Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

San Tommaso d'Aquino e gli eretici

« Older   Newer »
  Share  
quaero
view post Posted on 11/1/2007, 22:09 by: quaero     +1   -1




Riporto quanto ho trovato su questo sito:

https://digilander.libero.it/domingo7/LA%20...20CHE%20AMA.htm

3 SE GLI ERETICI DEBBANO ESSERE TOLLERATI
SEMBRA che gli eretici debbano essere tollerati. Infatti:
1. L'Apostolo ammonisce: "Un servo del Signore deve essere mansueto, tale che con mitezza ammaestri quelli che si oppongono alla verità, se mai conceda loro Iddio il pentimento per riconoscere la verità, e ritornino in sé liberandosi dai lacci del diavolo". Ora, se gli eretici non sono tollerati, ma messi a morte, si toglie loro la possibilità di pentirsi. Dunque la loro uccisione è contro il comando dell'Apostolo.
2. Si deve tollerare ciò che nella Chiesa è necessario. Ma nella Chiesa le eresie sono necessarie; infatti l'Apostolo scrive: "Bisogna che vi siano le eresie, perché diventino riconoscibili tra voi quelli degni di approvazione". Quindi gli eretici devono essere tollerati.
3. Il Signore ha comandato ai servi della parabola di permettere alla zizzania di crescere fino alla mietitura, cioè fino alla fine del mondo, stando alla spiegazione del testo. Ma i Santi Padri ci dicono nelle loro esposizioni che la zizzania sono gli eretici. Dunque gli eretici vanno tollerati.
IN CONTRARIO: L'Apostolo insegna: "L'uomo eretico, dopo una o due ammonizioni, evitalo, sapendo che un uomo siffatto è perduto".
RISPONDO: A proposito degli eretici si devono considerare due cose: una che proviene da essi; l'altra che è presente alla Chiesa. Da essi proviene un peccato, per il quale hanno meritato non solo di essere separati dalla Chiesa con la scomunica, ma di essere tolti dal mondo con la morte. Infatti è ben più grave corrompere la fede, in cui risiede la vita delle anime, che falsare il danaro, con cui si provvede alla vita temporale. Perciò, se i falsari e altri malfattori sono subito messi a morte giustamente dai principi; a maggior ragione e con giustizia potrebbero essere non solo scomunicati, ma uccisi gli eretici, appena riconosciuti colpevoli di eresia.
Alla Chiesa invece è presente la misericordia, che tende a convertire gli erranti. Essa perciò non condanna subito, ma "dopo la prima e la seconda ammonizione", come insegna l'Apostolo. Dopo di che, se l'eretico rimane ostinato, la Chiesa, disperando della sua conversione, provvede alla salvezza degli altri, separandolo da sé con la sentenza di scomunica; e finalmente lo abbandona al giudizio civile, o secolare, per toglierlo dal mondo con la morte. Scrive infatti S. Girolamo: "La carne marcita deve essere tagliata, e la pecora rognosa va allontanata dal gregge, affinché non arda, non si corrompa, non imputridisca, e non muoia tutto: casa, pasta, corpo e gregge. Ario in Alessandria era una scintilla: ma poiché non fu subito soffocato, le sue fiamme hanno devastato tutto il mondo".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. La mitezza ricordata vuole che l'eretico sia ammonito una, o due volte. Ma se non vuole ravvedersi, deve considerarsi perduto, secondo le parole dell'Apostolo.
2. Il vantaggio proveniente dalle eresie è estraneo all'intenzione degli eretici: vantaggi che sono la riprova della costanza dei fedeli, come accennava l'Apostolo; e lo stimolo a uno studio più accurato della Sacra Scrittura, come dice S. Agostino. Invece è intenzione degli eretici corrompere la fede, che è un danno gravissimo. Perciò si deve considerare di più ciò che rientra direttamente nella loro intenzione, e che porta a eliminarli; di quanto non si debbono tenere presenti cose preterintenzionali, che consigliano di sopportarli.
3. Come si dice nei Canoni, "una cosa è la scomunica, e un'altra è l'eliminazione. Infatti uno viene scomunicato, "perché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore", secondo le parole dell'Apostolo". - Anzi, neppure l'eliminazione radicale dell'eretico mediante la morte può dirsi contraria a quel comando del Signore, che deve intendersi di quei casi in cui non è possibile estirpare la zizzania, senza estirpare anche il frumento: come abbiamo spiegato sopra parlando dei miscredenti in generale.
4 SE LA CHIESA DEBBA ACCOGLIERE SEMPRE CHI LASCIA L'ERESIA
SEMBRA che la Chiesa debba accogliere sempre chi lascia l'eresia. Infatti:
