| SOMALIA: STATO D'EMERGENZA E LEGGE MARZIALE PER 3 MESI
NAIROBI - Il Parlamento somalo -ovvero ciò che ne rimane: 154 sì e due no sui 275 aventi diritto, gli altri non c'erano- ha promulgato lo stato d'emergenza, il cui livello massimo, quello votato, prevede anche la legge marziale, per tre mesi, proclamato a fine anno dal governo. Intanto fonti ufficiali hanno dichiarato che è stato preso ieri sera l'ultimo bastione delle Corti intorno a Ras Kiamboni, villaggio costiero quasi a cavallo dei confini con Kenya. Contemporaneamente si sono diffuse voci, non confermate, per ora, di altri raid aerei, o comunque di movimenti intensi di Mig etiopici, nella zona sud del Paese.
Sono state raccolte nuove, ma più precise, testimonianze circa uno sbarco di marines americani sul suolo somalo. Voci in tal senso si erano rincorse da lunedì scorso, quando è avvenuto il primo, e per Washington unico, raid aereo Usa. Fonti concordi, peraltro, parlano di almeno tre o quattro incursioni, oltre a quelle di elicotteri e Mig etiopici, con un bilancio -stando all'organizzazione umanitaria britannica Oxfam- di almeno 70 civili, pastori nomadi, uccisi. Le voci dello sbarco erano state anche confermate ieri dalla Washington Post. Oggi testimoni oculari hanno detto di aver visto atterrare un elicottero militare americano nella zona dei bombardamenti, e scenderne commando che apparentemente cercavano di recuperare i corpi di alcuni dei caduti, ovvero di quanto ne restava, così da poterne quantomeno identificare il Dna. Il Pentagono, sembra di capire, tenta di accertare se ha neutralizzato qualche elemento di spicco di al Qaida, dopo ever dovuto ammettere che i tre principali obiettivi, gli strateghi del terrore islamico nell' Est Africa, non erano stati colpiti.
Mogadiscio, in particolare l'area nei pressi dell'aeroporto, é stata poi oggi setacciata da centinaia di soldati etiopici -per la prima volta attivi in massa in un'operazione in pratica di polizia- alla ricerca di armi. Magro, a quanto pare, il bottino. Non un segno incoraggiante dopo l'intesa raggiunta ieri (preceduta da una sanguinosa sparatoria tra rispettivi miliziani) tra warlords e governo sulla consegna delle armi da parte dei signori della guerra, e l'arruolamento dei loro uomini nell'esercito regolare. Nessuno crede che questo accordo terrà, ma è sugnificativo che oggi siano scese in campo in massa nella capitale le truppe di Addis Abeba.
Finché ci sono loro -tutti lo sanno, ed oggi il messaggio è stato chiaramente ribadito- i warlord, che secondo ogni evidenza puntano a riprendere, appena possibile, il controllo della capitale (l'avevavo tenuta e taglieggiata per 11 anni, e ne erano stati espulsi dagli islamici in giugno dopo sanguinose battaglie) devono stare fermi: un passo falso, e potrebbero essere sbaragliati. Il che riconduce alla chiave di volta dello scenario: la permanenza delle armate etiopiche in Somalia.
Resteranno finché necessario, dice il governo somalo. In effetti, sa che se andassero via potrebbe essere annullato in poche ore: non ha veri effettivi militari. Ma la diplomazia ha già detto che l'Etiopia deve ritirarsi subito. La 'terza via', è la richiesta dell'immediato arrivo di forze di pace panafricane in Somalia: una sorta di 'ricambio'. Nessuno vi ci si oppone, ma tutti chiedono prima un quadro politico chiaro, un fronte governativo che tagli i suoi 'duri' ed apra ai moderati islamici.
Ci vuole tempo, e l'automatismo nel ricambio appare quindi difficile. Mentre il più dialogante dei governativi, non a caso attualmente fortemente emarginato dai 'duri', il presidente del Parlamento Sharif Assan Sceikh Aden - che gode di un ampio seguito, e continua a fare la spola tra Nairobi e Aden (Gubuti), le due capitali della mediazione - ha ribadito oggi: "Finché ci sono gli etiopici, in Somalia non metto piede".
Fonte ANSA
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