduzione delle ore della giornata lavorativa, sulla esclusione delle Donne e dei bambini dai lavori pesanti...."[/COLOR]
Dopo di lui, nascono le COOPERATIVE POPOLARI di mons. KOLPING....che neppure Hitler riuscirà a demolire.......

Abbiamo anche Laici di grande spessore come FEDERICO OZANAM E LEONE HARMEL in Francia.....il quale già nel 1840, il padre, aveva istituito nella sua industria la "[COLOR="Red"]paga collettiva a favore della famiglia", cioè una paga extra che veniva incontro agli effettivi bisogni DELLA FAMIGLIA più diasgiata[/COLOR].....
Ozanam e Harmel gettarono le basi, il seme, delle moderne Organizzazioni Cristiane Operaie in Francia....., fondate sul motto celebre: " Il bene dell'operaio ad opera dell'operaio: sempre con lui, mai senza di lui..."

Arriviamo anche in Belgio, e poi in Italia per ricordare ALESSANDRO ROSSI, Fondatore del Lanificio Rossi di Schio....emulo di Harmel nel favorire moviemnti ed organizzazioni in difesa dei diritti dei suoi stessi operai....

[COLOR="Red"]Saranno proprio persone come queste citate ad aprire la porta agli INTERVENTI DOTTRINALI DELLA CHIESA, oggi comunemente conosciute come ENCICLICHE [/COLOR]proprio sulla Dottrina Sociale della Chiesa, le quali segnarono un' epoca e che ancora offi sono un FARO che illumina e -se veramente applicato- può risolvere veramente i tanti problemi sociali che affliggono l'umanità del nostro tempo......

Riepilogo:

1800: RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

- Card. Manning
- Mons. Ketteler
- Federico Ozanam

1850:

- Mons. Kolping
- Leon Harmel
- Alessandro Rossi

1891: L'Enciclica simbolo: RERUM NOVARUM

Nascono in questo modo le cosiddette ENCICLICHE SOCIALI

delle quali ricordiamo:

Rerum novarum - 1891 di Papa Leone XIII; in essa il Papa indica I RIMEDI a questi mali MA NON ALL'ABOLIZIONE DELLA PROPRIETA' PRIVATA come veniva imposta dal "socialismo scientifico", ma NELLA COLLABORAZIONE TRA CHIESA E STATO, ASSOCIAZIONI OPERAIE E ASSOCIAZIONI PADRONALI. Scrive infatti Leone XIII "la proprietà privata E' DI DIRITTO NATURALE" ....
http://digilander.iol.it/magistero/l13rerum.htm


Quadragesimo anno - 15 maggio 1931 di papa Pio XI; per richiamare i limiti della proprietà privata (la quale è subordinata alla destinazione UNIVERSALE dei beni e al bene comune) e i possibili nuovi rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, che conferissero a quest'ultimi maggiore CORRESPONSABILITA' nell'azienda. Questo aspetto è molto importante per la Chiesa stessa impegnata anche a dover insegnare all'uomo che il lavoro è UNA FORMA ESPRESSIVA DELLA PROPRIA VOCAZIONE UMANA E DUNQUE E' UN RUOLO CHE NE SEGNA LA PERSONALE DIGNITA' UMANA, MESSA A SERVIZIO DEL PROGETTO DI DIO IN UN DETERMINATO SETTORE PRODUTTIVO....
http://digilander.iol.it/magistero/p11quadr.htm

Il Radio messaggio di Papa Pio XII Radiomessaggio di Pentecoste - 1941- ed un altro dello stesso spessore nel 1951 nel quale il Pontefice inquadrò la questione operaia nella più vasta problematica del DIRITTO NATURALE, così malamente inquadrato in quegli anni difficili di immediato dopo-guerra........
http://digilander.iol.it/magistero/p12rad41.htm

Mater et Magistra - 20 maggio 1961, il capolavoro di Papa Giovanni XXIII nei suoi ottantanni; in questa Enciclica viene ricordato come la questione sociale avesse avuto PIENEZZA DI ESPRESSIONE E DI VERITA' NELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA che è appunto "Madre e Maestra", e spiega in più parti come la Chiesa abbia in sè tutti "quegli elementi necessari atti a risolvere i problemi a vantaggio di TUTTI gli uomini senza escludere nessuno..."
http://digilander.iol.it/magistero/g23mater.htm


Da qui si apre una fase nuova per la Chiesa stessa: IL CONCILIO VATICANO II....dove nella COSTITUZIONE PASTORALE della:
Gaudium et Spes http://www.vatican.va/archive/hist_council...et-spes_it.html

......troviamo il cuore stesso dell'ideale sociale espresso da tutti i Vescovi della Chiesa.....

