Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Nuova evangelizzazione: Benedetto XVI istituisceun «dicastero» per l’Occidente

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TotusTuus
view post Posted on 29/6/2010, 07:58     +1   -1




Benedetto XVI istituisceun «dicastero» per l’Occidente



La missione di Cristo, «affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento». Anche per questo, ieri, il Papa ha annunciato l’istituzione di un nuovo dicastero vaticano, «nella forma del Pontificio Consiglio», con il compito di «promuovere una rinnovata evangelizzazione» nei Paesi dell’Occidente «che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di eclissi del senso di Dio». Tutto ciò costituisce dunque «una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo».

Benedetto XVI ne ha dato l’annuncio durante la celebrazione, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, dei primi vespri della solennità dei santi Pietro e Paolo. Questa festa, ha detto all’inizio della sua omelia «evoca la duplice tensione, tipica della Chiesa» di Roma, «all’unità e all’universalità». Ma «il contesto in cui ci troviamo – ha spiegato subito dopo – ci chiama a privilegiare la seconda, lasciandoci, per così dire, "trascinare" da san Paolo e dalla sua straordinaria vocazione».

Di qui la scelta di incentrare proprio sulla missionarietà il suo discorso. «Non c’era e non c’è solo la fame di cibo materiale – ha fatto notare il Pontefice –. C’è una fame più profonda, che solo Dio può saziare. Anche l’uomo del terzo millennio desidera una vita autentica e piena, ha bisogno di verità, di libertà profonda, di amore gratuito. Anche nei deserti del mondo secolarizzato, l’anima dell’uomo ha sete di Dio, del Dio vivente».

Benedetto XVI ha citato a tal proposito l’enciclica Redemptoris missio del suo predecessore. «La missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento». Anzi, «uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio». Vi sono regioni del mondo, ha quindi aggiunto papa Ratzinger, «che ancora attendono una prima evangelizzazione; altre che l’hanno ricevuta, ma necessitano di un lavoro più approfondito; altre ancora in cui il Vangelo ha messo da lungo tempo radici, dando luogo ad una vera tradizione cristiana, ma dove negli ultimi secoli - con dinamiche complesse - il processo di secolarizzazione ha prodotto una grave crisi del senso della fede cristiana e dell’appartenenza alla Chiesa». Ecco perciò l’idea del nuovo dicastero.

Si tratta, come si evince dalle stesse parole del Papa, di un segno di speranza. Benedetto XVI ha infatti voluto ribadire ciò che già aveva affermato all’inizio del suo ministero petrino. «La Chiesa è giovane, aperta al futuro». «E lo ripeto oggi, vicino al sepolcro di san Paolo – ha aggiunto –. La Chiesa è nel mondo un’immensa forza rinnovatrice, non certo per le sue forze, ma per la forza del Vangelo, in cui soffia lo Spirito Santo di Dio, il Dio creatore e redentore del mondo».

È vero che «le sfide dell’epoca attuale sono certamente al di sopra delle capacità umane: lo sono le sfide storiche e sociali, e a maggior ragione quelle spirituali». Ma è altrettanto vero che proprio Gesù, ha fatto notare il Pontefice, «aveva loro dimostrato che con la fede in Dio nulla è impossibile, e che pochi pani e pesci, benedetti e condivisi, potevano sfamare tutti».

Benedetto XVI ha quindi fatto riferimento ai due Papi grandi missionari che lo hanno preceduto. Paolo VI raccolse «il grande anelito conciliare all’evangelizzazione del mondo contemporaneo». Giovanni Paolo II «ha rappresentato "al vivo" la natura missionaria della Chiesa, con i viaggi apostolici e con l’insistenza del suo Magistero sull’urgenza di una nuova evangelizzazione».

Il Papa è giunto a San Paolo fuori le Mura intorno alle 18 di ieri, accolto da monsignor Francesco Monterisi, arciprete della Basilica e dal Padre Abate di San Paolo, dom Edmund Power. Entrato in Basilica dal quadriportico, il Papa, accompagnato processionalmente dai monaci benedettini, prima dell’inizio dei Vespri è sceso alla Confessione per venerare il sepolcro dell’Apostolo Paolo. Era presente la delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, inviata da Bartolomeo I per la festa dei santi Pietro e Paolo. Nel salutarli, il Papa ha ha auspicato che si possa «proseguire con impegno la ricerca della piena unità tra i cristiani».

