Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Il limbo

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quaero
view post Posted on 30/9/2006, 14:47     +1   -1




CITAZIONE
Io devo uscire, i miei se ne stiano pure in casa, tanto son vecchi e io non ci posso far nulla

In tali casi è anche molto pericoloso. Con un parente infermo servono attenzioni molto costanti.

Comunque sul limbo se ne parla anche qui:
http://musicasacra.forumfree.net/?t=8770251&st=30

CIAO :)
 
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Francesco1985
view post Posted on 30/9/2006, 17:32     +1   -1




CITAZIONE (Imerio @ 30/9/2006, 15:27)
Caro Francesco, mi scuso, innanzi tutto, con Lei, per il ritardo della risposta, ma ieri sono stato occupato per tutta la giornata.

In parte, le mie obiezioni intendevano rivestire il senso giustamente intuito da Dante, ma desidererei ulteriormente aggiungere qualche altra considerazione.

Come scrivevo nel mio precedete messaggio, taluni dei comportamenti da Lei indicati come moralmente neutri (già lo hanno rilevato anche altri postanti ed anch'io lo avevo accennato) corrispondono a gravissimi peccati; tuttavia, altre situazioni da Lei indicate (quali: la delocalizzazione delle attività produttive o - in particolare, se riferita all'Italia - la cosiddetta elusione - che concettualmente non coincide con l'evasione - fiscale) certamente no; analizziamo brevemente la prima di queste condotte.

Una preliminare premessa: il fenomeno della cosiddetta globalizzazione dei mercati non costituisce certamente, come qualcuno fingerebbe oggi di credere, un fenomeno recente; già nelle sepolture del neolitico poste in Puglia, per esempio, si rinvengono numerosi reperti in ambra, ciò posto, giacché l'ambra si rinviene presso le rive del Mar Baltico, questo viene a dimostrare come, già a quell'epoca, esistesse un sistema (diremmo oggi integrato) di scambî che, dal Mar Baltico forniva regolarmente le merci sino in Puglia se non oltre e viceversa; ancora, l'uso della seta che, nell'epoca antica, veniva prodotta esclusivamente in Cina, risultava diffuso in aree (quale quella romana, già nell'epoca tardo repubblicana) geograficamente assai remote, rispetto a quella di produzione.

In breve, sino alla Prima Guerra Mondiale, il fenomeno del mercato veniva globalmente inteso con una dimensione spaziale pressoché coincidente con l'intiero orbe terracqueo (fra i moltissimi, in questo senso, si rivelerebbe interessante la lettura di SCHMITT, Il nomos della terra, Milano, 1991) ed i dazî ed i provvedimenti di limitazione alle importazioni venivano considerati come fenomeni assolutamente eccezionali e temporanei.

Ora, ciò premesso, l'imprenditore, per poter continuare a svolgere la sua professione (che non coincide, nemmeno parzialmente, con quella degli enti d'erogazione o associazioni di beneficenza che dir si vogliano) può essere obbiettivamente costretto a delocalizzare la propria attività produttiva, soprattutto allorquando il suo Paese d'origine non lo ponga nelle condizioni di potere competere nel mercato. Ciò accade ogni qual volta lo Stato (come è costantemente accaduto in Italia; qualche miglioramento, in questo senso lo si stava vedendo, ma, stando all'ultima finanziaria, stiamo repentinamente tornando indietro) adotti politiche fiscali tali, da rendere fuori mercato il prezzo finale dei beni o dei servizî prodotti od offerti al pubblico.

A questo punto, stando alle Sue riflessioni, delle due l'una: o l'imprenditore moralmente sbaglia, per il fatto stesso di esercitare l'attività d'impresa, o, di fatto, deve cessare la sua attività, salvo che lo Stato faccia pagare all'intiera collettività il costo delle proprie impostazioni ideologiche, finanziando (in vario modo) un'attività che d'imprenditoriale conserva solo il nome e che, quindi, non producendo più ricchezza, si trova altresì a costituire una voce di debito nelle poste di bilancio del pubblico erario. Non a caso, nella costanza della politica economica della cosiddetta Prima Repubblica, a detta dello stesso ISTAT, l'economia italiana riusciva ancora ad arrancare faticosamente, soltanto in grazia: del lavoro nero e dell'evasione fiscale ...

