Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

L'inferno esiste e molti si dannano.

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Raimundus
view post Posted on 28/6/2006, 16:01     +1   -1




L'inferno esiste e molti si dannano.


Scritti biblici , del Magistero , dei santi e di altri importanti autori sull’inferno e sui molti che vi cadono.


di don Tullio Rotondo




Testi biblici


Matteo cap. 5
21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
29Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. 30E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.

Matteo cap.13
31Un'altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".
33Un'altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti".
34Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, 35perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:
Aprirò la mia bocca in parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
36Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo". 37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!




Matteo 25
31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".

Luca 16
19C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. 29Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi".

2Pietro 2:4 Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell'inferno, serbandoli per il giudizio;

Apocalisse 6:8 Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.

Apocalisse 19:20 Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta che alla sua presenza aveva operato quei portenti con i quali aveva sedotto quanti avevan ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo.

Apocalisse 20:10 E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.
Apocalisse 20:14 Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco.

Apocalisse 20:15 E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.

Apocalisse 21:8 Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte».




Testi magisteriali


Simbolo Quicumque: DS 76;
"... quanti operarono il bene andranno alla vita eterna quelli che operarono il male al fuoco eterno"
Sinodo di Costantinopoli (anno 543), Anathematismi contra Origenem, 9: DS 411;
"Se qualcuno dice o ritiene che il castigo dei demoni e degli uomini empi è temporaneo e che esso avrà fine dopo un certo tempo, cioè ci sarà un ristabilimento dei demoni o degli uomini empi, sia anatema"
Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 801


La fede cattolica

Crediamo fermamente e confessiamo semplicemente che uno solo è il vero Dio, eterno e immenso, onnipotente, immutabile, incomprensibile e ineffabile, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone, ma una sola essenza, sostanza o natura semplicissima. Il Padre (non deriva) da alcuno, il Figlio dal solo Padre, lo Spirito Santo dall'uno e dall'altro, ugualmente, sempre senza inizio e senza fine. Il Padre genera, il Figlio nasce, lo Spirito Santo procede. Sono consostanziali e coeguali, coonnipotenti e coeterni, principio unico di tutto, creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e materiali. Con la sua onnipotente potenza fin dal principio del tempo creò dal nulla l'uno e l'altro ordine di creature: quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo, e poi l'uomo, quasi partecipe dell'uno e dell'altro, composto di anima e di corpo. Il diavolo infatti, e gli altri demoni, da Dio sono stati creati buoni per natura, ma sono diventati malvagi da sé stessi. E l'uomo ha peccato per suggestione del demonio. Questa santa Trinità, una, secondo la comune essenza, distinta secondo le proprietà delle persone, ha rivelato al genere umano, per mezzo di Mosé, dei santi profeti e degli altri suoi servi la dottrina di salvezza, secondo una sapientissima disposizione dei tempi. E finalmente il Figlio unigenito di Dio, Gesù Cristo, incarnatosi per opera comune della Trinità, concepito da Maria sempre vergine con la cooperazione dello Spirito Santo, divenuto vero uomo, composto di anima razionale e di carne umana, una sola persona in due nature, manifestò più chiaramente la via della vita. Immortale e impassibile secondo la divinità, Egli si fece passibile e mortale secondo l'umanità; anzi, dopo aver sofferto sul legno della croce ed esser morto per la salvezza del genere umano, discese negli inferi, risorse dai morti e salì al cielo; ma discese con l'anima, risorse con la carne, salì con l'uno e l'altro; e verrà alla fine dei tempi per giudicare i vivi e i morti e per compensare ciascuno secondo le sue opere, i cattivi come i buoni. Tutti risorgeranno coi propri corpi di cui ora sono rivestiti, per ricevere un compenso secondo i meriti, buoni o cattivi che siano stati: quelli con il diavolo riceveranno la pena eterna, questi col Cristo la gloria eterna.
Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 858

“Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale, o con il solo peccato originale, subito discendono all'inferno, dove sono punite con pene differenti”
Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1002;

