Perchè sulla questione dei condom non mi sento un imbecille
di Francesco Colafemmina
Mentre ormai i media di mezzo mondo si affrettano ad annunciare il “cambio di rotta” di Papa Ratzinger e le sue benevole aperture all’uso del condom, aggiungendo, magari nel sottotitolo “solo in casi particolari”, la maggior parte dei fedeli cattolici è confusa e in preda ad una serie di domande finora rimaste senza risposta.
La prima domanda, la più importante, nasce dalla memoria di quelle affermazioni del Papa che tanto scandalo suscitarono fra i media nel marzo del 2009, in occasione del viaggio apostolico in Cameroun e Angola. Disse allora Benedetto XVI a un giornalista francese che gli domandava se la posizione della Chiesa in materia di lotta all’AIDS fosse irrealistica e inefficace: “Io direi il contrario. Perché la realtà più presente e più efficiente nella lotta contro l’Aids è proprio la Chiesa cattolica. Con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant’Egidio che fa tanto, visibilmente e invisibilmente nella lotta; penso a Camilliani e a tutte le suore che sono a disposizione dei malati. Direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con soldi, pur necessari, ma se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano, non si può superare con la distribuzione di preservativi, che al contrario aumentano il problema. La soluzione può essere solo duplice. La prima: umanizzazione della sessualità, cioè rinnovo spirituale umano che comporta nuovo modo di comportarsi l’un l’altro e secondo una vera amicizia soprattutto verso le persone sofferenti, e una disponibilità anche con sacrifici e rinunce personali per essere vicini ai sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano con sé veri e visibili progressi. Perciò direi, questa nostra duplice forza: è di rinnovare l’uomo interiormente e di dargli forza spirituali e umane per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro, e questa capacità di soffrire con i sofferenti che rimane presente nelle situazioni di prova. Questa mi sembra la giusta risposta della Chiesa e così offre un contributo grandissimo e importante e ringraziamo tutti quelli lo fanno”.
Dunque nel marzo del 2009 i “preservativi” per il Papa “non superano il problema dell’AIDS, ma al contrario lo aumentano”.
In sostanza il Papa proponeva una “umanizzazione della sessualità”, ossia un percorso di recupero di una sessualità sana e non libertina o promiscua, incentivata dall’esistenza di uno strumento di prevenzione che consente di fare ciò che si vuole, senza aver neppure il timore del contagio. Questo in sintesi il senso del discorso del Papa di allora. Discorso che il Pontefice ha ribadito anche nell'intervista Seewald, tranne aggiungere questo passaggio:
"Papa: Ci può essere una fondamento nel caso di alcuni individui, come nel caso di prostituti maschi che usino il preservativo, quando questo può essere un primo passo nella direzione di una moralizzazione, una prima assunzione di responsabilità, sulla strada del recupero della consapevolezza che non tutto è consentito e che non si può fare ciò che si vuole. Ma non è davvero il modo di affrontare il male dell'infezione da HIV. Questo può basarsi solo su di una umanizzazione della sessualità.
Seewald: Sta dicendo, allora, che la Chiesa cattolica non è del tutto contraria in linea di principio all'uso dei preservativi?
Papa: La Chiesa ovviamente non lo considera come una soluzione reale o morale, ma, in questo o in quel caso, potrebbe essere ciononostante, nell'intento di ridurre il rischio di infezione, un primo passo di un movimento verso un modo diverso, un altro modo umano, di vivere la sessualità."
Dunque la prima domanda è: Cosa è cambiato da allora, perché se nel 2009 il “preservativo aumentava il problema dell’AIDS”, oggi dovrebbe costituire, pur “in questo o in quel caso” “un primo passo verso un modo umano di vivere la sessualità"?
La seconda domanda è legata al senso dell’esempio portato dal Pontefice nella sua intervista con Seewald: il prostituto maschio. In base a cosa un prostituto maschio che si presume peraltro attivo e omosessuale – e chiedo venia ai lettori se mi addentro in tali osceni dettagli – dovrebbe non dico ascoltare il consiglio “moralizzatore” del Pontefice, ma essere nella condizione morale di una "moralizzazione" nel momento stesso in cui compie un peccato mortale? Se infatti c’è una platea di persone per le quali il messaggio del Papa può avere un senso, questa platea è costituita da cattolici. E si presume anzitutto che un prostituto sodomita non sia cattolico, in secondo luogo che ogni prostituto maschio sia edotto sulle tremende conseguenze di un contagio, conseguenze che alla comunità omosessuale sono note da decenni, tanto da aver sbandierato ai 4 venti la necessità dell’uso del condom per la prevenzione e giammai la castità. Finora a propugnare l’idea della castità c’era soltanto la Chiesa Cattolica, e adesso?
