Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Ma soltanto la Verità ci può salvare

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TotusTuus
view post Posted on 29/7/2006, 20:13     +1   -1




Ma soltanto la Verità ci può salvare



Bisogna prendere atto che non si può fare a meno della nozione di «adeguatio». Inoltre va difesa l'idea di una natura umana invariante.

Che cosa è nichilismo? La risposta all'interrogativo è prioritaria, se si intende oltrepassare il nichilismo, inteso dai più come un evento negativo. Proprio qui iniziano le incertezze, poiché non vi è accordo sulla sua natura: al libero mercato delle idee ciascuno offre la sua determinazione, difforme dalle altre (l'enciclica Fides et ratio ne ha proposta una sufficientemente profonda e finora trascurata). Superare un evento di cui si ignora la natura, equivale a curare una malattia ignota. E' un pregio dell'intervento di Michael Dummett lo stare alla "cosa", offrendo due distinte determinazioni del nichilismo etico e di quello aletico (o teoretico). Il primo accade quando i concetti di giusto e di sbagliato sono ripudiati; il secondo quando lo sono quelli di vero e di falso. E quando questi concetti non operano più, sì cade nella mancanza dì senso. Come scrive Nietzsche «Nichilismo: manca il fine; manca la risposta al perché». Quando non vi è scopo né perché, l'oscurità è assoluta. Il processo cosmico e quello umano non significano nulla e non approdano a nulla. Permane solo l'eterno svolgersi, senza scopo né senso, del divenire. Max Weber, che fu discepolo di Nietzsche assai più di quanto si pensi, scrisse: «La cultura è una sezione finita dell'infinità priva di senso del divenire del mondo». La sentenza dì Nietzsche avvia nella direzione giusta, lasciando intendere che il piano decisivo sia quello aletico o teoretico a cui appartengono il fine e il "perché". Concordo comunque con l'assunto che le nozioni dì vero e di falso siano più difficili da eliminare di quelle di bene e di male. Nietzsche ha potuto scrivere Al di là del bene e del male ma non Al di là del vero e del falso. Nonostante la maggiore difficoltà a eliminare le categorie di vero e falso, la natura più profonda del nichilismo si coglie a mio avviso sul piano teoretico, e ha a che fare con il concetto stesso di verità come conformità o adeguazione tra l'asserto e il reale, concetto di cui oggi diverse scuole cercano di mettere in dubbio la validità, operando per decostruirlo. Esso però sembra presentarsi come intrascendibíle, nel senso che anche coloro che lo negano locutoriamente o a parole, di fatto lo fanno proprio.
Muovendoci sul terreno dell'etica, incontriamo un duplice fenomeno: il primo risponde all'esperienza secondo cui dottrine morali eterogenee possono non di rado giungere per cammini diversi a comuni valori morali. L'altro, meno frequentemente osservato, mette in luce che spesso i dissensi morali, attentamente considerati, si palesano piuttosto e più esattamente come dissensi teoretici. Il principio etico che è male uccidere la persona umana innocente è universalmente accettato. Il dissenso non verte su questo principio, bensì sui soggetti a cui spetti lo statuto di "persona umana". Nel caso dell'aborto alcuni sostengono e altri negano che l'embrione o il feto siano persona umana. A chi spetti e a chi no tale status, è un tema conoscitivo o teoretico, non morale. Altrove ho cercato di argomentare che l'abbandono del nichilismo richieda la ripresa dell'ontologia e della conoscenza reale , nel senso che il nichilismo rappresenta la massima obiezione contro l'assunto che sia possibile raggiungere con l'esercizio naturale dell'intelletto una conoscenza incompleta quanto si vuole, ma per l'essenziale stabile e non smentibile della struttura fondamentale dell'Intero. La filosofia dell'essere e in certo modo la fenomenologia si sono inoltrate su questo cammino, mentre le scuole analitiche sono state più reticenti per una serie di motivi che sarebbe qui lungo presentare, e che si concentrano intorno alla possibilità della conoscenza metafisica. Il tema è stato dibattuto nella filosofia analitica, con esiti non di rado assimilabili all'agnosticismo e al decisionismo: al fondo della realtà c'è una scelta infondata. Ciò in una certa misura permane nell'intervento di Dummett. Occorre meditare sulla stretta connessione posta tra nichilismo e "morte di Dio", per cui sembra che la fede in Dio emerga come condizione necessaria e sufficiente per salvare dal nichilismo. Il posizionamento avviene sul terreno della teologia e della religione, lasciando sguarnito il campo della filosofia. Una certa ambiguità pare presente nel concetto «conoscere come sono le cose in se stesse», che l'illustre filosofo inglese riserva solo a Dio, ritenendo che tale conoscenza sia legata a uno sguardo non situato, al di fuori del tempo e dello spazio. All'uomo non è preclusa una certa conoscenza di come sono le cose in se stesse, a cui contribuiscono scienza e filosofia. La conoscenza delle essenze è difficile, ma almeno quella dell'Uomo non è impossibile. Anzi la presupponiamo, perché senza il concetto di una natura o essenza umana invariante, sarebbe vano intendersi, valicando spazio e tempo.
Il nichilismo etico che vuole porsi al di là del bene e del male conduce a gravi esiti contro cui è saggio difendersi. Ed è quel che ha fatto non poca filosofia recente, non di rado anglosassone, ingaggiando una impegnativa battaglia contro nichilismo e relativismo morali. La vittoria conseguita appare però provvisoria e parziale, poiché il nichilismo più radicale è quello aletico. Ammetto che questo assunto risulti oggi ostico. Per illustrarlo un poco, vorrei convocare il tema della causalità: soprattutto la causalità esistenziale od ontologica, di cui è intessuto sino al midollo ogni aspetto della vita, più che la causalità di cui si occupa la scienza, non di rado parziale e astratta. Poiché la relazione causa-effetto è onnipresente - entro il torrente della vita universale le cose nascendo, incrociandosi, crescendo, morendo attestano in maniera sontuosa le infinite forme della causalità - si può concedere che analizzando il regresso dagli effetti alle cause sia possibile raggiungere una certa conoscenza dell'intero lungo tre cammini- il procedere dell'effetto dalla causa; somiglianza dell'effetto alla causa; loro dissomiglianza. La negazione della causalità ontologica rinserra l'uomo nel nichilismo, poiché non vi è risposta al "perché", né ragione sufficiente di alcunché.
L'accordo che si riscontra sulla necessità di superare il nichilismo non comporta una improbabile uniformità nella cultura. Dopo il nichilismo, pluralismo e punti di vista eterogenei continuerebbero a sussistere, senza però l'interdetto sull'idea di verità e sulla possibilità di una conoscenza diversa, superiore e più stabile di quella empirico-scientifica.

Vittorio Possenti, Avvenire 9 MAGGIO 1999
 
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