| La liberazione materiale del popolo dalla schiavitù è ben più di un mero fatto materiale: interpretata alla luce della fede, è un atto con il quale Dio salva il suo popolo e conferma la sua alleanza.
"Per gli ebrei, celebrare il memoriale non è un semplice ricordare, ma vuol dire far rivivere, far presente nella propria azione, nella propria persona e nella stessa comunità che celebra il memoriale, l’evento salvifico e liberatore della Pasqua, perpetuando nel tempo la memoria del passaggio di Dio in Terra d’Egitto, e rendere, così, il passato, presente ed attuale. In tal modo l’evento pasquale è rivissuto ed attualizzato. Questo perché “il significato del ricordarsi (zakar) ebraico, non è un mero evocare il passato, quanto il riprodurne la forza e l’efficacia”. Così, per esempio, quando si prega Dio di ‘ricordarsi’ dei suoi fedeli o di Israele, si intende invitarlo a intervenire per ripetere i suoi gesti salvifici: «Ricordati di me e rendimi forte», grida Sansone(Gdc 16,28) quando sta per punire i filistei. Così pregano i salmisti nelle loro lamentazioni individuali (Sal 25,7, etc.) o collettive (Sal 74,2; 106,4).”(Settimio Cipriani, Eucaristia, in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, Ed. Paoline, 1988, 526)."
E' chiaro che nessun teologo cattolico prima del Concilio Vaticano II si sarebbe sognato mai di affermare qualcosa del genere. Ovviamente, lo ripeto, un conto è affermare che "per l'ebreo" la liturgia ha un certo senso, e un conto è che la chiesa cattolica avalli questo valore come ancora valido. In questo forse sta l'equivoco dei nostri discorsi. Quando io dico che per chi celebrava il rito misterico del dio Mitra il rito aveva nelle loro intenzioni un valore "sacramentale", non avallo la realtà del dio Mitra, ma affermo semmai che certe concezioni sono diffuse in varie religioni. Adesso però mi sono veramente stancato di fare l'avvocato difensore di teologi per i quali, tra l'altro, non provo particolare trasporto. Pertanto, cari lettori, pensate quel che vi pare, non replicherò più.
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