Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Catechesi di Papa Giovanni Paolo II sull'Inferno

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quaero
view post Posted on 6/10/2006, 15:19 by: quaero     +1   -1




Così si esprime la Somma di Teologia Dogmatica del Casali sull'argomento:

L’INFERNO

L’INFERNO (= luogo inferiore; in ebraico scèol (Con la stessa parola si indica pure il seno di Abramo) = luogo cavo; in greco ade=luogo oscuro), indica lo stato, il luogo, dove sono puniti i demoni e gli uomini deceduti in peccato mortale.
Nella Scrittura viene chiamato luogo dei tormenti, camino di fuoco, stagno ardente, tartaro, abisso, geenna. Questo ultimo nome era ed è dato a una voragine presso il Cedron a Gerusalemme dove venivano gettati i rifiuti e bruciati per cui quasi di continuo vi ardeva il fuoco.

ERRORI - I SADDUCEI negarono l’esistenza relegandola fra le favole.
ARNOLIO (327) disse che i cattivi dopo un tempo di pena sarebbero stati annientati.
Gli ORIGENISTI negarono la durata eterna, dicendo che un giorno gli Angeli cattivi e gli uomini dannati si sarebbero ravveduti (Un errore simile è stato ripetuto ai nostri giorni nel libro: Il Diavolo, di G. PAPINI, dove viene messo in forma di domanda se un giorno non l’inferno, ma la pena dei dannati debba finire).
Similmente gli UNITARI ed altri PROTESTANTI.
Gli ALBIGESI giudicarono che le anime dei cattivi avessero come punizione un nuovo corpo, dopo di che sarebbero stati liberati.
I SOCINIANI, i PROTESTANTI LIBERALI e i RAZIONALISTI lo negarono affatto.

TESI - Esiste l’inferno dove oltre i demoni, cadono gli uomini che muoiono in peccato mortale dove sono puniti con differenti pene che durano in eterno.

E’ DI FEDE

Sono numerosi i documenti che danno questa definizione.
Il Papa Damaso (D. B. 16); il Simbolo Atanasiano: «Coloro che fecero il bene andranno nella vita eterna, chi invece il male, nel fuoco eterno”. Alessandro VIII (D. B. 1290); Pio VI (D. B. 1526).
Fra i documenti, tre importantissimi sono il Conc. di Lione II (a. 1274, D. B. 464), Benedetto XII nella Cost. Benedictus Deus (D. B. 531) e il Conc. di Firenze (D. B. 693). Essi hanno simili espressioni e riportiamo perciò quelle dell’ultimo: Definiamo «ugualmente che le anime di coloro che muoiono in peccato attuale mortale o anche nel solo originale, subito discendono nell’Inferno, da punirsi tuttavia con pene differenti”.
Abbiamo lasciato per ultima volutamente la definizione del Conc. Laterano IV (D. B. 429) come quella che risponde più direttamente agli errori degli Origenisti, ripetuti oggi: “essi, col diavolo (ricevono) un pena perpetua”.
Anche il Conc. di Costantinopoli (a. 543), confermato da Papa Virgilio condanna gli Origenisti “Se alcuno dice o sente che il supplizio dei demoni e degli uomini è per un determinato tempo, e che un giorno ci sarà la sua fine ossia che avverrà la restituzione e la redintegrazione dei demoni e degli uomini empi, sia scomunicato.
Pio XII nel discorso all’Uunione Giuristi Cattolici d’Italia (Cfr. l’Osservatore Romano 6 Febbr. 1955) dichiara: “La Rivelazione e il Magistero della Chiesa stabiliscono fermamente che, dopo il termine della vita terrena coloro che sono gravati da colpa grave subiranno dal supremo Signore un giudizio ed una esecuzione di pena, dalla quale non vi è alcuna liberazione o condono. Iddio potrebbe anche nell’al di là rimettere una simile pena; tutto dipende dalla sua libera volontà; ma Egli non l’ha mai accordata nè mai l’accorderà... il fatto della immutabilità e della eternità di quel giudizio di riprovazione e del suo adempimento è fuori di qualsiasi discussione”.