“Noi inoltre definiamo che, secondo la generale disposizione di Dio, le anime di coloro che muoiono in peccato mortale attuale, subito dopo la loro morte discendono all'inferno dove sono tormentate con supplizi infernali e che non di meno nel giorno del giudizio tutti gli uomini compariranno davanti al tribunale di Cristo con i loro corpi, per rendere conto delle loro azioni affinché ciascuno riporti le conseguenze di quanto ha operato con il corpo, sia il bene che il male. “
Concilio di Firenze, Decretum pro Iacobitis: DS 1351

“Le anime di quelli che dopo aver ricevuto il battesimo non sono incorse in nessuna macchia; e anche quelle che, dopo aver contratto la macchia del peccato, sono state purificate o durante la loro vita, o, come sopra è stato detto, dopo essere state spogliate dai loro corpi, vengono subito accolte in cielo e vedono chiaramente Dio stesso, uno e trino, cosi com'è, nondimeno uno più perfettamente dell'altro, a seconda della diversità dei meriti. Invece, le anime di quelli che muoiono in peccato mortale attuale, o anche solo nel peccato originale, scendono subito nell'inferno; subiranno tuttavia la punizione con pene diverse.”
Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 25: DS 1575

“25. Se qualcuno afferma che in ogni opera buona il giusto pecca almeno venialmente, o (cosa ancor più intollerabile) mortalmente, e quindi merita le pene eterne, e che non viene condannato solo perché Dio non gli imputa a dannazione quelle opere: sia anatema”
Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 12: AAS 60 (1968) 438.

“Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri (8), e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale , pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona .”
Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Se ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia . Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto.
E il suo Regno non avrà fine.”


Dal Catechismo tridentino:


Che cosa voglia dire, genericamente, "inferno"

68 DISCESE ALL'INFERNO. Nella prima parte dell'articolo ci viene proposto di credere che, dopo la morte di Gesù Cristo, la sua anima discese all'inferno e vi rimase finché il corpo restò nel sepolcro. Con queste parole riconosciamo che, in quel tempo, la medesima persona di Gesù Cristo fu nell'inferno e giacque nel sepolcro, il che non deve sorprendere. Infatti, come spesso abbiamo ripetuto, sebbene l'anima fosse uscita dal corpo, tuttavia la divinità non si separò mai né dall'anima, né dal corpo.
II parroco getterà molta luce sul senso dell'articolo, spiegando subito che cosa si debba intendere qui con il termine "inferno". Ammonirà anzitutto che esso non sta a significare il "sepolcro", come alcuni, non meno empiamente che ignorantemente, interpretarono. Abbiamo infatti appreso già dall'articolo precedente che Gesù Cristo nostro Signore fu sepolto; ne v'era motivo perché gli Apostoli, nel redigere la regola della fede, ripetessero il medesimo concetto, con formula più oscura. Qui il vocabolo in questione vuole significare quelle nascoste sedi, in cui stanno le anime di coloro che non hanno conseguito la beatitudine celeste. La Sacra Scrittura offre molteplici esempi di questo uso. In san Paolo leggiamo: "In nome di Gesù, ogni ginocchio si curvi, in cielo, in terra, nell'inferno" (Fil 2,10). Negli Atti degli Apostoli san Pietro assicura che Gesù Cristo nostro Signore risuscitò, dopo aver superato i dolori dell'inferno (At 2,24).

Che cosa voglia dire specificamente

69 Tali sedi non son tutte del medesimo genere. Una è quella prigione tenebrosa e orribile, nella quale le anime dei dannati giacciono in un fuoco perpetuo e inestinguibile, insieme agli spiriti immondi. In questo significato abbiamo i termini equivalenti di Geenna, abisso, inferno propriamente detto. In secondo luogo c'è la sede del fuoco purgante, soffrendo nel quale, per un determinato tempo, le anime dei giusti subiscono l'espiazione, onde possano salire alla patria eterna, chiusa a ogni ombra di colpa. Anzi, sulla verità di questa dottrina, che i santi concili proclamano contenuta nella Scrittura come nella Tradizione apostolica, il parroco insisterà con rinnovata diligenza, poiché viviamo in tempi nei quali la sana dottrina non trova agevole accesso presso gli uomini. Infine una terza sede è quella in cui le anime dei santi furono ospitate prima della venuta di Gesù Cristo nostro Signore. Esse vi dimorarono quietamente, immuni da ogni pena, alimentate dalla beatifica speranza della redenzione.