La terza domanda è invece connessa a ciò di cui non si parla nell’intervista del Papa e che invece è stato sempre argomento dibattuto anche fra Cardinali e uomini di Chiesa negli ultimi anni: l’uso del preservativo all’interno di coppie sposate dove uno dei coniugi sia affetto da HIV. Perché mai dovrebbe essere un primo segno di moralizzazione l’uso del preservativo fra edonisti invertiti che si prostituiscono e si fanno sodomizzare (di questo ahimè stiamo parlando) e non la concessione dell’uso del condom fra un marito e una moglie che non possono vivere la sessualità senza rischiare il contagio? Con ciò non voglio sostenere la causa di coloro che sono a favore di quest’ultima ipotesi, bensì evidenziare l’enormità della differenza sul piano morale fra i due casi citati e il rapporto fra affettività e sessualità.
Come definire la concessione dell’uso del condom a un prostituto e non a una coppia di coniugi cattolici peraltro impossibilitati a procreare senza trasmettersi il virus tra di loro e all’eventuale concepito?
La quarta domanda la rivolgo senza alcuna presunzione, ma da semplice cattolico non adulto, ai grandi geni della comunicazione dell’Osservatore Romano: Che necessità c’era di pubblicare una anticipazione sul libro intervista del Papa, decontestualizzando il senso delle sue risposte, non citandole per intero, non citando le domande di Seewald, e soprattutto cambiando il termine “prostituto” in “prostituta”?
E aggiungo: Quanto dovremo attendere per un mea culpa, un passo indietro, insomma una presa d’atto dell’errore commesso?
La quinta domanda la rivolgo invece a tutti coloro per le mani dei quali è passato questo testo in Vaticano: Possibile che nessuno in Segreteria di Stato, alla LEV, nessun traduttore, nessun segretario, nessun “comunicatore” della Santa Sede si sia accorto del rischio di un fraintendimento, di una distorsione, insomma di una – legittima da un lato e maliziosa dall’altro - semplificazione mediatica, insito in quella risposta del Santo Padre?
Ciò detto, è evidente che siamo dinanzi ad una nuova strategia mediatica che prende di mira il Papa. Mentre prima il Papa, affermando che “il preservativo non è una soluzione all’AIDS, ma anzi aumenta il problema” si era attirato la rabbia mediatica e lobbistica mondiale, oggi affermando che “in questo o quel caso può rappresentare un primo passo verso un modo umano di vivere la sessualità” si è attirato la benevolenza e l’apprezzamento mediatico e lobbistico mondiale. Mentre ieri ci si affannava a ribadire che il Papa non aveva detto nulla di nuovo, ma affermato che la prevenzione dell’AIDS deve consistere “nell’educazione alla responsabilità delle persone nell’uso della sessualità e nel riaffermare il ruolo essenziale del matrimonio e della famiglia” (nota di padre Lombardi del 18 Marzo 2009), oggi se si affermasse che il Papa non ha aperto ai condom, ma ha fatto un esempio estemporaneo, si rischierebbe il linciaggio mediatico per l’intero establishment della Chiesa Cattolica.
D’altra parte nella frase che ha fatto scalpore, quella del “in questo o in quel caso” non sappiamo di quali casi si tratti, sappiamo solo che uno dei casi è quello di un prostituto maschio attivo (si presume omosessuale).
Sintetizzo per chi non abbia capito. Non si tratta di fare dell’ipocrita moralismo, né di evitare cinicamente di guardare alla devastante realtà della malattia. Si tratta piuttosto di quella necessità che ogni fedele cattolico e spessissimo qualche laico ha di guardare alla Chiesa come all’unico garante di una sessualità fondata sulla famiglia e volta alla riproduzione del genere umano, una sessualità che parta sempre dall’amore fra un uomo e una donna e dalla loro responsabilità. E quando si parla di “condom” sia pure in casi particolari, sia pure per pura prevenzione, si entra immediatamente in temi di morale sessuale, perché il movens è sessuale, la radice volitiva della copulazione (eterosessuale o omosessuale) è l’elemento cardine della questione. L’intenzione di chi mette il condom non è salvaguardare la salute del prossimo, ma usare il prossimo quale strumento di piacere.