1. In Geremia il Signore così parla: "Tu hai fornicato con molti amanti; ma pure torna a me, e io ti riceverò". Ma il giudizio della Chiesa è il giudizio di Dio, stando alle parole del Deuteronomio: "Ascoltate l'umile come il potente, e non guardate alla persona di alcuno; perché deve essere il giudizio di Dio". Perciò anche se uno ha fornicato con l'incredulità, che è una fornicazione spirituale, deve essere accolto senz'altro.
2. Il Signore comandò a S. Pietro di perdonare al fratello che pecca non sette volte soltanto, "ma fino a settanta volte sette". Il che significa, a detta di S. Girolamo, che si deve perdonare tutte le volte che uno pecca. Quindi tutte le volte che uno pecca ricadendo nell'eresia, la Chiesa deve accoglierlo.
3. L'eresia è una specie di incredulità. Ora, la Chiesa accoglie gli altri increduli che vogliono convertirsi. Dunque deve accogliere anche gli eretici.
IN CONTRARIO: Si legge nelle Decretali, che "se uno dopo aver abiurato l'errore, si scopre che è ricaduto nell'eresia, deve essere consegnato al giudizio secolare". Perciò la Chiesa non deve accoglierlo.
RISPONDO: La Chiesa, secondo il comando del Signore, deve estendere a tutti la sua carità, non solo agli amici, ma anche ai nemici e ai persecutori, stando alle parole evangeliche: "Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia". Ora, la carità richiede che si voglia e si compia del bene al prossimo: Ma il bene è di due specie. Uno è spirituale, cioè la salvezza dell'anima, che la carità principalmente ha di mira: tutti infatti con la carità devono volere questo bene agli altri. Perciò da questo lato gli eretici pentiti, per quante volte siano ricaduti, devono essere accolti dalla Chiesa col perdono, che apre ad essi la via della salvezza.
L'altro bene invece è oggetto della carità in modo secondario: esso è un bene temporale, come la vita corporale, i beni materiali, il buon nome, e le dignità ecclesiastiche o secolari. Questo bene infatti non siamo tenuti a volerlo agli altri in forza della carità, se non in ordine alla salvezza eterna di loro stessi, o di altri. Perciò se l'esistenza di qualcuno di tali beni in un dato individuo potesse impedire la salvezza eterna di molti, la carità non ci obbligherebbe a volergli codesto bene, ma piuttosto a volerne la privazione: sia perché la salvezza eterna va preferita al bene temporale; sia perché il bene di molti va preferito a quello di uno solo. Ora, se gli eretici pentiti venissero accolti, così da conservare la vita e gli altri beni temporali, questo finirebbe col pregiudicare la salvezza degli altri: sia perché ricadendo ancora corromperebbero gli altri; sia anche perché restando essi impuniti, altri potrebbero cadere più facilmente nell'eresia. Si legge infatti nell'Ecclesiaste: "poiché non subito si fa giustizia dei malvagi, perciò senza timore alcuno gli uomini commettono il male". Ecco perché la Chiesa non solo accoglie col perdono quelli che per la prima volta tornano dall'eresia, ma li lascia in vita; e talora con delle dispense li reintegra nelle dignità ecclesiastiche precedenti, se appaiono realmente convertiti. E sappiamo dalla storia che questo è avvenuto spesso, per amore della pace. Ma quando i pentiti ricadono di nuovo, mostrano incostanza nella loro fede. Perciò, se si ravvedono, vengono accolti col perdono, ma non liberati dalla pena di morte.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Nel giudizio di Dio i pentiti sono sempre perdonati: perché Dio scruta i cuori e conosce quelli che sono veramente pentiti. Ma la Chiesa in questo non può imitarlo. E quindi deve presumere che non siano veramente pentiti quelli che, una volta perdonati, sono di nuovo ricaduti. Ecco perché senza negare loro la salvezza eterna, non li libera dal pericolo della morte.
2. Il Signore parla così a Pietro dei peccati commessi personalmente contro di lui, e che uno deve sempre perdonare al fratello pentito. Ma le sue parole non vanno applicate ai peccati commessi contro il prossimo, o contro Dio, che, a detta di S. Girolamo, "non spetta a noi perdonare". Ma per questi la misura è stabilita dalla legge, conforme all'onore di Dio e al bene del prossimo.
3. Gli altri increduli che non hanno mai ricevuto la fede, nel convertirsi non mostrano dei segni di incostanza nella fede, come gli eretici recidivi. Perciò il paragone non regge.