Populorum progressio - 26 marzo 1967 di Papa Paolo VI; e nella Octogesima adveniens - 14 marzo 1971 Paolo VI riassume e aggiorna le tematiche fondamentali di questa Dottrina Sociale della Chiesa, occupandosi anche dei RAPPORTI TRA I PAESI SVILUPPATI E QUELLI IN VIA DI SVILUPPO........
http://digilander.iol.it/magistero/pa6popul.htm
http://digilander.iol.it/magistero/pa6octog.htm

Arriviamo così a Giovanni Paolo II.......

Laborem exercens - 14 settembre 1981; dove pone esplicitamente al centro di ogni progetto sociale L'UOMO LAVORATORE IN QUANTO ESSERE AMATO DA DIO E CHE CON IL SUO LAVORO E' CHIAMATO A REALIZZARE IN SE' E A VANTAGGIO DEGLI ALTRI, IL PROGETTO DI DIO.
http://digilander.iol.it/magistero/gp2labor.htm

Ma a Giovanni Paolo II non basta, scrive ancora due Encicliche: Sollicitudo rei socialis - 30 dicembre 1987; e Centesimus annus - 1 maggio 1991 in ricordo del Centenario della Rerum Novarum di Leono XIII; qui "aggiorna" un riordinamento delle strutture dell'economia mondiale sia in vista del bene dell'uomo lavoratore ma con una ricchezza in più: LA PARTECIPAZIONE dell'uomo lavoratore non più come essere "passivo" che vive solo per lavorare e guadagnare, ma al contrario lavora per vivere e per REALIZZARE "qualcosa" che è nel Progetto di Dio.....
http://digilander.iol.it/magistero/gp2solli.htm
http://digilander.iol.it/magistero/gp2cente.htm

Oggi, Papa Benedetto XVI, rilasciando una intervista alla Radio Vaticana in occasione del 16 Ottobre 2005, giorno in cui veniva eletto al servizio petrino Giovanni paolo II, a riguardo delle Encicliche dice:

" Io considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che questi documenti siano assimilati, perché sono un tesoro ricchissimo, sono l’autentica interpretazione del Vaticano II. Sappiamo che il Papa era l’uomo del Concilio, che aveva assimilato interiormente lo spirito e la lettera del Concilio e con questi testi ci fa capire veramente cosa voleva e cosa non voleva il Concilio. Ci aiuta ad essere veramente Chiesa del nostro tempo e del tempo futuro".

......[COLOR="Red"]occorre trovare il giusto equilibrio come in tutte le questioni...perchè senza il "padrone", che è l'impreditore di turno.... l'operaio non avrebbe alcun stipendio da ricevere[/COLOR].....
il problema è che non si vuole riconoscere che esistono LE DIVERSITA' DEI RUOLI......dire che esiste l'imprenditore ed esiste l'operaio, non fa dell'imprenditore automaticamente un ladro.....e dell'operaio automaticamente un santo perseguitato.....nè si può pretendere che l'imprenditore abbia lo stipendio di un operaio....

Non è la prima volta che Papa Giovanni Paolo II denuncia la carente conoscenza della dottrina sociale: per esempio, già nel 1984 ricordava all’assemblea plenaria della Pontificia Commissione Iustitia et Pax che "vi è già tutto un insegnamento sociale della Chiesa, che si tratta di raccogliere, di mettere in luce, di spiegare, di approfondire, di proseguire e di far conoscere. Risale a molto lontano. [COLOR="Red"]La conoscenza dei testi dei Padri della Chiesa, dei grandi teologi e dei principali interventi in materia sociale nella storia della Chiesa sarebbe a questo proposito molto utile[/COLOR]. I documenti del Magistero costituiscono evidentemente le fonti principali, soprattutto quelli che, da un secolo, hanno analizzato le situazioni contemporanee e orientato gli sforzi sociali dei cristiani"; [COLOR="Red"]quindi si chiedeva: "Questi testi sono stati sufficientemente letti, studiati, compresi in profondità, con tutte le loro implicazioni?", e rispondeva "Non è certo", precisando che "soltanto questo approfondimento dottrinale permette di situare adeguatamente la responsabilità dei cristiani nell’immenso campo sociale, la responsabilità di tutti i membri del popolo di Dio, ciascuno secondo la sua missione specifica"[/COLOR]

( Discorso all’assemblea plenaria della Pontificia Commissione Iustitia et Pax, del 30-11-1984, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VII, 2, p. 1335.)