Da sempre, i capitali hanno costantemente scelto la loro allocazione, presso quei Paesi che, sul piano legale e tributario, offrissero loro la migliore possibilità di rendita e, parimenti, le attività economiche si sono sempre situate ove trovassero le più soddisfacenti condizioni per la loro esplicazione.

L'illusione - propria dei Paesi socialisti - di potere contenere i fenomeni del mercato all'interno dei proprî confini nazionali ha portato ad una sola conseguenza: la miseria generalizzata delle popolazioni. A questo proposito un solo esempio concreto, le due Coree, medesima pololazione, medesime situazioni climatiche, medesime materie prime: l'una (quella del Sud), seguendo le dinamiche del mercato, riesce a concorrere con il Giappone, l'altra (quella del Nord) perseguendo il modello di economia sociale (o socialista o collettivista che dir si voglia) si trova letteralmente all'inedia.

Di terze vie dell' economia si è parlato da tempo immemore, ma, premesso il fatto che i modelli economici (come qualsiasi altro modello teorico, lo rilevava già Hegel, con riferimento alle forme di Stato) non si presentano mai allo stato puro, nell'esperienza storica, di una terza via di sistema economico non si è mai potuta vedere nemmeno l'ombra (in Italia, ci aveva tentato anche il fascismo, con la prefigurazione - fallita nella pratica - del sistema corporativo) e giacché, come osservava de Maistre, la Storia altro non è che politica sperimentale, ciò vuole probabilmente significare che non di una realistica ipotesi si tratti, ma di una mera utopia, il cui padre (secondo la teologia classica) è lo stesso Maligno.

Sotto il profilo morale - lo accenno appena per inciso - posto che uno dei due sistemi economici produce solo miseria e l'altro ricchezza (anche se, certo, per molti, ma non proprio per tutti), non sarebbe più proficuo l'incentrarsi sul problema miglior utilizzo della ricchezza prodotta, anziché perdersi nella prefigurazione astratta di sistemi d'economia che, sulla carta, appaiono certamente (come dice qualcuno) equi e solidali, ma che poi (al di là di qualche isolatissima esplicazione che, in realtà, non corrisponde ad fenomeno economico, ma, in pratica, ad un atto di beneficenza) non si possono reggere a confronto con la realtà - pressoché naturale e comunque spontanea - data dal mercato? Analogamente, io ho sempre ritenuto che il danaro, in quanto mezzo, non può mai essere, in sé e per sé, buono o cattivo; se mai, potrà essere qualificato come buono o cattivo il fine del suo utilizzo.

In conclusione, non potendo razionalmente prefigurarmi - al contrario, probabilmente, di qualche catolico adulto - che l'esercitare attività d'impresa corrisponda, in sé e per sé, ad un'azione moralmente deplorevole, altrettanto non mi riesce di poter considerare come moralmente deplorevoli le corrispondenti strategie (per altro, quasi obbligate) di gestione (o, come si usa dire oggi, di menagement).

Fra l'altro, sotto un profilo meramente pratico, a fronte del grave disagio (in senso oggettivo, non parlerei di vera e propria tragedia, in un Paese fornito di ammortizzatori sociali, finanziati, in larga parte, proprio dall'attività delle imprese) dei dipendenti delocalizzati (ma, in genere, i dipendenti dei settori non direttamente produttivi conservano il proprio posto di lavoro), si potrebbe validamente contrapporre il vantaggio di quelli, per così dire, delocalizzanti. Del resto, l'unica alternativa possibile sarebbe, assai probabilmente, quella data dalla progressiva chiusura dell'intiera struttura industriale; tutti a casa, dunque, addetti alla produzione, alla vendita, all'amministrazione, impiegati, tecnici, dirigenti e quant'altro ... e, ovviamente, nessuna ulteriore assunzione nell'ipotetico Paese di possibile delocalizzazione dell'impresa.

