Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Nuovo attacco a Padre Pio: "Stimmate false"

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view post Posted on 24/10/2007, 20:48     +1   -1
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Avvocato della Gabry, della Requi, Jesus 'SnaKe SuperStar e della Walka

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di Andrea Tornielli - Il Giornale

C’è un ultimo segreto sulle stimmate di Padre Pio da Pietrelcina, il santo del Gargano venerato da milioni di persone in tutto il mondo. Un segreto legato a quattro grammi di acido fenico, che il giovane frate richiese a una farmacista nel 1919. Si tratta di una vecchissima testimonianza, ben conosciuta e analizzata a fondo da quanti hanno lavorato al processo di beatificazione, rimasta però inedita negli archivi del Sant’Uffizio.

Aiuta a chiarire le accuse lanciate nei primi anni Venti contro Padre Pio da padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, il quale, pur senza esaminare le piaghe che si erano da poco prodotte sulle mani e sui piedi del frate stimmatizzato (perché quest’ultimo si rifiutò di mostrargliele in mancanza di un ordine scritto del Vaticano), concluse che le ferite non erano soprannaturali ma frutto di autolesionismo e isteria.

Accuse che sono state ampiamente smentite da diverse successive analisi ed esperimenti. Ma ora sta per uscire un saggio dello storico Sergio Luzzatto che riaprirà la polemica. Il titolo è: “L’altro Cristo. Padre Pio e l’Italia del Novecento”. L’autore ha consultato le «carte segrete» degli archivi vaticani. E da lì ha preso la storia dell’acido fenico e della farmacista.

Il documento è stampato in un fascicolo del Sant’Uffizio del marzo 1921. A riprova dei dubbi sollevati da Gemelli, l’allora Suprema Congregazione dottrinale presenta la deposizione giurata della ventottenne Maria De Vito: «Io sono stata un’ammiratrice di P. Pio e l’ho conosciuto di presenza la prima volta il 31 luglio 1919. Dopo essere ritornata sono rimasta a San Giovanni Rotondo un mese. Durante il mese in cui ho avuto occasione di avvicinarlo più volte al giorno, ne ho riportata sempre ottima impressione. La vigilia della mia partenza per Foggia, il P. Pio mi chiamò in disparte e con tutta segretezza, imponendo il segreto a me in relazione anche agli stessi frati suoi confratelli, mi consegnò personalmente una boccettina vuota, richiedendomi che gliela facessi pervenire a mezzo dello “chauffeur” che presta servizio nell’autocarro per trasporto passeggeri da Foggia a San Giovanni Rotondo con dentro quattro grammi di acido fenico puro, spiegandomi che l’acido serviva per la disinfezione delle siringhe occorrenti alle iniezioni che egli praticava ai novizi. Insieme mi venivano richiesti altri oggetti come pastiglie Valda, nasalina, etc. che io mandai».

Il documento del Sant’Uffizio continua informando che dopo circa un mese la giovane ricevette una lettera nella quale «le faceva richiesta di quattro grammi di veratrina. Non avendola trovata nella farmacia di sua proprietà, la richiese da un suo cugino con lettera che sta pure agli atti. Questo, impressionatissimo, la rifiutò», perché sospettava che Padre Pio potesse usarla per procurarsi le lesioni alle mani di cui già si cominciava a parlare.

È noto che queste testimonianze arrivarono in Vaticano perché presentate dall’arcivescovo di Manfredonia Pasquale Gagliardi, nemico giurato di Padre Pio e artefice della «prima persecuzione» contro il frate, del quale diceva: «Si procura le stimmate con l’acido nitrico e poi le profuma con l’acqua di colonia». Ecco dunque su quali (labili) basi faceva queste affermazioni. Che peso dare, allora, a questa testimonianza? Non esiste alcuna prova che quei quattro grammi di acido fenico – sostanza con proprietà antisettiche, usato solitamente come disinfettante – siano stati adoperati dal futuro santo per provocarsi le ferite. E dalle migliaia di pagine del processo canonico emerge un’altra verità.

Le stimmate di Padre Pio furono esaminate attentamente dal professor Festa, che il 28 ottobre 1919 scrisse una dettagliatissima relazione accertando che esse «non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e che neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti».

Anche il dottor Bignami fece un esperimento sulle mani di Padre Pio, sigillando le sue piaghe per due settimane, con tanto di firme di controllo. Alla riapertura delle bende, sanguinavano come il primo giorno e non si erano né rimarginate né infettate. La prova dell’inconsistenza dell’accusa sta proprio in questo: se il frate si fosse procurato con l’acido le piaghe, queste si sarebbero chiuse oppure sarebbero andate in suppurazione. Per cinquant’anni, invece, sono rimaste inspiegabilmente aperte e sanguinanti.

