Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Camminare con Cristo

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Angeloflove85
icon12  view post Posted on 14/1/2013, 13:20     +1   -1




"Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici".

(Matteo 1,5)

L'opera sistematica del Padre

Il passo di Matteo, in merito alla genealogia di Gesù Cristo, è ripartito in tre periodi. Ciascuno di questi periodi in quattordici generazioni, evidenziando il disegno programmatico di Dio su Israele a partire da Abramo fino al compimento in Gesù, il Messia. Un sistema di relazioni che preparano l'avvento del Figlio dell'Uomo, che ne sottolinea la discendenza regale e sacerdotale. Cristo è l'Unto di Dio che nasce da una Vergine, figlia di Gioacchino, sacerdote del Tempio, e affidato ad un padre putativo, ovvero Giuseppe, figlio di Giacobbe, della dinastia di Davide.
 
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Angeloflove85
icon12  view post Posted on 15/1/2013, 11:42     +1   -1




"Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù".

(Matteo 1,6)


L'opera dello Spirito Santo

Nel silenzio dell'adorazione in cui ci proietta questo brano, mi accingo ad anticipare il "tutto" che "avvenne" con le riflessioni tratte da La lettera di Clemente ai Corinzi: "Con una parola della sua maestà egli ha costituito l'universo. (...) Egli farà ogni cosa quando vuole e come vuole e niente di ciò che ha stabilito va a vuoto. Tutto è presente dinanzi a Lui e niente sfugge al suo volere". Nella quotidianeità delle prescrizioni della Legge mosaica "Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù", si compie la nascita del Salvatore. L'angelo del Signore si fa portatore del compimento dell'antica profezia, accolta con fede, nella conoscenza delle Scritture, da Giuseppe: "fece come gli aveva ordinato l'angelo". Nel nome di Gesù si svelano le promesse di Dio su Israele e il consolidamento della sua alleanza: "Dio salva".
 
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madamemiriam
view post Posted on 28/1/2013, 14:34     +1   -1




seguiamo sempre la via di Cristo!
 
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Angeloflove85
icon12  view post Posted on 2/2/2013, 09:56     +1   -1




Le due vie (Matteo 7, 13 - 14)

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!

Il desiderio dell'incontro


Il passo di Matteo è piuttosto sintetico, ma allo stesso tempo incisivo. Le due vie rappresentano il simbolismo chiave della vicenda salvifica, che riprende l'impostazione dell'antica Legge nel salmo 1: "Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi". In entrambi i testi risuona la conseguenza del male: nel passo di Matteo "conduce alla perdizione", mentre nell'impostazione del salmista gli empi cadranno "come pula che il vento disperde". Dunque, entrambe le direzioni conducono ad una mèta. La porta e la via spaziosa non sono accompagnate da alcuna fatica di colui che ascolta, difatti non deve trovarla, ma è come se per causa naturale si presentasse in automatico; proprio in virtù di questa tendenza del peccato originale a spingere la natura in basso. Invece, colui che "ascolta queste mie parole e le mette in pratica" (Matteo 7, 21) deve operare una scelta: dopo aver ascoltato, dato che una "lucerna" non può essere collocata sotto il moggio, prende una decisione, animata dal desiderio della ricerca della "luce del mondo", di incamminarsi per la via angusta, con l'anima trepidante di chi ha il "cuore" là dov'è il suo "tesoro", in cerca della porta stretta della vita, che è Cristo stesso: Io sono la vita, la verità e la via.
 
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Angeloflove85
icon12  view post Posted on 5/2/2013, 13:46     +1   -1




Guarigione di un lebbroso (Matteo 8, 1-4)

Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva. Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: "Signore, se vuoi, tu puoi purificarmi". E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii purificato". E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: "Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va' a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro".