Il discorso, forse già sin troppo lungo, è stato qui condotto, ovviamente, solo per mero accenno ed ogni sua proposizione sarebbe, quindi, suscettibile di ben altri approfondimenti e svolgimenti. Se lo riterrà opportuno, non appena mi troverò dotato di un poco di tempo, mi permetterò di tracciare un lineamento di argomentazione circa il tema, da Lei accennato, riguardo alle tasse ed al loro (in Italia, molto teorico, mi permetterei d'anticipare) effettivo utilizzo a fini sociali.

allora evviva l'evasione fiscale!!!! Evviva chi non rispetta le leggi!!!! Si vede che i cretini siamo noi che le rispettiamo,che le devo dire....auguri e figli maschi :D Anzi cancellatemi da moderatore,bannatemi da utente che per me la morale deve essere applicata in ogni aspetto della vita e non solo laddove ci fa comodo. ;) Tanto per puntualizzare (siccome lei mi ha dato del comunista velatamente) mio padre è un industriale e mia madre fa il notaio. Cosi' tanto per puntualizzare.....sulla delocalizzazione effettivamente ammetto di aver sbagliato ma non per l'evasione fiscale che è e resta un imbroglio ai danni del prossimo. Negli usa(stati uniti d'america) che le ricordo sono un paese ad economia di mercato è un reato penale. E non sono comunisti...quindi le sue osservazioni non sono pertinenti. Addio
 
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Guardia Svizzera
view post Posted on 30/9/2006, 18:44     +1   -1




Addio, vadical - chic!
 
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dante pastorelli
view post Posted on 30/9/2006, 19:01     +1   -1




Mi sembra, Francesco, che ad argomentazioni ampie ed articolate e sorrette da dottrina, condivisibili o meno che siano, tu risponda con atteggiamenti scomposti e qualche frase ad effetto gridata.
Ribatti, argomento per argomento, a quanto scritto da Imerio. Il giudizio sommario, espresso in forme melodrammatiche non porta a niente.
Inoltre mi sembra che Imerio sia stato molto chiaro: non ha dato a te del cripto-marxista (sono andato a rileggere per esserne certo) ma alla cultura dominante che talvolta anche senza nostra colpa penetra in noi tramite le nostre letture, anche religiose.
E francamente non capisco cosa c'entrino il babbo imprenditore e la mamma notaio: ci son tanti imprenditori e tanti notai, avvocati, professoroni, primari ecc. che son comunisti, e, magari, contemporaneamente evasori. E perché tu non intenda male, non mi riferisco ai tuoi genitori.
 
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Raimundus
view post Posted on 30/9/2006, 20:02     +1   -1




L'utente Francesco è cancellato
 
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dante pastorelli
view post Posted on 30/9/2006, 20:46     +1   -1




DEO GRATIAS
 
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Imerio
view post Posted on 1/10/2006, 02:54     +1   -1




Caro Francesco, l'unica cosa che avevo inteso indicare era che certi atteggiamenti "melodrammatizzati" circa l'analisi dei fatti economici, derivavano da una lettura criptomarxista degli stessi, spesso cagionata da letture univoche sulla materia; per tanto, senza che il lettore nemmeno se ne accorga compiutamente, può accadere che egli acceda a quella visione, in una maniera non del tutto critica. In questo senso, mi ero permesso di esprimere la mia personale (ed evidentemente opinabile) ricostruzione, circa uno dei fenomeni economici da Lei evocati nel Suo messaggio.

Se sono stato frainteso, la colpa è stata, con tutta evidenza, principalmente mia e non so davvero come scusarmi, sia con Lei che con tutti gli altri amici del forum, per il trambusto che, assolutamente senza intenzione, sono venuto a cagionare.

Una piccola notazione, però, me la permetta; soprattutto un giurista (quale anch'io sono) dovrebbe replicare alle opinioni che non condivide con la forza dell'argomentazione dialettica, e non certo con moti di stizza ...

P.S. I reati, sono atti esclusivamente d'indole penale, per tanto la dizione di reato penale costituisce un'inutile tautologia, a meno che Lei non intenda accedere ad un'opinione dottrinale di estrema minoranza che, negli anni trenta dello scorso secolo, aveva ipotizzato l'esistenza della categoria dei reati civili, rapportandola, per lo più, alla classe dei quasi delitti, per altro, non più contemplata all'interno del nostro diritto positivo.