Fonte korazym.org
 
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TotusTuus
view post Posted on 25/10/2007, 10:27     +1   -1




Forse che prentendono di infamare un santo con queste accuse gratuite? Cosa sperano di ottenere?
 
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Kajetan
view post Posted on 25/10/2007, 10:33     +1   -1




Il solito polverone vuoto che serve a far vendere libri vuoti...
 
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Cattolicesimo
view post Posted on 25/10/2007, 18:50     +1   -1




Padre Pio è un grande santo. Punto.
 
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- Carlotta -
view post Posted on 25/10/2007, 19:40     +1   -1




Nuove rivelazioni su Padre Pio? No, sono le solite panzane

Di Antonio Socci

25/10/2007

Se Gesù tornasse e fosse visto anche oggi mentre cammina sulle acque, certi giornali l’indomani titolerebbero: “Clamoroso. Gesù di Nazareth non sa nemmeno nuotare”. Come certi dotti che, avendo Gesù guarito un paralitico, lo accusarono di aver compiuto il miracolo di sabato, giorno festivo.
Finisce nel ridicolo il pregiudizio che nega l’evidenza. Un tempo lo usavano contro Gesù, poi contro i santi, come padre Pio.
Ho appena consegnato alla Rizzoli (e sarà in libreria il 14 novembre prossimo) il mio libro su questo grande santo e su alcune cose sconvolgenti che ha compiuto e – avendo consultato decine di volumi, compresi quelli della causa di beatificazione – ho fatto una indigestione di fango. E’ impressionante la varietà di accuse, insinuazioni e calunnie che per mezzo secolo gli sono state rovesciate addosso. Spesso da parte ecclesiastica.
Le “virtù eroiche” che la Chiesa ha infine riconosciuto a padre Pio, dichiarandolo – per volontà di Giovanni Paolo II - “beato” nel 1999 e “santo” nel 2002, si riferiscono anche all’umiltà evangelica con cui ha sopportato in silenzio tanto fango: “beati sarete voi” avvertì Gesù stesso “quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5, 11).
D’altra parte alla fine i crocifissi vincono sempre. E’ una storia vecchia.
Una cosa (soprannaturale) è la Chiesa, altro sono gli uomini di Chiesa. Gli uomini di Chiesa bruciarono Giovanna d’Arco e la Chiesa l’ha fatta santa. Gli uomini di Chiesa hanno perseguitato Giuseppe da Copertino, Giuseppe Calasanzio e don Bosco; la Chiesa li ha fatti santi. Così con padre Pio. Padre Gerardo di Flumeri, vicepostulatore della causa, ha scritto: “A causa delle stigmate, padre Pio fu sospettato di essere un imbroglione, un mistificatore, un nevrotico, un ossesso. E questi sospetti provenivano non soltanto da miscredenti, dagli atei, ma addirittura da alcuni suoi confratelli, da qualche superiore e anche dalle autorità ecclesiastiche.
Padre Pio subì condanne dal Sant’Uffizio e restrizioni alla sua libertà di apostolato”.
Alla fine la verità ha trionfato. Ma, com’è noto, le antiche accuse messe in giro riemergono periodicamente dagli archivi. C’è per esempio quella, fra le più note e meschine, secondo cui il padre stesso si sarebbe procurato le stimmate con degli acidi. L’insinuazione nacque dal fatto che padre Pio – era cosa nota e ovvia – dopo la stimmatizzazione del 20 settembre 1918 usava la tintura di iodio e poi l’acido fenico sperando di tamponare il sangue che fluiva in quantità dalle ferite e per pulire le piaghe aperte.
Certi ecclesiastici in malafede ci costruirono sopra la loro accusa. Sono gli stessi che lo accusarono di profumarsi perché dalla sua persona crocifissa emanava a volte uno straordinario aroma di fiori. Anche questa insinuazione era infondata infatti questo fenomeno soprannaturale si verificava soprattutto quando il padre era lontano (faceva sentire il suo profumo ai suoi figli spirituali nei momenti di bisogno) e anche dopo la sua morte e lo attestano centinaia di testimonianze (l’ “osmogenesia” ha riguardato anche altri santi).
Ieri, sul Corriere della sera, Sergio Luzzatto ha pubblicato un biglietto con cui padre Pio chiedeva a una sua figlia spirituale di comprargli in farmacia “200-300 grammi di acido fenico puro per sterilizzare”. E un’altra sostanza analoga. Oltretutto perché in piena epidemia di spagnola in convento si usavano per sterilizzare le siringhe per fare le iniezioni ai frati ammalati (era proprio il giovane padre Pio a farle, come infermiere d’emergenza).