Reale discesa dell'anima di Gesù Cristo nell'inferno.

70 Gesù Cristo scendendo nell'inferno liberò appunto le anime di questi giusti, aspettanti il Salvatore nel seno di Abramo. Ne dobbiamo credere che vi sia disceso in modo da farvi pervenire soltanto la sua virtù e la sua potenza, ma non la sua anima. Dobbiamo invece ritenere con tutta fermezza che la sua anima discese realmente e con la sua presenza nell'inferno. Abbiamo in proposito l'esplicita testimonianza di David: "Non lascerai l'anima mia nell'inferno" (Sal 15,10).
La discesa di Gesù Cristo all'inferno nulla detrasse all'infinita sua potenza, né gettò alcun'ombra offuscatrice sullo splendore della sua santità. Al contrario fu cosi solennemente confermato quanto era stato dichiarato circa la sua santità e la sua figliolanza da Dio, già manifestata da tanti miracoli. Ce ne persuaderemo senza indugio, se riflettiamo alle ben diverse ragioni, per le quali scesero in quella sede Gesù Cristo e gli altri. Tutti vi erano penetrati prigionieri; egli invece, libero e vincitore fra morti, vi entrò per debellare i demoni, dai quali essi erano tenuti prigionieri a causa della colpa originale. Inoltre, di tutti gli altri che erano discesi nell'inferno, una parte era stretta dalle più opprimenti pene; un'altra parte, pur libera da dolori sensibili, era amareggiata dalla privazione della visione di Dio e dall'aspettativa ansiosa della sperata beatitudine. Cristo signore invece vi discese non per soffrire, bensì per liberare i giusti dalla molestia dell'ingrata prigione e conferir loro il frutto della propria passione. Nella sua discesa dunque non si riscontra nessuna diminuzione dell'infinita sua dignità e potenza.

Condanna degli empi.

94 Rivolto poi a quelli che staranno alla sua sinistra, fulminerà contro di essi la sua giustizia con queste parole: "Via da me, maledetti, al fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli" (Mt 25,41 ). Con le prime, "Via da me", viene espressa la maggiore delle pene che colpirà gli empi, con l'essere cacciati il più possibile lungi dal cospetto di Dio, ne li potrà consolare la speranza che un giorno potranno fruire di tanto bene. Questa è dai teologi chiamata "pena del danno", per la quale gli empi saranno privati per sempre, nell'inferno, della luce della visione divina. L'altra parola, "maledetti", aumenterà sensibilmente la loro miseria e calamità. Se mentre son cacciati dalla presenza di Dio fossero stimati degni almeno di qualche benedizione, questo tornerebbe a grande loro sollievo; ma poiché nulla di simile potranno aspettarsi, che allevi la loro disgrazia, la divina giustizia, cacciandoli giustamente, li colpisce con ogni sua maledizione.
Seguono poi le parole: "al fuoco eterno"; è il secondo genere di pena che i teologi chiamano "pena del senso", perché si percepisce con i sensi del corpo, come avviene dei flagelli, delle battiture o di altro più grave supplizio, tra i quali non è a dubitare che il tormento del fuoco provochi il più acuto dolore sensibile. Aggiungendo a tanto male la durata perpetua, se ne deduce che la pena dei dannati rappresenta il colmo di tutti i supplizi. Ciò è meglio spiegato dalle parole che terminano la sentenza: "preparato per il diavolo e per i suoi angeli". Siccome la nostra natura è tale che noi più facilmente sopportiamo le nostre molestie, se abbiamo come socio delle nostre disgrazie qualcuno, la cui prudenza e gentilezza ci possano in qualche modo giovare, quale non sarà la miseria dei dannati, cui non sarà mai concesso, in tanti tormenti, separarsi dalla compagnia dei perdutissimi demoni. Tale sentenza giustamente il Signore e Salvatore nostro emanerà contro gli empi, perché questi hanno trascurato tutte le opere di vera pietà: non hanno offerto cibo all'affamato e bevanda all'assetato; non hanno alloggiato l'ospite, vestito l'ignudo, visitato l'infermo e il carcerato.