Edited by Imerio - 1/10/2006, 04:06
 
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dante pastorelli
view post Posted on 1/10/2006, 07:16     +1   -1




Caro Imerio,
non hai nulla di che scusarti. Purtroppo anche in questo forum c'è chi s'avvicina alla cultura senza l'approccio di umiltà ch'essa richiede, presume spocchiosamente di tutto sapere ed in realtà palesa un'ignoranza abissale, non solo in campo culturale, generale e specifico, ma anche in quello dei rapporti umani.
Questo ragazzotto di tutto quel che hai scritto non ha compreso niente: la sua cultura s'è rivelata un misero impasto di slongans espressi in un italiano approssimativo e scorretto.
Tu avresti ancora tentato d'iniettargli nella zucca qualche spunto di riflessione: forse crescendo, se accetterà di crescere, imparerà qualcosa dalla vita. Per ora si crogioli nella sua superbia. Parce sepulto.
Le mie parole, come già le precedenti, son sicuro che interpretino il pensiero di tutto lo staff del forum.
A rileggerti presto.
 
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quaero
view post Posted on 1/10/2006, 08:38     +1   -1




Non ha nulla di cui scusarsi Imerio, ha espresso la sua posizione.

L'argomento molto interessante era un po' OT, visto che si parlava di limbo. Stavo per aprire un topic apposta quando ho visto che Francesco si è cancellato.

CIAO :)
 
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Raimundus
view post Posted on 1/10/2006, 11:24     +1   -1




CITAZIONE (Imerio @ 1/10/2006, 03:54)
Se sono stato frainteso, la colpa è stata, con tutta evidenza, principalmente mia e non so davvero come scusarmi, sia con Lei che con tutti gli altri amici del forum, per il trambusto che, assolutamente senza intenzione, sono venuto a cagionare.

Caro Imerio,
rientro ora dalla Santa Messa e leggo il Suo intervento.
Orbene, Le dico che a Francesco ho accordato una fiducia che non meritava.
Lei non ha nulla di cui scusarsi e in questo mi associo al pensiero di Dante.
 
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Guardia Svizzera
view post Posted on 1/10/2006, 13:26     +1   -1




CITAZIONE (Imerio @ 1/10/2006, 03:54)
Se sono stato frainteso, la colpa è stata, con tutta evidenza, principalmente mia e non so davvero come scusarmi, sia con Lei che con tutti gli altri amici del forum, per il trambusto che, assolutamente senza intenzione, sono venuto a cagionare.

E no! Basta con i fraintendimenti e le scuse immotivate. Quell'intervento non l'ho frainteso io , che sono una povera Guardia del cantone di Uri, figuriamoci un ragazzo cosi' colto e perfettamente conoscitore del sermo italico....
 
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dante pastorelli
view post Posted on 1/10/2006, 14:28     +1   -1




Mi sa che al cantone tu aspetti le Urì.
 
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quaero
view post Posted on 5/10/2006, 21:04     +1   -1




http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronach.../28/limbo.shtml

Aspettiamo -_-
Sono proprio curioso di leggere il documento.
Spero che poi la gente dica: allora alla fine aboliranno anche tutti i Novissimi.

CIAO :)
 
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dante pastorelli
view post Posted on 5/10/2006, 21:45     +1   -1




Per dichiarare che il limbo non esiste sarebbe necessaria una dichiarazone solenne del papa che spazzi via tutta la teologia tradizionale.
Le conclusiomi praticamente unanimi dei teologi sono norma prosima dlle verità. Ciò che pensa la tradizione teologica sul limbo lo sappiamo.
Una dichiarazione dell'apposita commissione teologica può essere importante ma sarebbe ugualmente norma prossima di verità. Ed ognuno può pensarla come vuole.

Edited by dante pastorelli - 5/10/2006, 23:09
 
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quaero
view post Posted on 5/10/2006, 22:01     +1   -1




CITAZIONE
Ed ognuno può pensarla come vuole.

Non sarebbe materia di peccato mortale di temerarietà e/o di disobbedienza?

CIAO :)
 
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69 replies since 7/4/2006, 07:01   1541 views
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