Per ulteriori approfondimenti suggerisco:

http://www.alleanzacattolica.org/indici/ar...cantonig189.htm

Ecco...spero di avervi dato una base importante per comprendere la Dottrina Sociale della Chiesa......

Fraternamente Caterina :)
 
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Cattolico
view post Posted on 6/9/2007, 22:05     +1   -1




La Dottrina Sociale della Chiesa come ogni parte della dottrina cattolica è giusta.
Punto.
Non si puo' certo scegliere di seguire le sole parti della dottrina che ci fanno comodo.
 
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Raimundus
view post Posted on 18/9/2007, 16:00     +1   -1




LETTERA A DIOGNETO




Esordio
I. 1. Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e cura cerchi di sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al mondo ora e non prima. 2. Comprendo questo tuo desiderio e chiedo a Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me di parlarti perché tu ascoltando divenga migliore, e a te di ascoltare perché chi ti parla non abbia a pentirsi.



L'idolatria
II. 1. Purìficati da ogni pregiudizio che ha ingombrato la tua mente e spògliati dell'abitudine ingannatrice e fatti come un uomo nuovo da principio, per essere discepolo di una dottrina anche nuova come tu stesso hai ammesso. Non solo con gli occhi, ma anche con la mente considera di quale sostanza e di quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2. Non (sono essi) pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli utensili fusi per l'uso, legno già marcio, argento che ha bisogno di un uomo che lo guardi perché non venga rubato, ferro consunto dalla ruggine, argilla non più scelta di quella preparata a vile servizio? 3. Non (sono) tutti questi (idoli) di materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco? Non li foggiò lo scalpellino, il fabbro, l'argentiere o il vasaio? Prima che con le loro arti li foggiassero, ciascuno di questi (idoli) non era trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli utensili della stessa materia non potrebbero forse diventare simili ad essi se trovassero gli stessi artigiani? 4. E per l'opposto, questi da voi adorati non potrebbero diventare, ad opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre? Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte corruttibili? Non tutte distruttibili? 5. Queste cose chiamate dèi, a queste servite, a queste supplicate, infine ad esse vi assimilate. 6. Perciò odiate i cristiani perché non le credono dèi. 7. Ma voi che li pensate e li immaginate tali non li disprezzate più di loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi che venerate quelli di pietra e di creta senza custodi, mentre chiudete a chiave di notte quelli di argento e di oro, e di giorno mettete le guardie perché non vengano rubati? 8. Con gli onori che credete di rendere loro, se hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a svergognarli con sacrificio di sangue e di grassi fumanti. 9. Provi qualcuno di voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l'uomo di propria volontà non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la pietra lo tollera perché non sente. 10. Molte altre cose potrei dirti perché i cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente, credo inutile parlare anche di più.



Il culto giudaico
III. 1. Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2. Gli ebrei hanno ragione quando rigettano l'idolatria, di cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e lo ritengono padrone di tutte le cose. Ma sbagliano se gli tributano un culto simile a quello dei pagani. 3. Come i greci, sacrificando a cose insensibili e sorde dimostrano stoltezza, così essi, pensando di offrire a Dio come ne avesse bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un atto di culto. 4. «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede tutti noi delle cose che occorrono, non ha bisogno di quei beni. Egli stesso li fornisce a coloro che credono di offrirli a lui. 5. Quelli che con sangue, grasso e olocausti credono di fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non mi pare che differiscano da coloro che tributano riverenza ad oggetti sordi che non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi di fare le offerte a chi non ha bisogno di nulla!



Il ritualismo giudaico
IV. 1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio: tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno. 2. Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come inutili e superflue? 3. Non è empietà mentire intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato? 4. Non è degno di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati da Dio? 5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6. Penso che ora tu abbia abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità, dall'impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di poter imparare dall'uomo il mistero della loro particolare religione.



Il mistero cristiano
V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.



L'anima del mondo
VI. 1. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. 2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. 10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.