Dal Catechismo della Chiesa Cattolica:


IV. L'inferno

1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: "Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna" ( 1Gv 3,15 ). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46 ]. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola "inferno".
1034 Gesù parla ripetutamente della "Geenna", del "fuoco inestinguibile", [Cf Mt 5,22; Mt 5,29; 1034 Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48 ] che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo [Cf Mt 10,28 ]. Gesù annunzia con parole severe che egli "manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno. . . tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente" ( Mt 13,41-42 ), e che pronunzierà la condanna: "Via, lontano da me, maledettinel fuoco eterno!" ( Mt 25,41 ).

1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, "il fuoco eterno" [Cf Simbolo "Quicumque": Denz. -Schnöm., 76; Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274]. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!" ( Mt 7,13-14 ).
Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove "ci sarà pianto e stridore di denti" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48].

1037 Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; [ Cf Concilio di Orange II: Denz. -Schönm. , 397; Concilio di Trento: ibid. , 1567] questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole "che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" ( 2Pt 3,9 ):
Accetta con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti [Messale Romano, Canone Romano].

Fonte: http://christusveritas.altervista.org/infe...sti_biblici.htm
 
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quaero
view post Posted on 2/7/2006, 16:01     +1   -1




Vorrei aggiungere anche questi link sul tema:
http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazin...99_p-16_it.html
A mio avviso ci vuole equilibrio. Spero che si parli maggiormente dei Novissimi da parte dei Sacerdoti. Prima l'errore era insistere troppo sull'Inferno, ora non si dice niente di niente. Bisogna parlare sia dell'Inferno, sia del Purgatorio, che del Paradiso. Non per terrorizzare o creare angosce, ma per richiamare i fedeli alla responsabilità che hanno di fronte all'eternità.

Un caloroso saluto a tutti
 
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Guardia Svizzera
view post Posted on 2/7/2006, 17:09     +1   -1




Concordo e ricambio di cuore i saluti.
 
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dante pastorelli
view post Posted on 2/7/2006, 18:16     +1   -1




Non credo che "prima", ai miei tempi, insomma, si parlasse in modo squilibrato dell'Inferno, rispetto al Purgatorio e al Paradiso.
I sacerdoti nelle loro omelie, o nei commenti delle letture nelle funzioni serali della Quaresima, dell'Avvento, a novembre, a maggio e a giugno, mesi rispettivammente dedicati ai defunti, a Maria e al S. Cuore, insistevano sulla necessità delle preghiere per le anime purganti, proponevano grandi e piccoli esempi di santità, ma anche e giustamente i castighi dell'inferno.
Gesù molte volte ha parlato della Geenna e non ha terrorizzato: ha solo indicato le vie per evitarlo.

Edited by dante pastorelli - 2/7/2006, 20:06
 
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quaero
view post Posted on 2/7/2006, 18:56     +1   -1




Devo dire che non so come era prima. Riporto solo quello che ho letto su qualche sito. Mi fa piacere che ci fosse equilibrio.
Ora non si dice nulla sui Novissimi, a mio avviso, purtroppo è colpa dell'influenza del marxismo che ha fatto troppo, ma veramente troppo scuola.
Ho letto dei brani sull'Inferno di Sat'Alfonso Maria de' Liguori che mi hanno molto impressionato. Si scagliava contro il peccato di presunzione. Dopo un po' ho dovuto sospendere la lettura per non cadere nella disperazione.
Bisogna evitare di far cadere sia nel peccato di presunzione, che di disperazione, per questo ritengo che ci voglia equilibrio. Tuttavia il silenzio è assolutamente sbagliato, poi alla fine la gente finisce a credere nella reincarnazione.