E dov’è la notizia? La cosa in sé è del tutto risibile. La notizia però non sta nel fatto, quanto nell’insinuazione con cui in quell’estate 1919 fu fatta arrivare in Vaticano. Ed è
quel sospetto che ieri ha fatto fare il titolo al “Corriere”: “Padre Pio, ecco il giallo delle stigmate”. Sottotitolo: “Nel 1919 fece acquistare dell’acido fenico, una sostanza adatta per procurarsi piaghe alle mani”.
Primo. In questo biglietto di Padre Pio non c’è davvero nessuna aura di segretezza cospirativa che possa alimentare i sospetti, ma al contrario un tono di serena normalità quotidiana (“Carissima Maria, Gesù ti conforti sempre e ti benedica!
Vengo a chiederti un favore. Ho bisogno di aver da 200 a 300 grammi di acido fenico puro per sterilizzare. Ti prego di spedirmela la domenica e farmela mandare dalle sorelle Fiorentino. Perdona il disturbo”). Mandare un tale biglietto in giro è semmai prova di purità e di una coscienza solare.
Secondo. A quella data (estate 1919) padre Pio portava già le stigmate da un anno e dunque sarebbe comico affermare che nell’estate 1919 egli si procurò dell’acido per prodursi delle ferite nel settembre 1918. Terzo: le ferite che portava non erano “macchie o impronte, ma vere piaghe perforanti le mani e i piedi” e quella del costato “un vero squarcio che dà continuamente sangue” (cose incompatibili con bruciature da acido). Quarto. Il padre portò le stimmate per 50 anni e non poté certo procurarsi – con la segretezza del cospiratore - per mezzo secolo dosi industriali e quotidiane di acido (oltretutto per interi periodi fu segregato e sempre controllatissimo).
Ma soprattutto su quelle stimmate ci sono i referti medici di fior di studiosi, dal professor Romanelli al professor Festa, che a quel tempo le analizzarono, ripetendo le visite a distanza di anni e arrivando sempre alla conclusione che non potevano essere state prodotte né dall’artificio umano, né da uno stato psicopatologico, ma avevano un’origine non naturale. Romanelli argomenta, come scrive Fernando da Riese, che non può essere stato l’acido a provocare le ferite perché esso “non permetterebbe ai tessuti causticati di dare sangue e sangue rutilante”, soprattutto di venerdì, come invece ha continuato ad accadere per decenni. Il dottor Festa ha confermato con altri studi. Inoltre l’acido avrebbe dato origine a ferite diverse da quelle dai contorni netti.
Questi medici negarono anche l’origine nervosa perché mai nella letteratura scientifica si era verificata e perché se anche fosse “una volta prodotte (tali ferite) dovrebbero seguire il decorso di qualunque altra lesione, cioè guarire o suppurare”.
E invece per mezzo secolo le stimmate di padre Pio sono state un miracolo permanente: né rimarginavano, né suppuravano, dando sempre sangue fresco.
Il professor Bignami, che essendo di idee positiviste neanche ammetteva l’ipotesi soprannaturale, finì per fornire la migliore conferma: fece isolare e sigillare per giorni le piaghe con la certezza che sarebbero infine guarite o migliorate e invece si verificò l’esatto contrario.
Le stimmate, che padre Pio peraltro portò con immenso imbarazzo (sentendosene indegno), sparirono solo quando il santo lo chiese come grazia al Cielo e cioè alla vigilia della sua morte nel 1968: si chiusero improvvisamente (come erano venute) e senza lasciare traccia. Con quelle sofferenze padre Pio “pagò” milioni, letteralmente milioni, di grazie ottenute per chiunque soffrisse (si studino i dossier medici) e milioni di conversioni: comunisti, massoni, protestanti, agnostici (perfino qualche ecclesiastico) che trovavano la fede dopo essere andati a San Giovanni Rotondo magari con ostilità o pregiudizio.
Si convertivano non perché padre Pio facesse discorsi o teorie colte. No.
Solo per la sua santità, cioè per la potenza di Dio. Perché lui si prendeva letteralmente su di sé le loro sofferenze, senza averli mai visti il padre mostrava di conoscere il loro passato, leggeva nella loro anima, otteneva la guarigione di malati inguaribili, si manifestava a distanza col suo profumo e la bilocazione, prediceva eventi che sarebbero accaduti e compiva altre opere sconvolgenti. Il mistero di padre Pio è ancora da capire.
 