Dio e il Verbo
VII. 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l'aria, l'abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell'uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.



L'incarnazione
VIII. 1. Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse? 2. Vorrai accettare i discorsi vuoti e sciocchi dei filosofi degni di fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove andranno essi chiamandolo Dio, altri dicevano che è l'acqua, altri che è uno degli elementi da Dio creati. 3. Certo, se qualche loro affermazione è da accettare si potrebbe anche asserire che ciascuna di tutte le creature ugualmente manifesta Dio. 4. Ma tutte queste cose sono ciarle e favole da ciarlatani. 5. Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. 6. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. 7. Dio, signore e creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. 8. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. 9. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. 10. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. 11. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?



L'economia divina
IX. 1. (Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci. 2. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi, l'innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l'incorruttibile per i corrotti, l'immortale per i mortali. 3. Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? 4. In chi avremmo potuto essere giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio di Dio? 5. Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L'ingiustizia di molti viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti. 6. Egli, che prima ci convinse dell'impotenza della nostra natura per avere la vita, ora ci mostra il salvatore capace di salvare anche l'impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.



La carità
1. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l'hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l'uomo). 5. Non si è felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l'inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera, riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo.



Il loro maestro
XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.



La vera scienza
XII. 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l'albero della scienza e l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3. Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al paradiso l'albero della scienza e l'albero della vita, indicando la vita con la scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5. L'apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità, invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8. Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.
 
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Raimundus
view post Posted on 24/9/2007, 09:17     +1   -1




IL PAPA CRITICA GLI ECCESSI DEL CAPITALISMO

Meno profitto e più condivisione, i beni mondiali vanno equamente divisi per abbattere il divario tra ricchi e poveri e per evitare il degrado ambientale. E la lotta tra profitto e condivisione, spiega il Papa, rimanda alla "decisione tra egoismo e amore" e "in definitiva tra Dio e Satana".

Benedetto XVI riflette sulla ricchezza, i modelli di sviluppo mondiali (ricordando la Centesimus annus di Wojtyla che affermava che il capitalismo non è l'unico modello valido di organizzazione economica") e le responsabilità individuali. Al tema ha dedicato i due suoi interventi pubblici di oggi, celebrando la messa durante una visita lampo a Velletri (diocesi di cui era cardinale titolare prima di essere eletto papa: "mi sento a casa tra di voi", ha detto di fronte alla calorosa accoglienza dei fedeli) e poi recitando l'Angelus a Castel Gandolfo.

La vita, è la riflessione del Papa a partire dal brano evangelico dell'amministratore disonesto, è una scelta tra "egoismo e altruismo", tra "logica del profitto e logica della solidarietà" e la ricchezza fruttifica solo è condivisa con i poveri. A livello mondiale ciò significa scegliere un modello di "equa distribuzione dei beni", per evitare che cresca il divario tra ricchi e poveri e persista un "rovinoso sfruttamento del pianeta". Per il singolo cristiano significa non "cercare il profitto in tutti i modi possibili" disprezzando e sfruttando i poveri "a proprio vantaggio". "Quando prevale la logica della condivisione e della solidarietà - rimarca Benedetto XVI -, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo, per il bene comune di tutti". "In fondo - conclude - si tratta della decisione tra egoismo e amore, tra giustizia e disonestà, in definitiva tra Dio e Satana". E "l'emergenza della fame e quella ecologica stanno a denunciare, con crescente evidenza, che la logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra ricchi e poveri e un rovinoso sfruttamento del pianeta".

La Chiesa, ricorda papa Ratzinger, ha sempre predicato una "equa distribuzione dei beni", che è "prioritaria". All'Angelus il Papa ha anche sollevato il problema dell'analfabetismo, "grave piaga sociale che interessa ancora molte persone in varie parti del mondo", concludendo con gli auguri di "buona scuola a tutti i ragazzi e gli insegnanti" che hanno da poco iniziato un anno di lavoro.