Anche se il nostro mondo su questo tema ci presenta le più astruse aberrazioni, anche se il peccato de sexto è forse il più incontrollabile, il più comune, il più diffuso e quello che genera d’altro canto più ipocrisie e moralismi specie fra cattolici, non per questo siamo pronti ad accettare la pur minima crepa in quell’insieme di etica, antropologia e teologia che è costituito dalla ostracizzata e sempre vituperata morale sessuale della Chiesa.
Una minima fessura, sia pure involontaria e creata ad arte su tre quattro parole del Pontefice rischia di intaccare l’intero edificio. Rischia di confondere i fedeli, rischia di far pregustare al mondo una resa della Chiesa su questo tema che non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo accettare.
Per tutte queste ragioni da cattolico piccolo piccolo, da peccatore, figliol prodigo, pubblicano, da ultimo mendicante la misericordia del Signore, ritengo che la Chiesa Cattolica debba al più presto fornire risposte forti e chiare su questi interrogativi. Il Papa sicuramente non ha detto ciò che i media gli han messo in bocca, pur tuttavia urge come non mai un definitivo chiarimento dottrinale che non dovrà temere la rabbia del mondo, ma affrontarla col coraggio della testimonianza che ogni cattolico custodisce nella sua fede.
N.B. il titolo del post è ispirato a questo commento di Massimo Introvigne, studioso e giornalista da me sommamente stimato, ma di cui non condivido parte delle riflessioni odierne.
AGGIORNAMENTO: Il Papa, interpellato ieri da padre Federico Lombardi sul riferimento all'uso del preservativo che fa nel libro-intervista "Luce del mondo", ha chiarito che non importa se sia "maschile o femminile, la cosa importante", ha riferito il portavoce vaticano, è che usare il preservativo in alcuni casi sia "il primo passo di responsabilità nel tenere conto della vita, evitare di dare un rischio grave all'altro, e questo per uomo, donna o transessuale è lo stesso".
Ancora più confusione! Profilattico sì per prostituti, prostitute e transessuali e non per coppie sposate con un coniuge affetto da HIV... tutto ciò è piuttosto strano... Ricordiamo le battaglie di Don Oreste Benzi contro questa dottrina della "riduzione del rischio", meritoriamente proseguite dall'Associazione Papa Giovanni XXIII!
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"Luce del mondo"...buio fra i fedeli...
di Francesco Colafemmina
Difendere il Papa è un nostro dovere di Cattolici, far finta di non aver capito le sue parole è pura ipocrisia.
Sul condom il Papa aveva le idee molto chiare quando ha rilasciato la sua intervista a Seewald, ed è ridicolo, oltre che preoccupante, che un coro di osanna si sia levato da una parte all'altra del mondo (cattolico e non). E' preoccupante che nessuno abbia avuto il coraggio di dire ciò che effettivamente è accaduto: il Papa ha supportato, con cautela, la teoria ABC ed ha ripetuto frasi che - solo qualche anno fa - trovavamo in bocca al Cardinal Daneels e a qualche ribelle sacerdote della Conferenza Episcopale Spagnola.
Mi riferisco ai due casi più simili ed emblematici in merito alla questione. Il primo caso riguarda le dichiarazioni rilasciate alla BBC nell'ottobre del 2003 dalla buonanima del Cardinal Alfonso Lopez Trujillo, allora Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il Cardinal Trujillo, suscitando naturalmente lo sdegno mondiale, osò affermare che il condom non poteva essere considerato un efficace mezzo per prevenire l'AIDS e che l'unico indirizzo preventivo della Chiesa Cattolica è costituito da: astinenza, castità e fedeltà matrimoniale.
Apriti cielo! Le cataratte mediatiche si aprirono e rovesciarono sul Cardinale fiumi e fiumi di stereotipate accuse rivolte alla Chiesa Cattolica: retrogradi, ignoranti, assassini (perché non prevenite il contagio in Africa) etc. etc.
Tuttavia le voci del dissenso non mancarono nel seno stesso del Collegio Cardinalizio e si incarnarono nelle parole del Cardinal Daneels, l'allora primate del Belgio, recentemente coinvolto nei casi di copertura di molti abusi pedofili perpetrati dal clero. Affermò in quell'occasione Daneels: "E' un' iniziativa deplorevole, non spetta a un cardinale parlare delle virtù di un prodotto. Non so se le sue valutazioni siano attendibili".
Ciò che più ci interessa viene invece in quest'altra dichiarazione di Daneels, resa l'11 gennaio 2004 alla trasmissione Kruispunt della TV olandese, qui introdotta da un commento del Tablet, quotidiano britannico:
"Affermare che una persona che rifiuta di astenersi dal sesso casuale dovrebbe usare un profilattico non significa nè condonare il suo comportamento, nè condonare il profilattico in sé, così arguiscono alcuni teologi; significa solo incoraggiarla ad assumersi qualche responsabilità morale per le vite degli altri.