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Cattolicesimo
view post Posted on 25/10/2007, 19:44     +1   -1




Grande Socci!!!!
 
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- Carlotta -
view post Posted on 26/10/2007, 11:40     +1   -1




«Ha sofferto tanto, mai un lamento»



Di Tony Damascelli

Il Giornale 26/10/2007

Biagio Cappucci ha settant’anni. Vive con donna Vincenza a San Giovanni Rotondo dove è nato e dove ha lavorato da una vita, per una vita: «Prima da infermiere generico poi ho frequentato il corso da professionale e quindi da caposala. Quarantuno anni nella Casa sollievo della sofferenza, da quel 5 maggio del ’56, il giorno dell’inaugurazione. Avevo 18 anni, per noi lui era già un santo». Cappucci mette assieme a fatica i ricordi, la sua voce prima incerta si fa poi calda: «Salivo la gradinata, la sua stanza era in fondo al corridoio, l’ultima a sinistra, un letto, un comodino sul quale era poggiato il messale, un crocefisso, il lavandino, una lampadina nuda pendeva dal soffitto, il bagno era in comune. C’era una piccola sala, di fianco, dove a sera incontrava qualche parente, qualche fedele particolare. Padre Pio incominciò ad accusare disturbi all’orecchio, l’otorino disse che non si trattava di nulla di grave, il direttore sanitario mi chiamò e fu la mia grande prima emozione, dovevo togliere un tappo di cerume, pulire il frate che soffriva ma senza mai lamentarsi. Il santo non mi disse una sola parola durante quei minuti, soltanto “arrivederla”, mormorato, quando lo lasciai. Tornai nei giorni a seguire, per sistemare il sondino delle fleboclisi, per cambiare le bombole dell’ossigeno. Le mie visite erano brevi, gli baciavo la mano, coperta da un guanto che aveva lo stesso colore del saio, marrone, lasciava scoperte le dita, pregavo in silenzio l’ave Maria, uscivo tremando, pensando alla sua sofferenza. I chirurghi, ogni mattina, verso le nove meno un quarto, prima di entrare in sala operatoria, passavano tutti a salutarlo, cercando un conforto per la loro giornata. Ricordo il dottor Sala, ricordo il professor Lotti. Quarantuno anni di cure silenziose, ho conservato alcuni aghi dei sondini e alcune garze, queste le ho incollate a un quadretto del santo che ho regalato a ognuno dei miei quattro figli, Gian Pio che da garzone in una bottega di barberia a San Giovanni è diventato illustre nel suo negozio nel centro di Milano, Aldo finanziere, Mauro impiegato alla Casa del Sollievo e Alessandro che lavora all’ospedale di Manfredonia. Loro portano la memoria di quel tempo e, insieme con la memoria, la fede e il rispetto in un uomo che qualcuno ha sempre cercato di infangare. Le donne?» Qui Cappucci si infervora, donna Vincenza dappresso: «L’accesso al convento era proibito, in gruppo lo aspettavano lungo il corridoio che portava dalla chiesa, dove Padre Pio celebrava messa, al convento. I pellegrini arrivavano alle tre del mattino per occupare i primi posti. Ricordo uomini e donne che baciavano il cordone del saio, cercavano le sue mani, le sue parole. Mai, dico mai, ho visto una donna sola avvicinarsi al frate. I contadini gli portavano pane e patate, d’inverno il freddo era terribile, in convento non esisteva il termosifone come non c’erano televisori, soltanto qualche radio, i pellegrini passavano del bosco di San Giovanni Rotondo, tagliavano gli arbusti, i rami secchi se li mettevano come copricapo e andavano a rendere omaggio a Padre Pio. Il sangue? Non ho visto il suo corpo sanguinare ma sapevo, come sapevamo tutti, i medici di lui e di questo si occupavano, gli curavano le ferite e anche i fratelli del convento, frate Eusebio che oggi sta in Molise, frate Carmelo ormai scomparso, frate Fedele, che, nonostante gli anni, ancora oggi riceve i fedeli, erano i suoi angeli».
Il professore Francesco Lotti, bolognese, ex primario pediatra dell’ospedale, a San Giovanni Rotondo è un’altra memoria fresca, veramente storica la sua, nonostante gli ottantaquattro anni e qualche recente malanno al cuore: «Sono stato vicino a Padre Pio dal Trentanove al Sessantotto, ho lavorato per oltre 42 anni tra quelle mura e da una vita ho sentito, ho letto, ho saputo di queste storie ridicole e miserabili che non possono scalfire minimamente la figura del santo. Tutti sapevamo che in convento girava l’acido fenico diluito, serviva per disinfettare le stimmate, lui stesso era confuso per questo fenomeno straordinario che voleva nascondere e che da oltre un anno lo affliggeva, da prima che fosse scritta quella lettera all’amica farmacista. L’acido serviva al Santo per curare altri diciotto fratelli colpiti dalla febbre spagnola. Il professor Bignami, mandato in ispezione da Roma, spiegò che l’acido non avrebbe guarito le ferite, ne vietò l’uso ma, tolte le bende per due settimane, le mani e il corpo continuarono a sanguinare e per cinquant’anni quelle stimmate sono rimaste uguali, per scomparire appena prima della morte del santo. Il resto è miseria, il resto serve a fare soldi, Padre Pio non aveva doppiezze, Padre Pio non frodava, esistono documenti, libri, diari, testimonianze di un secolo». «Vedrai - mi disse una sera - farò rumore più da morto che da vivo». Rumore dei vivi, beato, santo, demonio. L’acido fenico è di nuovo in vendita.
 