AMORE ED ODIO PERFETTO VERSO I PECCATORI (Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, La carità: questione n. 25, 6)
SEMBRA CHE I PECCATORI NON SIANO DA AMARSI CON AMORE DI CARITÀ. Infatti: 1. Nei Salmi si legge: "Gli iniqui ho in odio". Ora, David aveva la carità. Dunque la carità porta più a odiare che ad amare i peccatori; 2. "La prova dell'amore", come dice S. Gregorio, "è la prestazione delle opere". Ma i giusti non offrono ai peccatori opere di amore, bensì opere che sembrano di odio. Nei Salmi infatti David afferma: "Ogni mattina sterminerò tutti i peccatori del paese". E il Signore comanda: "Non lascerai vivere la strega". Perciò i peccatori non si devono amare con amore di carità; 3. È compito dell'amicizia volere e desiderare il bene agli amici. Invece i santi desiderano il male ai peccatori, secondo le parole del Salmo: "Siano travolti i peccatori all'inferno". Dunque i peccatori non si devono amare con la carità; 4. È proprio degli amici godere e volere le stesse cose. Ma la carità non fa volere quello che vogliono i peccatori, né fa godere di quello di cui essi godono; anzi fa piuttosto il contrario. Dunque i peccatori non si debbono amare con amore di carità; 5. "È proprio degli amici vivere insieme", come dice Aristotele. Ora, con i peccatori non si deve convivere; poiché sta scritto: "Uscite di mezzo ad essi". Perciò i peccatori non si devono amare con amore di carità.
IN CONTRARIO: S. Agostino, spiegando le parole evangeliche: "Amerai il prossimo tuo", afferma che "col termine prossimo è indicato chiaramente qualsiasi uomo". Ma i peccatori non cessano di essere uomini: perché il peccato non toglie la natura. Dunque i peccatori sono da amarsi con amore di carità.
RISPONDO: Nei peccatori si possono considerare due cose: la natura e la colpa. Per la natura, che essi hanno ricevuto da Dio, i peccatori sono capaci della beatitudine, sulla cui partecipazione si fonda la carità, come sopra abbiamo visto. Perciò per la loro natura essi devono essere amati con amore di carità. Invece la loro colpa è contraria a Dio, ed è un ostacolo alla beatitudine. Quindi per la colpa, con la quale si oppongono a Dio, tutti i peccatori devono essere odiati, compresi il padre, la madre e i parenti, come dice il Vangelo. Infatti nei peccatori dobbiamo odiare che siano peccatori, e amare il fatto che sono uomini capaci della beatitudine. E questo significa amarli veramente per Dio con amore di carità.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Il profeta odiava i peccatori in quanto peccatori, odiando la loro iniquità, che è il loro male. E questo è l'odio perfetto di cui egli parla: "Con odio perfetto io li odierò". Ora, odiare il male di uno e amarne il bene hanno lo stesso movente. Perciò quest'odio perfetto appartiene alla carità;
2. Come dice il Filosofo, non si devono sottrarre i benefici dell'amicizia agli amici che peccano, finché c'è la speranza della loro correzione: anzi bisogna soccorrerli più nel ricuperare la virtù, che nel ricuperare il danaro eventualmente perduto, quanto l'onestà è più affine all'amicizia del danaro. Se però essi cadono nella malvagità estrema e diventano incorreggibili, allora si deve loro rifiutare la familiarità. Ecco perché le leggi divine ed umane comandano di uccidere questi peccatori, da cui si può presumere più il danno per gli altri che la loro emenda. - Tuttavia il giudice non compie questo per odio verso di loro, ma per l'amore di carità, che fa preferire il bene pubblico alla vita di una persona singola. - Inoltre la morte inflitta dal giudice giova anche al peccatore: se egli si converte serve all'espiazione della colpa; e se non si converte, alla cessazione di essa, in quanto così gli viene tolta la possibilità di fare altri peccati;
3. Le imprecazioni del genere, che si riscontrano nella Sacra Scrittura, si possono spiegare in tre modi. Primo, come predizioni, e non come aspirazioni. In questo senso, per esempio.: "Siano travolti i peccatori nell'inferno", significa che "saranno travolti". - Secondo, come aspirazioni: però nel senso che il desiderio mira, non alla pena dei colpevoli, ma alla giustizia di chi punisce, conforme alle parole della Scrittura: "S'allieterà il giusto quando vedrà la vendetta". Poiché neppure Dio quando punisce "si rallegra della perdizione degli empi", ma della sua giustizia: "perché giusto è il Signore, e ama la giustizia". - Terzo, riferendo il desiderio all'eliminazione della colpa, e non alla punizione stessa: e cioè si brama che i peccati siano distrutti e che gli uomini si salvino;
4. Dobbiamo amare con la carità i peccatori, non già volendo quello che essi vogliono, o godendo delle cose di cui essi godono; ma per far loro volere quello che noi vogliamo, e godere le cose di cui godiamo noi. Di qui le parole di Geremia: "Essi si volgeranno a te, e tu non dovrai volgerti a loro";
5. La convivenza con i peccatori va proibita ai deboli, per il pericolo di perversione. Invece i perfetti, di cui non si teme la corruzione, sono da lodarsi se trattano con i peccatori per convertirli. Così infatti il Signore mangiava e beveva con i peccatori, come dice il Vangelo. - Tutti però devono evitare la loro convivenza nel peccato. In questo senso valgono le parole di S. Paolo: "Uscite di mezzo ad essi, e separatevene", vale a dire quanto alla convivenza nel peccato