La fede e l'obbedienza

Il passo di Matteo, circa le dieci guarigioni operate da Gesù, si sofferma su un uomo, anonimo – a differenza di altre guarigioni circoscritte -, designato dal suo stato di malattia: “ecco venire un lebbroso”. Dal brano emergono due concetti in antitesi: malattia e salute. E nonostante, a prima vista, appaia una guarigione fisica, quell'essere “purificati” è come se riconducesse ad una guarigione interiore, dell'anima. La tradizione giudaica non ammetteva che gli impuri – ad es. le donne che avevano partorito – si presentassero all'ufficio prima di aver compiuto la purificazione; difatti la Vergine, pur non avendone bisogno, essendo l'Immacolata Concezione, si sottomette (come narra il passo de La presentazione di Gesù al tempio) in spirito di obbedienza alla Legge mosaica. La storia di Cristo e la sua azione è interamente calata nella realtà del suo tempo. Ritornando al brano di Matteo, l'evangelista ci mostra il lebbroso in una veste d'obbedienza e riconoscimento della regalità di Gesù: “e prostrarsi a lui”. Le parole che Gli rivolge rappresentano una invocazione universale di quel lebbroso senza nome che, appunto, incarna l'Umanità: “Signore, se vuoi, tu puoi purificarmi”. Espressione di fede e di credo nella Persona di Gesù come Figlio dell'Altissimo. “... se vuoi”, nell'adesione alla volontà di Dio, libera e provvidenziale; “... tu puoi”, riconoscimento delle capacità taumaturgiche del Cristo di Dio. Innanzi ad una fede dichiaratamente adesiva, Gesù compie il primo miracolo del suddetto ciclo: “sii purificato”. L'uomo, restituito da Gesù alla dignità precedentemente corrotta dalla malattia, viene messo in guardia: “Guardati dal dirlo a qualcuno”. Gli viene rivolto un monito specifico: “va' a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro”. L'evangelista, quindi, narra di un episodio di cui è destinatario il Tempio di Gerusalemme; il sacerdote, appunto, dovrà per primo sperimentare l'attività di Dio in terra attraverso un segno emblematico: la guarigione del lebbroso. La chiusura del brano nonostante si soffermi sulla testimonianza da rendere al sacerdote, emerge per l'offerta da presentare come prescritta da Mosè. Non solo Gesù si collega alla tradizione ebraica nel rispetto e nell'adesione alla Legge antica, ma immette l'uomo, ex lebbroso, nella cornice di appartenenza a questa medesima tradizione; difatti, attraverso l'offerta, dopo aver ricevuto la purificazione dall'Unto di Dio, l'uomo rinnovato nell'anima e nel corpo s'inserisce nel contesto religioso, sociale e politico del suo tempo, divenendo, attivamente, partecipe della prescrizione di Mosè a pieno titolo: la purificazione. Passando dall'estrazione alla conduzione in un contesto progettato e plasmato dall'opera dello Spirito Santo dai primordi della Storia.
 
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madamemiriam
view post Posted on 8/2/2013, 14:44     +1   -1




Gesù lo guari per la fede che dimostrò il lebbroso,se abbiamo fede, vedremo grandi cose.Lo ha purificato dal peccato
 
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Angeloflove85
icon12  view post Posted on 16/3/2013, 11:02     +1   -1




Giovanni 8,1-11

Gesù andò al monte degli Ulivi. All'alba tornò nel tempio, e tutto il popolo andò da lui; ed egli, sedutosi, li istruiva. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna còlta in adulterio; e, fattala stare in mezzo, gli dissero: «Maestro, questa donna è stata còlta in flagrante adulterio. Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?» Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. E, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza, uscirono a uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo. Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?». Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più».


La Sacra Scrittura è scritta nel cuore


Quest'oggi voglio riflettere, con voi, sul passo che ci viene presentato da Giovanni evangelista. Ma per poter, pienamente, entrare nel senso profondo del testo occorre fare come Gesù, ritirarsi sul monte, e fare silenzio dalle nostre parole per ascoltare la Parola. Il brano ci parla di una donna e ce la presenta come un'adultera. Di lei non abbiamo notizie, ma viene designata per il suo peccato, viene “etichettata” per il suo atto. Diviene soggetto e oggetto della colpa. Gli scribi e i farisei volevano mettere alla prova Gesù, cercavano un pretesto per accusarlo, partendo dall'accusa verso questa donna. Si pongono nelle vesti dell'accusatore: il principe di questo mondo. Si appellano alla Torah, alla Legge ebraica, al padre Mosé per giustificare e legittimare un'empietà: la lapidazione. I conoscitori della Sacra Scrittura hanno a mente la bontà di Dio e la storia delle Tavole della Legge ricevute da Mosé sul monte Sinai: espressione di legittimazione e riconoscimento dell'identità di Israele liberata dalla tirannia d'Egitto. La legge, quindi, doveva guidare, come una lampada, il popolo alla personale ricostruzione, di ricondurlo a quell'unità frammentata dal peccato. Strumento di edificazione dell'uomo. I dottori della legge e i farisei (che significa “separati”, ovvero una setta del mondo giudaico che predicava il rigorismo morale e lo zelo religioso, sradicandolo da ogni forma e manifestazione di pietas) gli conducono una donna còlta in flagrante adulterio (evidentemente con un uomo che non viene menzionato) e “manipolando la legge” data da Dio a Mosé (un rischio di cui bisogna prendere coscienza e tenerlo sempre a mente, affinché il cuore sia vigilante e fisso su Cristo Crocifisso) la condannano alla lapidazione, come pena del suo peccato. “Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra”. Dio si china sulla donna (la terra) e scrive dentro di lei il suo precetto di perdono e di salvezza: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più». Colui che era senza peccato, perdona. Colui che era senza peccato, vivifica. Colui che era senza peccato, edifica. “Va'”, le dice, “e non peccare più”: espressione del dinamismo dell'incontro con Dio che si piega su di noi per rialzarci e per ridarci dignità, per donarci la consapevolezza dell'essere quel tempio di grazia che riceve in sé il suo Spirito Consolatore. La parola di Gesù ci chiama ad una confessione autentica, personale: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei»; riportando l'uomo all'analisi su se stesso. I farisei e gli scribi erano meticolosi della vita morale del prossimo trascurando la propria coscienza davanti a Dio e ignari della responsabilità del loro gesto, perché, appunto, il salmista canta che “Dio odia chi ama la violenza”. Da questo assunto non si può prescindere: la legge antica ha lasciato spazio alla legge nuova, perché i comandamenti sono scritti nel cuore e ogni giorno, l'amante di Dio, opera una scelta che investe due vie: Io o Dio. Il giudizio, la condanna, non viene dal Signore, e i veri figli della luce vivono della sua Misericordia verso il prossimo: il saggio è colui che ha il sale sul cuore e lo zucchero sulle labbra. I figli di Dio sono lampada per i passi di coloro che vivono nelle tenebre: desiderano edificare il Regno di Dio e lavorano - e si muovono a compassione -, per questo proposito. Come Gesù, si piegano sulle sofferenze, sulle umiliazioni, sui rifiuti, sull'abbandono dell'altro e come Gesù dicono: “Va' e non peccare più”, va' e prendi in mano la tua vita e fanne un'opera del Signore.