 
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Raimundus
view post Posted on 5/10/2007, 09:21     +1   -1




Il Papa al nuovo Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Credenziali

La Chiesa non cesserà di offrire il suo apporto specifico
alla società civile, promuovendo ed elevando
quanto in essa si trova di vero, di buono e di bello




"La Chiesa cattolica non cesserà di offrire alla società civile, come già in passato, il suo apporto specifico, promuovendo ed elevando quello che di vero, buono e bello si trova in essa, illuminando tutti i settori dell'attività umana con i mezzi che sono conformi al Vangelo e in armonia con il bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni". Lo ha ribadito Benedetto XVI nel discorso al nuovo Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, il quale nella mattina di giovedì 4 ottobre "nella significativa ricorrenza di San Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia", ha presentato le Lettere con cui viene accreditato nell'alto incarico. Il Santo Padre ha auspicato che il "Popolo italiano, fedele ai principi che ne hanno ispirato il cammino nel passato, sappia anche in questo tempo, segnato da vasti e profondi mutamenti, continuare ad avanzare sulla via dell'autentico progresso". Il Paese - ha aggiunto - "potrà così offrire alla Comunità internazionale un prezioso contributo, promuovendo quei valori umani e cristiani, che costituiscono un irrinunciabile patrimonio ideale e che hanno dato vita alla sua cultura e alla sua storia civile e religiosa". Il Santo Padre ha anche espresso la speranza che la collaborazione tra Stato e Chiesa contribuisca a custodire l'eredità culturale e spirituale che contraddistingue e che fa parte integrante della storia italiana, e che sia da stimolo a ricercare vie nuove per affrontare in modo adeguato le grandi sfide di quest'epoca.


(©L'Osservatore Romano - 5 Ottobre 2007)
 
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bedwere
view post Posted on 12/3/2008, 02:06     +1   -1




A chi mastica d'inglese, consiglio questo articolo del cattolico Thomas Woods:

Catholic Social Teaching and Economic Law: An Unresolved Tension

Woods sostiene che l'infallibilita` della Chiesa e del Papa non si estende all'economia (e su questo non ci piove) e che certi nobili sentimenti possono originare aspettative irrealistiche e politiche di dubbia moralita`.
E` uscita una traduzione di un libro del Woods anche in Italia:
La Chiesa e il mercato
 
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funkyzzo
view post Posted on 14/3/2008, 17:23     +1   -1




CITAZIONE (bedwere @ 12/3/2008, 02:06)
A chi mastica d'inglese, consiglio questo articolo del cattolico Thomas Woods:

Catholic Social Teaching and Economic Law: An Unresolved Tension

Woods sostiene che l'infallibilita` della Chiesa e del Papa non si estende all'economia (e su questo non ci piove) e che certi nobili sentimenti possono originare aspettative irrealistiche e politiche di dubbia moralita`.
E` uscita una traduzione di un libro del Woods anche in Italia:
La Chiesa e il mercato

Avrei fatto prima a leggere l'ultima parte dell'articolo... effettivamente tutte le volte che si parla di giusto salario la realtà stride con la morale. Il sistema economico dell'Occidente è, comunque, molto diverso da quello di 50-100 anni fa o da quello delle origini del capitalismo. Però il cambiamento è stato possibile in virtù del fatto che alcune regole sono state riscritte ed accettate da tutti gli Stati... vedi le Norme bancarie antiriciclaggio o il divieto di sfruttamento della manodopera minorile; tutte Norme ampiamente acquisite dalla totalità dei Paesi moderni appartenenti ad una certa area culturale che si identifica con il cosiddetto Occidente... e questa è l'unica via possibile per realizzare un sistema più giusto, ovvero costruire un sistema che garantisca allo stesso tempo sviluppo ed equità, obbiettivi non sempre conciliabili! Resta tuttavia il fatto che il modello Occidentale è fragile, ed è sufficiente che un solo di quei Paesi si comporti come un free raider per far crollare tutte le certezze acquisite. Purtroppo questo succede sovente: basta guardare quelle realtà che di fatto hanno una legislazione bancaria permissiva al punto che i proventi di attività illecite possano diventare investimenti leciti, danneggiando quelle imprese che invece operano correttamente. Anche sul fronte dello sfruttamento minorile, per esempio, le cose non vanno meglio se consideriamo che alcuni Paesi fanno ricorso indiscriminatamente a mezzi non sempre cristallini. Finora l'Occidente ha potuto vincere nella competizione con questi Paesi solo perché ha sempre investito in settori ad alto valore aggiunto, quindi ad alto know how. Ma non è detto che le cose continuino ad andare in questo modo...

Edited by funkyzzo - 17/3/2008, 17:20
 
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10 replies since 16/3/2006, 11:31   1158 views
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