SPIEGAZIONE: Le pene differenti corrispondono alla colpevolezza e alla differenza del numero e della gravità dei peccati ma basta un solo peccato mortale per meritare la pena eterna”. «Dio rende a ciascuno secondo le sue opere» (Rom. 2,16).

PROVA: A) - DALLA SCRITTURA:

1) Nell’Antico Testamento:

il Libro dei Numeri (16, 30 s.) parla di Core, Dathan, Abiron sotto i cui piedi si apre la terra e «discendono nell’inferno”.
Il libro Giuditta (16,20-21) dice che Dio nel giorno del Giudizio visiterà i cattivi e “darà loro il fuoco e il verme nelle loro carni, perchè siano bruciati e soffrano per tutta l’eternità”.
Il Salmo 48: “Andrà al ceto dei suoi padri che in eterno non vedranno luce”.
Ci dispensiamo dal portare altre numerose testimonianze.

2) Nel Nuovo Testamento. Moltissime volte Gesù parla della dannazione dei cattivi: “chi avrà detto stolto al fratello è reo della Geenna di fuoco” (Mt. 5,22): I Giudei che respingono la fede «saranno gettati nelle tenebre esteriori dove è pianto e stridore di denti” (Mt. 8,11-12); così all’invitato a nozze che entra senza veste nuziale (Mt. 22 1-14); ecc.
La dannazione è eterna: “Chi bestemmierà lo Spirito Santo non avrà la remissione in eterno, ma sarà reo di eterno delitto” (Mc. 3, 29; Mt. 12,22).
Gesù quando dice di togliere la mano o l’occhio che scandalizza, conclude che è meglio entrare nella vita eterna privo di essi, che con essi andare nella Geenna “dove il verme non muore e il fuoco non si estingue” (Mc. 9,41 ss.; Mt. 18,8 ss.).
Come abbiamo veduto Gesù nella sentenza finale dirà ai cattivi: «Andate maledetti al fuoco eterno.., e andranno questi nel supplizio eterno; e i giusti nella vita eterna” (Mc. 9,42 43). Dai sepolcri “usciranno quanti fecero il bene in resurrezione dl vita, quanti poi fecero il male in resurrezione di condanna” (Gv. 5,29).
Da questi ultimi testi si vede il parallelismo fra la vita e la condanna eterna. Come eterno è il premio, così eterno è il castigo.
Così molti altri testi, fra cui il seguente: “Chi crede nel Figlio ha la vìta eterna chi invece è incredulo nel Figlio, non vedrà la vit4, ma rimarrà su di lui l’ira di Dio” (Gv. 3,36).
Gli Apostoli continuano l’insegnamento del Maestro, insistendo molto su questa verità. Ne diamo alcuni accenni: “Non sapete che gli iniqui non possederanno il Regno di Dio?” (1 Cor. 6,9); «i quali saranno perduti nelle pene eterne lontani dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza” (2 Tess. 1,9).
S. Pietro (2, 2-12 ss.) parlando di coloro che bestemmiano ciò che ignorano afferma che “periranno nella loro corruzione.
S. Giuda (6, s.) parlando dei cattivi: «A somiglianza degli Angeli ribelli sosterranno «la pena del fuoco eterno”, e che è «loro riservata in eterno la procella di tenebre”.
S. Giovanni nell’Apocalisse (20, 13; e 21, 8) parla di una seconda morte che consiste “nell’inferno in unO stagno di fuoco".