Il Cardinale Godfried Danneels, Arcivescovo di Bruxelles, lo ha detto in gennaio affermando: "se una persona infetta da HIV ha deciso di non rispettare l'astinenza, allora deve proteggere il suo partner e lo può fare - in questo caso - usando il profilattico." Fare altrimenti, ha aggiunto, "significherebbe violare il 5° comandamento" ossia non uccidere."
Queste parole del Cardinal Daneels, sono praticamente identiche - ripeto - identiche, a quelle che abbiamo sentito pronunciare recentemente da tutti i difensori della posizione espressa dal Papa a Seewald. L'unica differenza è costituita dal limite posto dal Papa: ossia solo per i prostituti maschi attivi (limite poi allargato a prostitute, e transessuali). Tuttavia proprio su quest'ultimo punto i difensori ad oltranza delle parole riportate nel libro intervista di Seewald, dovrebbero ricordare le parole del Vescovo Filippino, Mons. Oscar Cruz il quale, solo a febbraio di quest'anno, di fronte alla distribuzione di condom gratuiti da parte del governo agli "operatori sessuali" (prostituti e affini) ha proposto l'abolizione della prostituzione!
Le parole di Daneels suonarono allora come una sfida del progressismo alla Chiesa. Furono d'altra parte precedute da una lunga chiarificazione del Cardinal Trujillo che è ancora leggibile sul sito della Santa Sede, datata 1 dicembre 2003 (
http://www.vatican.va/roman_curia/pontific...rujillo_it.html).
Tra le tante ragioni portate da Trujillo vi è la seguente: "La Chiesa Cattolica ha ripetutamente criticato i programmi che promuovono il condom come mezzo del tutto efficace e sufficiente per la prevenzione dell’AIDS. Le diverse Conferenze Episcopali in tutto il mondo hanno espresso la loro preoccupazione riguardo a questo problema. I Vescovi Cattolici del Sud Africa, del Botswana e dello Swaziland categoricamente considerano «la diffusione e la promozione indiscriminata dei condom come un’arma immorale e sbagliata nella nostra battaglia contro l’HIV/AIDS per le seguenti ragioni: l’uso del condom è contrario alla dignità umana; i condom tramutano il bellissimo atto di amore nella ricerca egoista del piacere, respingendo ogni responsabilità; i condom non garantiscono la protezione contro l’HIV/AIDS; i condom possono essere perfino uno dei motivi principali di diffusione dell’HIV/AIDS. A parte la possibilità che i condom possano essere difettosi o usati in modo sbagliato, essi contribuiscono al venir meno dell’autocontrollo e del rispetto reciproco»".
Aggiunge quindi il Cardinale una citazione del neo-Cardinale Elio Sgreccia: "Un altro moralista italiano, Elio Sgreccia, attualmente Vescovo e Vice Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha scritto che le campagne basate solo sulla libera distribuzione dei preservativi «possono diventare non soltanto fallaci, ma controproducenti e incoraggianti… nell’abuso della sessualità; in ogni caso risultano prive di contenuti veramente umani e di responsabilizzazione globale della condotta»".
Naturalmente il Papa nell'intervista a Seewald, non ha negato quanto sopra affermato da Trujillo, ma ha proposto il ricorso al condom quale "male minore" e lo ha identificato in ben due passaggi come "l'inizio di una moralizzazione": ossia se un prostituto/a o un trans mettono o fanno mettere il condom iniziano a convertirsi e a responsabilizzarsi... Parole difficili da comprendere perché piuttosto "ambigue". Dunque ecco tutti che cercano di conciliare l'inconciliabile: il condom non è una soluzione etica, ma in certi casi rappresenta l'avvio verso una moralizzazione!
Un altro caso clamoroso accadde nel 2005. Il 18 gennaio 2005 infatti, il Segretario della Conferenza Episcopale Spagnola, p. Juan Antonio Martìnez Camino (nominato poi vescovo da Papa Benedetto), incontrando il ministro della sanità Elena Salgado, affermò che "i preservativi hanno un ruolo nella prevenzione integrale e globale dell'AIDS" avallando inoltre la strategia ABC (Astinenza, Fedeltà, Preservativo). Ci fu grande agitazione nei Sacri Palazzi e l'uscita di Camino fu smentita, ritrattata, riportata entro i confini dell'etica cattolica. Ma il colpo fu comunque piuttosto duro.