Saluti a tutti
 
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dante pastorelli
view post Posted on 2/7/2006, 19:29     +1   -1




Non solo S. Alfonso, ma tanti altri santi han descritto le pene dell'inferno: molti per le visioni loro concesse.
La prospettiva dell'inferno deve destar paura: sarebbe sciocco aver dell'inferno una visione idilliaca. Da qui nasce il timor di Dio, nella forma di timor servile, che non è il massimo, indubbiamente, nella nostro rapporto con Lui, ma è prodromico all'amor reverenziale e all'amor filiale.
Indubbiamente sarebbe magnifico se tutti avessero il dono del timor filiale, che piega dolcemente e spontaneamente la volontà al rispetto filiale del Creatore e rende ripugnante il peccato come offesa infinita a Dio.
Ma non tutti sanno sviluppare questo dono dello Spirito.
Ecco allora che il timor servile può salvarci dall'inferno, ed anche, come sopra detto, evolversi verso quell'amor filiale che si esprime in un più perfetto esercizio della speranza e della temperanza.
La coscienza delle pene eterne dell'inferno, di cui oggi ci si è comodamente dimenticati, non deve portare alla disperazione, ma all'impegno più forte nei nostri doveri, sì da incrementar l'amore per Cristo.
Alcuni scritti che ci mettono davanti alla nostra pochezza indubbiamente ci turbano, ma la medicina è salutare. La consapevolezza delle nostre fragilità dev'esser compensata dalla certezza che l'Amore Divino apprezza i nostri sforzi di aderire alla Sua legge e che le nostre miserie hanno un loro significato nei piani celesti su di noi. E mai stancarsi di rivolgersi alla Vergine Madre, fonte di speranza.
Niente, tuttavia, obbliga a continuare la lettura di testi che sentiamo angoscianti. L'importante è comportarsi ben sapendo che Dio è sì Amore, ma anche Giustizia: binomio inscindibile.
Ciao.
 
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quaero
view post Posted on 2/7/2006, 20:00     +1   -1




CITAZIONE
L'importante è comportarsi ben sapendo che Dio è sì Amore, ma anche Giustizia: binomio inscindibile.

E' vero. Spesso si sente dire l'obiezione che questi due attributi sarebbero in contraddizione in Dio. Ma in Dio non ci può essere contraddizione, se no sarebbe imperfetto.
L'Amore non va imposto, è un dono che deve essere accettato liberamente dalla creatura. Anche perché se non ci fosse il libero arbitrio saremmo come delle bestie che non sono capaci di amare Dio. Dio quindi rispetta la volontà della creatura di preferire un bene inferiore e quindi di dannarsi.
Rifiutando Dio la creatura perde ogni bene, perché Dio è fonte di ogni bene e questo è l'Inferno.
Una domanda mi viene spontanea. Nel CCC si legge che le pene non devono essere concepite come una specie di vendetta che Dio infligge dall'esterno (1472), ma che vuol dire? Perché si sente spesso dire che non è Dio a creare le pene per punire il peccatore, ma è il peccatore stesso che in qualche modo se le infligge.
Nel Catechismo degli adulti, pagina 581, 14 righi dall'inizio pagina, c'è scritto: " Il Signore, mentre causa direttamente la perfezione e la gioia di quelli che si salvano, causa solo indirettamente la rovina di quelli che si perdono, in quanto essi,rifiutando il suo amore, rifiutano la verità e la pienezza della vita". Ad una catechesi su Radio Maria ho sentito dire che il Signore è giusto nel senso che rispetta la volontà della creatura di dannarsi.
Ma non è che il Signore dà direttamente il bene a coloro che lo servono e direttamente il male a coloro che non lo servono perché è Giustizia infinita? Sarebbe una vendetta secondo il CCC? Anche nell'articolo 1033 del CCC sopra riportato si parla di "auto-esclusione", ma non è che Dio caccia fuori direttamente dal suo Regno chi non è in stato di Grazia?
Nel Diario di Santa Faustina Kowalska si parla di fuoco prodotto dall'ira di Dio, non di fuoco auto-indotto.
Cosa vuol dire auto-esclusione, che il dannato si auto infligge le pene, che l'Inferno non è stato creato da Dio, ma dalle creature?

Saluti.
 