B) - DALLA TRADIZIONE: S. Ignazio (Ep. 16,1) parlando di un eretico afferma che “andrà nel fuoco inestinguibile”.
Per S. Giustino (Apol. 1, 21) coloro che vivono malamente e non si convertono “sono puniti col fuoco eterno”.
Così S. Ireneo insegna come verità cattolica che “gli uomini empi, ingiusti, iniqui, blasfemi, sono messi nel fuoco eterno”.
Questo insegnamento che come si vede veniva ammesso unanimemente, ebbe una accentuazione per parte dei Padri che seguirono Origene il quale dopo averlo ammesso cade nella incertezza riguardo alla eternità delle pene. Potremmo fare una lunga citazione, ma ci contentiamo solo di portarne qualcuna.
S. Efrem (Sermo de fine 8): ci insegna che «non ci sarà la fine dei tormenti del peccatore, nè riposerà per un piccolo istante dalla pena che punisce il peccato, perchè durerà in eterno e in nessun tempo mai sarà sciolta”.
S. Agostino (De Cic. Dei 21, 23), afferma che nel giudizio finale come sarà dato per tutta l’eternità il premio, così per tutta l’eternità sarà data la pena.

C) - LA RAGIONE conferma la giustezza della eternità delle pene. C’è discussione se la ragione da sola lo possa dimostrare, smarrendosi dinanzi al grande mistero, ma certamente dimostra che non va contro alcuno degli attributi divini (Cfr. Pio XII, discorso citato). Essa fa vedere come non sarebbe giusto che ricevessero la stessa ricompensa tanto i buoni che i cattivi.
Riguardo alla durata della pena dobbiamo tener presente:
1) mentre in vita l’uomo può dirigersi verso Dio o allontanarsi da Lui, avvenuta la morte, l’anima resta immobile nella sua decisione. Se è contro Dio resterà contro Dio per sempre, quindi per sempre degna di castigo.

2) l’eternità non è una successione di momenti come il tempo, ma è: “la possessione perfetta e tutta insieme di una vita interminabile” (Boezio). Non c’è quindi, un prima o un poi, ma grava sul soggetto tutta insieme. Quindi, chi è dannato oggi è dannato per sempre.

Le pene dell’inferno

I Teologi distinguono due ‘pene nell’Inferno: quella del danno e quella detta del senso.
Esse corrispondono a ciò che ha fatto l’uomo col peccato:
si è allontanato da Dio - e resta allontanato per sempre da Lui con la pena del danno - e si è attaccato alle creature - e con queste resterà per sempre ricevendo da loro il tormento colla pena del senso.

PENA DEL DANNO. Essa è la privazione della visione beatifica, cioè la visione e il possesso di Dio, perduto per sempre. Esso è perduto come fine soprannaturale e anche come fine naturale.
In questa vita ci è difficile comprendere la somma gravità di questa pena che è immensamente più grande di tutte le altre, perchè si tratta della perdita del bene infinito che è Dio, per il Quale eravamo stati creati. Nell’altra vita, invece, non più accecati dai beni sensibili, ne sarà compresa in pieno la gravità. Quaggiù si cerca di farlo capire rappresentando per esempio la separazione di un figlio dalla madre, ma ciò non è che una pallida ombra.
Colla privazione della visione di Dio c’è anche la privazione di tutti i beni, quali la familiarità colla Madonna, gli Angeli, i Santi e tutte le gioie del Paradiso. Questa pena sarà tanto più acerba quanto più si vedrà che era facile la salvezza, le grazie numerosissime che Dio aveva dato per salvarci, l’infinita rinunzia fatta nel lasciare Dio per una misera creatura e per il piacere avvelenato di un momento. I dannati perciò saranno presi dalla più cupa disperazione trovandosi in quello stato eternamente per propria colpa. Vedendo i giusti salire al cielo «saranno turbati da un timore orribile.., dicendo dentro di sè, pentiti e gementi per l’angoscia dello spirito: .. Noi insensati che giudicavamo la loro vita una pazzia e il lorà fine senza onore. Ecco come sono stati annoverati fra i figli di Dio, e fra i Santi è la loro sorte” (Sap. 5,1 ss.).
Quantunque la Chiesa non ci abbia dato definizioni sulla intima natura delle pene infernali, è di fede che c’è questa pena del danno. Il Conc. Fiorentino dice che saranno «puniti all’inferno con pene differenti.”. La prima pena è certamente quella di essere allontanati e maledetti da Dio, quindi esclusi dalla sua visione, come dirà Gesù nell’ultimo giorno: «Andate via da me maledetti» (Mt. 25,12).