Mimmo Muolo

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Per non ridurci ad alberi invecchiati



Nel fondo della crisi più dolorosa Benedetto XVI ha scelto la vigilia della festa di san Pietro e san Paolo, e il luogo della tomba dell’Apostolo delle genti, per rendere pubblico il progetto che da tempo gli stava a cuore: un dicastero per una nuova evangelizzazione delle terre delle «Chiese di antica fondazione»". Annuncio ambizioso e umile: giacché afferma a chiare lettere che l’eredità cristiana in molto dell’Occidente è profondamente erosa. Avversata, o semplicemente accantonata in una distratta eclissi di Dio. Occorre, dice il Papa, riportare la fede in Cristo nelle nostre città secolarizzate.

C’è un filo lungo e forte di continuità tra questo annuncio e la voce della Chiesa negli ultimi decenni, dalla Evangelii Nuntiandi di Paolo VI alla «nuova evangelizzazione» evocata per la prima volta da Wojtyla nel 1979 a Nowa Huta, la città operaia polacca che sembrava essere stata costruita per escludere la presenza di Dio fra gli uomini. E dunque la sfida lanciata oggi da Benedetto viene da lontano; da un testimone passato da una mano all’altra, nelle crescente consapevolezza che l’Europa innanzi tutto, e più ampiamente il Primo Mondo, si stanno dimenticando della loro origine, e dunque anche di sé.

Ratzinger stesso, prima della elezione, aveva scritto di una Europa «svuotata dall’interno» proprio nell’ora del suo massimo successo; di un cedimento di forze spirituali portanti, di «una strana mancanza di voglia di futuro»", di un oscuro «odio a sé». Il confronto con l’Impero romano al tramonto, aveva ammesso, si poneva. Come se l’Occidente andasse esaurendo il suo slancio vitale. E pensosamente il futuro Papa esaminava le tesi di Oswald Spengler, lo storico secondo il quale ogni civiltà, come un organismo, nasce, invecchia e muore. Ma le ultime righe di quel saggio del cardinale Ratzinger contraddicevano questa inesorabile ipotesi biologica: i cristiani, si diceva, devono concepire se stessi come «minoranza creativa» che riporti all’Occidente la sua eredità.

Era il 2004. Pochi mesi dopo Ratzinger sceglieva come nome quello di Benedetto, il patrono d’Europa. Poi pubblicava la Spe salvi, dove evocava gli Efesini del tempo di Paolo, «senza speranza e senza Dio nel mondo»: e ne parlava come se quella gente di duemila anni fa ci somigliasse. Infine domandava apertamente: «La fede cristiana è anche per noi oggi una speranza che trasforma e sorregge la nostra vita?».

Già: perché il Vangelo o è «comunicazione che produce fatti e cambia la vita», come scrive il Papa, o non è niente. E allora questa Europa e questo Primo Mondo «svuotati», che han paura dei figli e del futuro, tesi al successo o impegnati a non pensare, si palesano come «terra di missione». Dove il cristianesimo è nato, cresciuto, dove ha alimentato gli uomini e le città e l’arte e intriso di sé la memoria, occorre di nuovo evangelizzare. Con umile coraggio, ricominciare a annunciare Cristo.
Chi ha amato le parole della Spe salvi, e quella provocatoria domanda – ma, il cristianesimo è ancora speranza che sorregge la vostra vita? – ritrova lo stesso accento nell’annuncio di ieri. La stessa sfida. Credete voi in Cristo? E com’è possibile allora che le vostre case e città siano così spesso smarrite, sfiatate, tristi, e i vostri figli si chiedano cosa fare di sé? La profezia secondo la quale i mondi e le loro culture inevitabilmente decadono e muoiono, come alberi invecchiati, urta con la pretesa cristiana, diversa e unica. Il cristianesimo non finisce; se decade, perfino se sembra avviato a un naufragio, ricomincia. Non è pensiero, filosofia di uomini, che muore come ogni nostra cosa. È altro, è quel Figlio che è nato fra noi, è morto e ha vinto la morte. Per chi ha fede in questo, il cristianesimo «produce fatti e cambia la vita».

Dal sepolcro di Paolo una domanda lanciata a noi della parte "giusta" del mondo, nelle nostre comode case e pretese e garanzie. Domanda a noi, cui non manca quasi nulla. Davvero questo vi basta? Siete felici, davvero? Ma lo sapete infine, ha detto Benedetto XVI, che «c’è una fame più profonda, che solo Dio può saziare».

Marina Corradi



Fonte: Avvenire
 
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