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TotusTuus
view post Posted on 3/7/2006, 08:25     +1   -1




L'uomo è libero d scegliere tra due opzioni fondamentali: a) amare Dio Padre e Creatore dell'Universo; b) rifiutare Dio.
Queste due opzioni hanno le rispettive conseguenze: a) salvezza; b) dannazione. L'uomo che si ostina fino all'ultimo istante della sua vita a rifiutare Dio, sceglie la sua dannazione. Quindi Dio che è amore infinito ma anche infinita giustizia lo rifiuterà dal suo Regno per farlo precipitare nel fuoco eterno preparato per satana e i suoi angeli ribelli.
 
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quaero
view post Posted on 3/7/2006, 08:37     +1   -1




Grazie della risposta totustuus :)

E' bene richiamare alla mente che l'opzione fondamentale, come la chiami, può essere modificata in peggio dal peccato mortale ed in meglio dal Sacramento della Confessione.
Ovvero quando si viola la legge del Signore in materia grave con piena consapevolezza e deliberato consenso, l'opzione fondamentale diventa da "a" a "b".
Quando invece ci si pente dei peccati, si detestano, si accusano in Confessione, si riceve l'Assoluzione e si compie la penitenza, l'opzione fondamentale diventa da "b" ad "a".

Saluti.
 
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gluigi
view post Posted on 3/7/2006, 10:11     +1   -1




Penso che fosse soprattutto la liturgia funebre tradizionale in grado di dare un giusto peso al giudizio particolare ed universale e ad aprire alla speranza del Paradiso, non alla certezza della salvezza come è oggi. Basti pensare alla sequenza Dies iræ, o all'Offertorio, o al Libera me Domine. Oggi è frequente ascoltare omelie funebri che esaltano il defunto come santo anche se pubblico peccatore.
 
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Raimundus
view post Posted on 3/7/2006, 10:22     +1   -1




A dire il vero, la sequenza non veniva cantata sempre.
Dice infatti la rubrica roncalliana:

399. Sequentia Dies iræ:
a) dici debet tantum in Missis defunctorum I classis. Attamen in Commemoratione omnium Fidelium defunctorum, cum quis tres Missas sine intermissione celebrat, sequentiam dicere debet tantum in Missa principali, secus in prima Missa; in aliis Missis, nisi sint in cantu, eam omittere potest;
b) omitti potest in Missis defunctorum II, III et IVclassis.

 
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gluigi
view post Posted on 3/7/2006, 12:44     +1   -1




La sequenza Dies iræ veniva cantata a tutte le messe dei defunti di 1 classe che, come specifica il n.402:

Missæ defunctorum I classis sunt:
a) Missæ in die Commemorationis omnium Fidelium defunctorum;
b) Missa exsequialis.

Dunque il Dies iræ era cantato a tutti i funerali ed era una efficace catechesi sui Novissimi.
 
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Raimundus
view post Posted on 3/7/2006, 13:05     +1   -1




Dies irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sibylla.

Quantus tremor est futurus,
quando judex est venturus,
cuncta stricte discussurus!


Tuba mirum spargens sonum
per sepulcra regionum,
coget omnes ante thronum.


Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.


Liber scriptum proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.


Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet apparebit:
nil inultum remanebit.


Quid sum miser tunc dicturus?
Quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?


Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me fons pietatis.


Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae:
ne me perdas illa die.


Quaerens me, sedisti lassus:
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.


Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.


Ingemisco, tamquam reus:
culpa rubet vultus meus:
supplicanti parce, Deus.


Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.


Preces meae non sunt dignae:
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.


Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.


Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis:
voca me cum benedictis.


Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.


Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.


Huic ergo parce, Deus:
pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.


 
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dante pastorelli
view post Posted on 3/7/2006, 13:05     +1   -1




Quand'ero bimbo e ragazzotto per tutto il mese di novembre le funzioni serali nella Chiesa Madre erano dedicate ai defunti (rosario, pensiero del sacerdote, benedizione eucristica ecc.): si concludeva con l'asoluzione al tumulo col Dies irae.

Edited by dante pastorelli - 3/7/2006, 19:51
 
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robertopluto
view post Posted on 3/7/2006, 13:19     +1   -1




Che bella pratica! ma ora....sigh...niente!
 
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67 replies since 28/6/2006, 16:01   1130 views
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