Edited by Angeloflove85 - 16/3/2013, 12:22
 
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Angeloflove85
icon12  view post Posted on 18/6/2013, 14:20     +1   -1




Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».


L'opus di Maria


Il brano dell'evangelista Luca presenta innanzi tutto due momenti importanti e determinanti della vita di ciascun cristiano, espressi da due verbi: camminare e fermarsi. Gesù è descritto in cammino, Maria, invece, è seduta ai suoi piedi. Mobilità e immobilità, dunque, non sono necessariamente contrari, come si può credere, ma complementari. Marta è l'emblema dell'accoglienza, della carità evangelica che ospita nella propria casa il “bisognoso”, che in questo frangente è Cristo stesso che si fa povero per donare ricchezza a quella casa, abbondanza della sua Parola. Luca definisce Gesù “il Signore”, a voler testimoniare la fede delle donne verso la figura del Messia. Marta, quindi, si accinge a “servire” colui che è venuto "per servire”, altro verbo caratterizzante la vita cristiana: L'evangelista mette in evidenza il servizio prestato per “il Signore della messe”. Maria emerge per la “disobbedienza” alla sorella: invece di aiutarla a servire si siede ai piedi del Maestro per ascoltare la sua Parola. Dalla postura del corpo di lei emerge a chiare linee che ciò che si sta profilando non è una semplice conversazione, ma un “insegnamento”, e non un insegnamento qualunque, bensì una “rivelazione” che la riguarda in prima persona e la interpella in prima persona, perché ciò che si svela è la verità sull'uomo, una verità a cui anche Maria anelava. Una rivelazione divina: infatti non a caso Maria è l'Israele antica che ascolta la voce del suo Dio. Marta che prende l'iniziativa fin dall'inizio chiede a Gesù di prendere una posizione verso sua sorella, ma il Signore le risponde che tra questo “bisogno” dell'uomo di ascoltare la Parola e della Parola di rivelarsi all'uomo, s'inserisce un “affanno inutile e una agitazione improduttiva” che può disorientare l'uomo allontanandolo da ciò che è necessario. Maria che può apparire, soprattutto oggi, come colei che resta ferma, inattiva, poco incline alla collaborazione, per alcuni tratti non ligia alla regola, è invece l'attività evangelica per eccellenza. Maria si ferma, prima di prendere una qualsiasi iniziativa, e ascolta la voce del suo Signore, pende dalle sue labbra. Nella preghiera, una qualunque “Maria” dei giorni nostri, riceve la giusta direzione e la giusta azione verso la quale orientare la sua attività. Marta non si consulta con Dio, anzi vuole che il Signore “dica ciò che lei vorrebbe fargli asserire”, quasi a voler mettere in bocca a Dio le sue personali parole. Ma Gesù le fa notare che “Maria ha scelto la parte migliore che non le verrà tolta”: l'obbedienza al suo Dio e l'adesione al suo progetto. Ai piedi di Gesù Maria riceve la sua “chiamata”; ai piedi di Gesù la sua anima nutrita e fortificata viene preparata per l'attività a cui è indirizzata. Ai piedi di Gesù è l'inizio dal quale ripartire ogni volta, ai suoi piedi, e dalle sue Parole, il cristiano sperimenta la conoscenza autentica che conduce ad una direzione autentica: solo la verità può indurre ad azioni vere ed eterne, perché le opinioni e le considerazioni umane sono fallaci e finite. L'opus di Maria ha il suo inizio e il suo compimento ai piedi del Cristo: l'attività che si immette come realtà intermedia tra questo inizio e questo fine è opera della mente di Dio, e di questo Maria era consapevole.
 
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