LA PENA DEL SENSO. Si chiama così non in quanto sia sentita solo dai sensi del corpo - poichè i demoni per sempre e le anime fino al giorno del giudizio non hanno il corpo - ma in quanto con cose sensibili viene tormentato e spirito e corpo. Quindi il fuoco, le tenebre, le grida e lo stridore dei denti, l’orrore del luogo e ogni altro male senza alcun bene costituiscono questa pena.
Lo si può rilevare dalle varie espressioni riportate con cui la Scrittura ricorda il “luogo dei tormenti”.
La spiegazione comune dei Padri e dei Teologi ci dice la stessa cosa, per cui tutte le pene della terra non sono paragonabili col più piccolo tormento dell’inferno.
Fra tutte queste perle, quella su cui la Scrittura insiste di più è la pena del fuoco: «Andate maledetti nel fuoco eterno” (1. c.). Così la Tradizione.
Alcuni di fronte alla difficoltà che il fuoco tormenti gli spiriti si sono domandati se debba intendersi in senso fisico e reale oppure metaforico. Risponde il Suarez (De Angelis 8):
“E sentenza certa e cattolica che il fuoco... è un vero e proprio fuoco corporeo”.
La Sacra Penitenzieria il 30 aprile 1890 di fronte a questo dubbio rispondeva che chi si fosse ostinato a non credere a un fuoco reale non poteva essere assolto. Nel tentare di darne spiegazione non tutti i Teologi convengono nella stessa sentenza: S. Tomaso parla di una unione locale fra lo spirito e il fuoco “in modo di un legamento” per cui in qualunque luogo si trovi lo spirito è sempre preso dal fuoco.
Il Suarez giudica che questo fuoco ha in sè una qualità spirituale e soprannaturale per cui gli spiriti vengono tormentati secondo la loro natura.
Il Lessio dice che come in questa vita il fuoco bruciando il corpo fa soffrire anche l’anima, così nell’altra può prendere direttamente lo spirito.
Qualunque spiegazione si voglia dare di questo fuoco reale che tormenta e corpi e spiriti, certamente a Dio non manca il modo di far sì che il fuoco possa far penare gli spiriti, per cui concludiamo con S. Agostino (De Civ. Dei 21,10): «Sono afflitti con modi meravigliosi, ma veri modi”,
I Santi dicono che il fuoco dell’Inferno creato da Dio per adempiere la sua giustizia è tanto più tremendo del più ardente fuoco della terra, creato dalla sua misericordia per il nostro uso per cui questo non è che un’ombra di fronte a quello.

Fuoco non splendente ma tenebroso, che tormenta al di fuori e al di dentro di ogni membro, fino all’intimo dell’anima senza consumare e distruggere.

LA DURATA DELLE PENE. Abbiamo detto altrove della DURATA ETERNA delle pene DIFFERENTI secondo la punizione dovuta a ciascun dannato e IMMUTABILI per sempre. Ciò per quanto riguarda la pena sostanziale. Nell’Inferno “non vi è nessuna redenzione”. Però vi è anche una pena accidentale dovuta ai peccati veniali e ai mortali rimessi in quanto alla colpa. Secondo la sentenza più probabile seguita da S. Tomaso e Scoto questa pena accidentale può diminuire entro il giorno del giudizio; altri però lo negano.
IL LUOGO. La Scrittura e la Tradizione non lo dicono. I Padri e i Teologi giudicano però che non sia soltanto uno stato ma anche un luogo. Per questo concludiamo col Crisostomo: «Non cerchiamo dove sia l’Inferno, ma come lo possiamo evitare”.


CIAO :)
 
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14 replies since 6/10/2006, 14:30   4626 views
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