Ora, a questo link potete trovare un elenco di altri casi di Cardinali e Vescovi che hanno tentato di incrinare la risposta del Cattolicesimo all'uso del condom, nell'ambito della prevenzione del virus HIV.
Sorvolo su tutte le uscite dell'antipapa Cardinal Martini, già dal 2006 impegnato nel sovvertimento delle posizioni cattoliche in tema di bioetica, e vengo a questi giorni ricchi di turbamento e confusione.
Oggi si è aggiunta un'altra nube al cielo cattolico già ingrigito dalla tempesta del condom, con la rivelazione che secondo il Papa "l'evoluzione ha generato la sessualità per la riproduzione". Sarà anche una frase estemporanea, detta con la precauzione di un "si potrebbe dire, volendosi esprimere in questi termini". Purtuttavia il Papa "ha voluto esprimersi" in questi termini e "ha potuto dire" che "l'evoluzione ha generato la sessualità". Non ha detto infatti: "se ci dovessimo esprimere secondo il lessico laicista e scientista, dovremmo dire che l'evoluzione avrebbe generato la sessualità"!
Detto questo qual è il senso delle mie riflessioni? Molto semplicemente che non ho letto neppure in un commento al volume "Luce del Mondo" parole ponderate e riflessioni anche critiche. Nonostante il Papa stesso abbia circoscritto in maniera esemplare il senso dell'infallibilità, ciononostante, tutti sembrano affrontare le dichiarazioni contenute ne "La luce del mondo" come se si trattasse di articolazioni, certo più domestiche e colloquiali, dell'infallibilità di Pietro.
Così tutti i commenti a "Luce del Mondo" vanno dall'untuosa adulazione papale alla causidica eviscerazione delle ragioni per cui il Papa non avrebbe cambiato di una virgola la morale cattolica in tema di uso del condom e prevenzione dell'HIV. Leggo entusiasmi di destra e di sinistra, critiche furibonde a quei quattro pruriginosi che si sono concentrati solo sul condom, esaltazioni del Papa da parte di Pannella e dell'ONU, ma non di Nichi Vendola, deluso dalle sue parole sull'omosessualità (tra un cambiamento e l'altro Vendola si aspettava anche questo...).
Ho letto di parole piuttosto forti del Papa su Williamson, un vescovo dal Pontefice considerato mai cattolico "nel senso proprio del termine", ma "passato direttamente dall'anglicanesimo a Lefebvre" proprio quando è il Papa stesso ad aver istituito l'ordinariato anglicano (persino per preti già sposati)! E leggo ancora che il Papa non gli avrebbe mai tolto la scomunica se avesse saputo del suo negazionismo (come se il negazionismo fosse diventato un vero e proprio "dogma di fede").
Che dire poi di queste parole del Papa: "Israele sa che il Vaticano appoggia Israele, appoggia l'ebraismo nel mondo, sa che noi riconosciamo gli ebrei come nostri padri e fratelli"?
Nessuno tuttavia ha espresso un giudizio più cauto, si è chiesto l'opportunità di questo genere di libri, nei quali il tono colloquiale misto all'autorevolezza del Papa, può generare corti circuiti presso i fedeli e autorizzare interpretazioni erronee, estreme, maliziose di ogni sua parola. Nessuno ha storto il naso e si è domandato il senso delle varie palinodie del Pontefice su una serie di temi, da Ratisbona al caso Williamson, e al condom... Anzi tutti hanno riconosciuto in queste palinodie, il valore di una profonda autocritica.
Nessuno insomma si è chiesto a cosa serva questo libro-intervista. A cosa serva per i cattolici e per i non cattolici. Le risposte potrebbero essere molto più interessanti di quanto immaginiamo...
Intanto posso solo testimoniare a tutti i lettori che fior di sacerdoti, docenti di teologia morale, cattolici irreprensibili e semplici uomini della strada vagano nella più totale confusione. Anzi, sono più semplicemente "sbigottiti" e si appellano alla Congregazione per la Dottrina della Fede (che stando ad indiscrezioni non avrebbe avuto nulla da eccepire in merito al contenuto del libro). Se nessuno fa nulla per confermare le loro granitiche certezze (ripeto - parliamo di cattolici seri, fedeli al Papa più di qualche Vescovo o Cardinale ribelle), minate da certe ambiguità di fondo del testo di quel libro-intervista, se nessuno si preoccupa di loro, ma di compiacere l'intero teatrino mediatico del quale inevitabilmente questo libro è diventato protagonista, cosa accadra?
Per ora non ci resta che pregare.
Fonte: Fides et Forma