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- Carlotta -
view post Posted on 26/2/2008, 13:57     +1   -1




Donne, miracoli e fede: la verità su Padre Pio




di Tony Damascelli

Quale è la differenza tra uno storico e un giornalista? Si dirà che il primo lavora sulla base di documenti, ricerche, approfondimenti, rilievi, testimonianze orali e scritte mentre il secondo opera supportato da informazioni, conoscenze personali, interviste, archivi. Accade da un po’ di tempo che le due situazioni si fondano e si confondano, addirittura vengano ribaltate. Accade ad esempio che sul tema di Francesco Forgione, nato a Pietrelcina alle ore diciassette del venticinque di maggio del milleottocentottantasette, sia stato aperto un dibattito che è diventato contenzioso, complici la televisione e i giornali. Francesco Forgione aveva quindici anni quando assunse il nome di Fra Pio da Pietrelcina. Il due di maggio del millenovecentonovantanove è stato proclamato beato, il dodici giugno dell’anno duemila e due, santo. Le date non sono esclusiva degli storici e nemmeno dei giornalisti. Ma gli ultimi mesi hanno visto ribollire la polemica, spesso aspra e volgare, sul Fenomeno-Pio. Sergio Luzzatto, professore di Storia moderna all’Università di Torino, ha scritto un libro dal titolo Padre Pio Miracoli e politica nell’Italia del Novecento. Un paio di titoli apparsi su Il Corriere della Sera, «Padre Pio, il giallo delle stimmate» e «Padre Pio, un immenso inganno» sono stati un efficace spot per il lancio dell’opera. Qualcuno si è stupito per i termini usati dallo «storico del ventunesimo secolo» (l’autodefinizione è singolare, forse buffa ma accertata) nei confronti del frate al quale vengono dedicate espressioni di questo tipo «piccolo chimico», «pseudocristo», «santo da rotocalco» e ai suoi atti «il pizzino», «le stigmate littorie», «le ghiottonerie e le filmine». Nessuna meraviglia, lo stesso Luzzatto ha scritto e titolato con analoga sensibilità altri libri, cito «Il corpo del duce, un cadavere tra immaginazione, storia e memoria», «La mummia della repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato».

All’ultimo lavoro dello storico rispondono ora con il libro Padre Pio L’ultimo sospetto, duecento e quaranta pagine, per i tipi di Piemme, Saverio Gaeta e Andrea Tornielli, il primo caporedattore di Famiglia Cristiana, il secondo inviato de Il Giornale, dunque giornalisti, potrei aggiungere, per par condicio, del XXI secolo.

Mi piace a questo punto riportare le parole del frate rivolte al giornalista Igor Man che andò a fargli visita: «Tu che vuoi da me, tu si ’nu giornalista, vero? E piantatela di scrivere che faccio miracoli, voi giornalisti. I superiori giustamente si arrabbiano e così mi inguaiate. Il tempo dei miracoli passò. E tu, guagliò, che vuoi da me? Ascolta guagliò, certum est quia impossibile est, è certo perché impossibile. Attaccati a ‘sta zattera, guagliò. Attaccati a ‘sta zattera e non affonderai mai». Lasciando agli altri l’ultimo sospetto.

www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=244130&START=1&2col=
 
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view post Posted on 4/7/2021, 21:32     +1   -1
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