Immagino che si voglia affermare che vada amato l'errante, ma non l'errore che è in lui.
Tuttavia le frasi sulla pena di morte per gli eretici sono sorprendenti. Si afferma che è lecito uccidere una persona per il solo fatto di essere eretica e non delinquente. Uno stato quindo che governasse perfettamente in linea con la Dottrina Sociale della Chiesa dovrebbe prevedere l'eliminazione fisica mediante pena di morte per tutti coloro che sono solo eretici? Intendo dire al giorno d'oggi in uno stato ideale per un cattolico.
Non è contro la Dignitatis Humanae affermare che lo Stato deve reprimere l'eresia anche mediante la pena di morte per gli eretici?
Se in materia religiosa (e l'eresia è materia religiosa) lo stato non può costringere le persone, come si può affermare che può metterle a morte per il solo fatto di essere eretiche?
In tal caso lo Stato interverrebbe pesantemente in materia religiosa costringendo le persone.

Dalla DH:

...

Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società.

...

Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non può essere impedito.

...

4. La libertà religiosa che compete alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando agiscono in forma comunitaria. I gruppi religiosi, infatti, sono postulati dalla natura sociale tanto degli esseri umani, quanto della stessa religione.

A tali gruppi, pertanto, posto che le giuste esigenze dell'ordine pubblico non siano violate, deve essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura coercitiva nel reggersi secondo norme proprie, nel prestare alla suprema divinità il culto pubblico, nell'aiutare i propri membri ad esercitare la vita religiosa, nel sostenerli con il proprio insegnamento e nel promuovere quelle istituzioni nelle quali i loro membri cooperino gli uni con gli altri ad informare la vita secondo i principi della propria religione.

Parimenti ai gruppi religiosi compete il diritto di non essere impediti con leggi o con atti amministrativi del potere civile di scegliere, educare, nominare e trasferire i propri ministri, di comunicare con le autorità e con le comunità religiose che vivono in altre regioni della terra, di costruire edifici religiosi, di acquistare e di godere di beni adeguati.

I gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto. Però, nel diffondere la fede religiosa e nell'introdurre pratiche religiose, si deve evitare ogni modo di procedere in cui ci siano spinte coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti, specialmente nei confronti di persone prive di cultura o senza risorse: un tale modo di agire va considerato come abuso del proprio diritto e come lesione del diritto altrui.

Inoltre la libertà religiosa comporta pure che i gruppi religiosi non siano impediti di manifestare liberamente la virtù singolare della propria dottrina nell'ordinare la società e nel vivificare ogni umana attività. Infine, nel carattere sociale della natura umana e della stessa religione si fonda il diritto in virtù del quale gli esseri umani, mossi dalla propria convinzione religiosa, possano liberamente riunirsi e dar vita ad associazioni educative, culturali, caritative e sociali.

...

Il fermento evangelico ha pure lungamente operato nell'animo degli esseri umani e molto ha contribuito perché gli uomini lungo i tempi riconoscessero più largamente e meglio la dignità della propria persona e maturasse la convinzione che la persona nella società deve essere immune da ogni umana coercizione in materia religiosa.

CIAO :)
 
Top
10 replies since 11/1/2007, 22:09   2690 views
  Share